Dopo gli attentati
dell’11 settembre, non si era più visto un tale scenario. Le
banche centrali dei più grandi paesi industrializzati hanno
lanciato, mercoledì 12 dicembre, una vasta operazione
concertata sui mercati di creditoper tentare di placare le tensioni
crescenti causate dalla crisi dei mutui ad alto rischio. La FED, la
BCE, la Banca Nazionale Svizzera, la BOE e la Banca del Canada hanno
annunciato una serie di misure tecniche destinate ad offrire
liquidità – denaro disponibile – a un sistema bancario al
limite del soffocamento.
Viene
spontaneo domandarsi quali siano state le carte vincenti che hanno
permesso alla Cina di emergere dallo status di paese in via di
sviluppo, diventando così una nazione «pericolosa»
per gli altri stati del mondo. Per quale motivo Cina e Africa, un
tempo entrambe considerate paesi del terzo mondo, adesso sembrano non
condividere più gli stessi problemi che una volta le
accomunavano?
NOI, GLI OPPRESSORI DEI POPOLI DI TUTTO IL MONDO. PARLA UN DISERTORE USA
da Adista
di Luca Kocci
Obiettori di ieri, che hanno avuto il coraggio di dire no a Hitler e a Mussolini, spesso finendo i loro giorni nei lager nazisti o sui vagoni piombati che li conducevano nei vari campi della morte. Come Josef Mayr-Nusser, alto atesino che rifiutò l'arruolamento nelle SS e morì sul treno che lo stava portando da Buchenwald, dove era recluso, a Dachau (la sua storia è raccontata nel libro di uno degli organizzatori del convegno Francesco Comina, Non giuro a Hitler, San Paolo edizioni). O come l'austriaco Franz Jägerstätter che, dopo essersi opposto al nazismo, fece obiezione di coscienza al servizio militare nella Wehrmacht e per questo motivo venne condannato a morte e decapitato il 9 agosto del 1943 (su Jägerstätter è appena uscito il volumetto curato da uno dei relatori del convegno Giampiero Girardi, Il contadino contro Hitler. Una testimonizanza per l'oggi, Editrice Berti, con contributi, fra gli altri, di Enrico Peyretti e Sergio Tanzarella). Per Mayr-Nusser è stata avviata la causa di beatificazione, mentre Jägerstätter è da pochi mesi salito agli onori degli altari (v. Adista n. 69/07). Si tratta di beatificazioni importanti - dice Albert Mayr-Nusser, figlio di Josef - ma la Chiesa non compie un'operazione del tutto corretta: li celebra come "martiri della fede" e li "depoliticizza, depotenziandone la carica di opposizione politica al sistema totalitario nazista. Sicuramente sono stati martiri della fede - prosegue - ma è riduttivo esaurire la loro testimonianza a questo aspetto". Obiettore al nazismo è stato anche Franz Thaler, presente al convegno - un contadino altoatesino tuttora vivente che rifiutò la chiamata alle armi -, sopravvissuto a Dachau e poi, una volta tornato nella sua valle, emarginato dai concittadini perché la sua testimonianza li obbligava a confrontarsi con la loro connivenza con il nazismo che aveva incantato molti altoatesini con la promessa della "Grande Germania".
Ci sono poi gli obiettori di oggi: giovani statunitensi arruolati si per tentare di risolvere i loro problemi economici oppure perché convinti dell'importanza della "guerra al terrorismo" di George Bush ma presto accortisi che la loro guerra più che contro i terroristi veniva combattuta contro le popolazioni inermi di Afghanistan e Iraq. Come Russel Hoitt, il primo dei cinque disertori della caserma statunitense Ederle di Vicenza, dove è tutto pronto per l'inizio dei lavori per la costruzione della nuova base militare Usa presso l'aeroporto civile Dal Molin.
"'A scuola mi era stato insegnato che tutte le guerre degli Stati Uniti sono state combattute in nome della democrazia e della libertà e che le nostre Forze armate si battono per il bene del Paese e per portare i diritti nel mondo", racconta Hoitt. "E così in un momento di difficoltà economiche, mi sono arruolato". Nel 2006 Russel finisce a Vicenza, nella caserma Ederle, e scopre un'altra realtà: obbedienza assoluta nei confronti dei superiori, disprezzo per la vita degli altri popoli, esaltazione della guerra e della morte ("marciavamo e ci facevano cantare degli inni che proclamavano quanto era bello uccidere"). "Ho parlato con molti miei commilitoni che mi raccontavano delle uccisioni di donne e bambini afghani e iracheni - prosegue -, ho visto le manifestazioni dei movimenti pacifisti che venivano a Vicenza per protestare contro la nuova base e miei dubbi sono diventati certezza: il nostro compito non era quello di liberare i popoli oppressi, ma eravamo noi stessi fonte di quell'oppressione". E così, nell'aprile del 2007, Russel abbandona la caserma Ederle e diserta. Ora, al termine di un complesso iter, ha evitato il carcere ma risulta congedato con disonore. Come anche James Circello, pure lui disertore della Ederle: "Sembravo un ingenuo di 23 anni quando mi sono arruolato - scrive Circello in una lettera aperta ai cittadini di Vicenza -, ma mi sono ben presto reso conto che qualcosa non andava negli Usa e nella costante necessità di costringere altri popoli a piegarsi al nostro volere e alle nostre esigenze". Il petrolio "è il motivo per cui gli americani continuano ad occupare le terre dei poveri del Medio Oriente, instaurando governi fantoccio e emanando Costituzioni prefabbricate. Gli Usa non sono il Paese per cui voglio dare la mia vita. I pochi al potere si arricchiscono sulle spalle di tanti. E quei tanti sono i poveri". Altri tre disertori, invece, che hanno gestito male le procedure post-diserzione, sono attualmente sotto processo, come Criss Capps, che racconta la sua storia in una intervista video realizzata e distribuita dal mensile "Mosaico di Pace". Ma sono migliaia, dice Circello, "i soldati statunitensi che si stanno rifiutando di combattere" o che "si allontanano senza permesso" fuggendo all'estero, in Canada e in Europa, sostenuti dalle associazioni Usa (Veterani per la pace, Military Familiary Speak Qut e i neonati Veterani contro la guerra in Iraq) o europee, come la tedesca Mcn (Military Counseling Network) che ha messo in piedi un servizio di assistenza per i disertori. E ci si sta iniziando ad organizzare anche in Italia: il Comitato Vicenza est - aderente al movimento No Dal Molin - settimanalmente promuove volantinaggi di fronte alla caserma Ederle e sta cercando di far par partire un vero e proprio centro di consulenza per informare e aiutare coloro che vogliono disertare.
OPPOSIZIONE ALLA GUERRA E NONVIOLENZA: "DOPO LA DELUSIONE DI PRODI SERVE UN RILANCIO"
da Adista
di Luca Kocci
"L'esperienza di governo ha prodotto magri risultati - ammette il ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero -: l'aumento dei fondi per il servizio civile volontario da 200 a 300 milioni di euro, significativo ma sempre inferiore alle reali esigenze; la costituzione, sebbene piuttosto farraginosa, del Comitato per la difesa civile nonviolenta presso il ministero della Solidarietà, che dovrebbe resistere alla caduta del governo Prodi; la creazione di un tavolo permanente presso il ministero degli Esteri per il servizio civile internazionale, che però molto probabilmente decadrà insieme al governo". Fra i risultati particolarmente negativi, Ferrero annovera il forte aumento delle spese militari (v. Adista nn. 83/06,2 e 77 /07), spiegato con la stretta interconnessione fra produzione militare e civile: la presenza e la produzione militare serve purtroppo - dice il ministro - a rilanciare anche la produzione civile, soprattutto nelle relazioni commerciali con alcuni Paesi. "Usciamo quindi sconfitti dall'esperienza di governo - aggiunge Ferrero -. Pensavamo di poter incidere in maniera significativa sul governo, ma questo non è stato possibile. Temo quindi, anche per il futuro, che non ci siano più le condizioni per governare insieme alla sinistra moderata, pesantemente condizionata da un blocco di potere che orienta molte scelte, comprese quelle del complesso militare-industriale".
Un argomento ripreso da p. Alex Zanotelli, secondo il quale "oggi la politica è incapace di governare perché deve obbedire ai potentati economico-finanziari. Non bisogna quindi illuderci che quando andiamo a votare eleggiamo dei rappresentanti in grado di prendere delle decisioni", conclude Zanotelli, che vede l'unica soluzione nei movimenti della società civile che si autorganizzano dal basso e fanno pressioni per ottenere qualcosa dall'alto e che rilancia l'appello "La politica che vogliamo", sottoscritto da numerose personalità dell'associazionismo (v. Adista n. 18/08). Una proposta che però non convince Raniero La Valle, secondo cui quello che è mancato a sinistra e che ha determinato la crisi di governo non è stato tanto Mastella quanto "una proposta politica che potesse assumere e superare le ragioni e le posizioni degli avversari". Non è sufficiente dire "obiettiamo al sistema" - come fa Zanotelli - ma è necessario "porre la questione in termini politici e di progettazione politica". Altrimenti, prosegue La Valle, il rischio è quello che paventa Ferrero o che suggerisce il comboniano: rimanere sempre all'opposizione. "Forse risolveremo il nostro problema, tranquillizzeremo la nostra coscienza, ma non affronteremo mai i problemi del mondo. E il nostro obiettivo - conclude - deve invece essere il mondo".
Proprio in un'ottica di progettualità politica, sono emerse dalla tre giorni di Bolzano una serie di proposte per rilanciare l'obiezione al sistema militare e la difesa popolare nonviolenta. A partire dalla riproposizione dell'obiezione di coscienza all'interno delle Forze Armate professioniste, che al momento non è prevista dalla normativa vigente, nemmeno in forme sfumate, come precisa Diego Cipriani, per anni responsabile degli obiettori della Caritas Italiana e da poco - nominato da Ferrero - direttore dell'Ufficio nazionale per il servizio civile. A tal proposito Lidia Menapace, senatrice di Rifondazione comunista, segnala la proposta presentata al Senato da Silvana Pisa (Sd) e Fosco Giannini (Rc) e ora ripresa dalla Cgil che sta raccogliendo le firme per trasformarla in legge di iniziativa popolare - di portare il sindacato nelle Forze armate. "Un sindacato vero - spiega - non come i Cocer, guidati dagli ufficiali, che si configurano quindi come un vero e proprio 'sindacato giallo' stile Fiat anni '50 e '60". La sindacalizzazione delle Forze armate, aggiunge, potrebbe essere "un grimaldello per inserire elementi di antimilitarismo nella struttura militare" e "rompere il meccanismo assoluto del signorsì". Puntare invece sui "corpi civili di pace" (cioè l'interposizione nonviolenta in zone di conflitto praticata dai civili con i "caschi bianchi") "perché abbiano un riconoscimento politico-istituzionale" è l'obiettivo suggerito da Mao Valpiana, direttore del mensile Azione Nonviolenta. "I caschi bianchi - spiega - fanno emergere l'idea del superamento dello strumento militare dal momento che contengono in sé le istanze di difesa e di sicurezza - parole di cui dovremmo riappropriarci per non lasciarle del tutto in mano alla destra - ma anche dell'antimilitarismo", che rimane sempre e comunque "la radice ideale di tutto il movimento per l'obiezione di coscienza".
Una proposta di riforma viene lanciata anche alla Chiesa cattolica, che ha avuto - dice La Valle - grandi responsabilità "nell'affermazione del principio di autorità e dell'obbedienza dovuta alla stessa autorità" sia civile che religiosa, mentre - ricorda Zanotelli - "fra i cristiani dei primi secoli il battesimo era addirittura inconciliabile con il militare": la rinuncia ai cappellani militari graduati e pagati dallo Stato. "Non si vuole negare l'assistenza spirituale ai soldati - dice don Luigi Ciotti - ma va detto con chiarezza che quelle stellette sono antievangeliche, e quindi non devono appartenere alla Chiesa".
DIO E CESARE
di Manuel Castells – da Internazionale 734, 7 marzo 2008
(abstract)
Gesù, oltre a essere Dio, era anche molto intelligente. E sapeva che il suo regno era nei cieli, cioè nella mente delle persone, dove ognuno fa vivere i suoi dèi. Per questo disse di dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. E decise così di stabilire, senza ambiguità, la separazione tra la chiesa e lo stato. Ma, proprio come è accaduto ad altri rivoluzionari, i suoi insegnamenti, ancora vivi per chi legge i Vangeli nel loro contesto e senza atteggiamenti settari, sono stati traditi nel corso della storia da chi si è eretto a rappresentante del potere divino sui corpi attraverso l’imposizione di un monopolio sulle anime. Perché la chiesa, secondo il cristianesimo doc, non sono loro (i vescovi), ma siamo noi (i credenti, ognuno a modo suo). Ecco perché ci sono miliardi di cattolici e altre centinaia di milioni di cristiani nel mondo per cui la spiritualità e la ricerca del senso della vita non dipendono dai proclami della gerarchia ecclesiastica ma dal dialogo intimo che la loro mente intesse con il dolore dell’esistenza e il mistero della speranza. È per questo che il cristianesimo è sopravvissuto duemila anni, superando anche la più grave minaccia dei suoi peggiori nemici (...).
Ma anche le radici più profonde si piegano quando l’esperienza interiore delle pecorelle contrasta con le grida dei suoi pastori. Per questo la struttura della chiesa cattolica sta perdendo la sua influenza sulla vita della gente, mentre in tutto il mondo Dio è più vivo che mai e la religiosità nelle sue diverse espressioni è in ripresa.
Studi come quelli di Inglehart e Norris, condotti sui dati del World values survey dell’università del Michigan, mostrano la forza della religione nel mondo, con una grande eccezione: l’Europa occidentale, la culla del cattolicesimo. Altre analisi indicano che in America Latina, il paese con il maggior numero di cattolici al mondo, le diverse confessioni evangeliche cristiane stanno sostituendo l’influenza della chiesa nei settori più popolari della società. Il fatto è che, nonostante la testimonianza e l’eroismo di tanti sacerdoti che aiutano il loro prossimo, l’eterna collusione della gerarchia con i poteri costituiti e l’ipocrisia di chi difende la famiglia e copre i prelati pedofili stanno minacciando poco a poco l’influenza di quelli che interpretano Dio secondo i loro interessi economici, politici e personali, rendendo la chiesa una struttura di potere.
Questo non significa che la chiesa debba smettere di difendere dei principi morali e religiosi fondamentali, come la famiglia o la vita del feto o la condanna della manipolazione genetica, anche se questi principi devono essere adattati a ogni situazione. I leader religiosi hanno tutto il diritto (un diritto che in Spagna è protetto dalla costituzione) di prendere posizione su argomenti etici della massima rilevanza e diventare un punto di riferimento per i fedeli.
Potrà sembrare un paradosso, ma quando il cardinale conservatore Joseph Ratzinger è diventato Benedetto XVI ho scritto un articolo pieno di speranza perché mi sembrava che potesse rappresentare un papato basato sui valori, per quanto discutibili questi valori potessero apparire a molti, soprattutto ai giovani. Perché questo è il terreno proprio di Dio. E per fare in modo che questi valori possano arginare l’individualismo competitivo e il consumismo distruttivo che caratterizzano la nostra cultura è necessario ricorrere all’autorità morale, all’esempio, alla testimonianza.
Ma se questi valori si mescolano con gli slogan politici, l’intervento diretto nella vita politica, la benedizione delle guerre sporche e il silenzio di fronte all’oppressione, tutto finisce in una bolla di sapone, soprattutto per i giovani (...). Entrando senza ritegno nella battaglia politica su argomenti che non spettano all’apostolato, i vescovi spagnoli si allontanano ancora di più dalla società del ventunesimo secolo e allontanano la gente da un Dio di cui c’è ancora un estremo bisogno in un’epoca di incertezza. Per questo alle elezioni spagnole del 9 marzo io voterò per Gesù Cristo, nonostante quello che ci dicono di fare i vanitosi farisei che pronunciano il suo nome invano.
Robert Kennedy