I Dossier

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

In che cosa corsiste la pratica dello Zen? Il Maestro Dogen dette questa definizione: «Studiare la via di Buddha significa approfondire se stesso; approfondire se stesso significa dimenticare se stesso; dimenticare se stesso significa vivere negli altri; vivere negli altri significa far cadere il corpo e lo spirito, sia di se stesso, sia degli altri», cioè superare il dualismo io-altro da me.

La cattolicità del martirio

di Vladimir Zelinskij





“Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso… Sia che viviamo, sia che moriamo siamo dunque del Signore”, dice san Paolo (Rom 14,7). È il pronome al plurale che stupisce in questa confessione. Che l’io di un convertito, fulminato da Cristo, si sia tramutato in “noi”. Come se qualsiasi battezzato fosse l’apostolo delle nazioni. Come se le nazioni fossero Paolo. “Ogni cosa era fra loro comune” (Atti 4,32): anche il proprio io può essere prestato alla Chiesa, senza perdere la sua identità particolare. Il nocciolo della persona è davvero quel “del Signore”, in cui ogni uomo può riconoscere l’altro come se stesso, nel suo credere, vivere, morire. La morte, come la fede, può essere una, santa, cattolica e apostolica perché “nessuno muore per se stesso”, ma entra nella vita condivisa con il Crocefisso e con tutti i fratelli addormentati o ammazzati in Lui. L’unità nella morte del Signore e la cattolicità del martirio una volta erano il deposito della fede comune, la ricchezza che insieme possedevamo. Con i secoli della divisione abbiamo però perso la certezza che il sacrificio del mio prossimo si riflette su di me e sulla mia fede - e se il suo tempo è compiuto, il mio sta maturando.

Quel tempo s’avvicina ogni volta che ci giunge la notizia della morte di un cristiano martirizzato in qualche angolo della terra. “Non chiedere per chi suona la campana”, disse John Donne, il poeta inglese del XVII secolo, “essa suona per te”. Il suo rintocco apre le nostre orecchie al mistero del sacrificio nel quale siamo tutti partecipi. I veri martiri non sono solo vittime o poveri sfortunati, la loro morte è come un’offerta portata al medesimo altare dove si compie il sacramento fatto “in memoria di Me”. I testimoni entrano in questa memoria e così nasce anche la loro comunione spirituale che supera i confini del tempo – ma anche, oserei dire, gli abissi delle divisioni. Nella cattolicità del martirio per il Signore la comunione invisibile dei martiri potrebbe un giorno diventare visibile e concreta e l’unità stessa – da un ricordo lontano o dal sogno - può manifestarsi in una realtà vivente e sacramentale. La campana continua a suonare per risvegliare in noi le voci delle testimonianze passate, future, odierne, eterne. In questo coro il piccolo io finora chiuso in sé si riconosce e si apre alla fratellanza senza confini temporali, geografici, confessionali.

Il secolo alle nostre spalle è un secolo di una grande apostasia, ma anche di un grande martirio. Lo tsunami dei regimi atei o idolatri ha ucciso più cristiani che, forse, in tutte le persecuzioni dei tempi antichi. Dobbiamo però confessare: la loro eredità spirituale lasciataci nella morte, nella tortura o nell’umiliazione oggi non è da noi molto richiesta. Sentiamo davvero la campana che fa risuonare la speranza della risurrezione dell’unico Corpo Mistico, quando veniamo a sapere del sangue versato dai cristiani nel Medio o nell’Estremo Oriente o nelle ultime riserve dell’utopia?

Gesù, i suoi fratelli e le sue sorelle 

di Daniel Marguerat

 

I quadri e le icone della Natività ci offrono il ritratto parlante della famiglia nucleare: il padre, la madre, il figlio. A questo sacro triangolo chi oserebbe aggiungere una sfilza di piccoli fratelli e sorelle? Peraltro i Vangeli quando parlano della famiglia di Gesù citano una lista di almeno sei figli.
Di questa numerosa famiglia Gesù fu forse il maggiore, ma chi sono questi fratelli e sorelle nell’ombra? Inchiesta su un dossier nascosto.

Domenica, 11 Gennaio 2009 17:47

Alle origini del cristianesimo (Serge Lafitte)

 


Alle origini del cristianesimo
di Serge Lafitte




Anche se la dottrina elaborata da Paolo di Tarso differisce dalle tradizioni attestate dai manoscritti del Mar Morto, si trovano elementi comuni, o addirittura identici, fra gli insegnamenti del giudaismo precristiano e quelli del cristianesimo delle origini.

Lunedì, 22 Dicembre 2008 00:49

Dall’«Evangelo» ai vangeli (Marco Vironda)

Vangelo secondo Marco


Dall’«Evangelo» ai vangeli


di Marco Vironda



 


Verso la metà del primo secolo della nostra era l'apostolo Paolo parlava del vangelo in termini di annuncio, pressoché orale, della salvezza che Dio offriva agli uomini in Gesù Cristo; Giustino, verso la metà del II sec. d.C., citava le «memorie degli apostoli dette euanghélia », intendendo con questo termine i testi scritti: in cento anni il termine greco euanghélion (evangelo) aveva assunto nuovi significati, che lo avrebbero caratterizzato per i successivi due millenni, e ancora oggi l'accezione più comune del vocabolo si riferisce a quattro opere letterarie che narrano grossomodo la vita di Gesù, i Vangeli. Che cosa portò a utilizzare il termine in modo nuovo? come si ebbe questa estensione di significato? quale processo condusse alla formazione di queste opere letterarie, nel nostro caso al Vangelo di Marco?

I problemi dell’ispirazione profetica sono stati generalmente trattati in modo univoco per tutti i profeti. Forse dovremmo ammettere la possibilità che il problema sia trattato separatamente per ciascun profeta; il materiale fornito dall’A.T. non è tale da permettere al teologo di formare un concetto generale di “ispirazione profetica” che sia valido per ciascuno dei profeti.

Lunedì, 22 Dicembre 2008 00:34

XXV. La Chiesa Ortodossa del Giappone

L’Ortodossia in Giappone è divenuta presto un fenomeno indigeno che le ha permesso di sopravvivere ai periodi di ostilità tra Giappone e Russia. Il processo si completò nel 1972 con l’installazione del vescovo Teodosio come primo metropolita nativo giapponese.

L’esigenza di pensare il ministero a partire dalla comune chiamata al culto spirituale, che rende possibile pensare il popolo del NT come il popolo “sacerdotale”, il popolo che esprime il culto della nuova e definitiva alleanza che si è compiuto nell’unico mediatore che è Gesù Cristo.

di Giovanni Roatta

11 Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all`altro. 12 Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. 13 Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno. 14

Domenica, 21 Dicembre 2008 23:50

Copti. Cristiani eredi di San Marco

COPTI. Cristiani eredi di San Marco

Tutto ebbe inizio con le prediche di San Marco in Egitto. Fu infatti l’evangelista a fondare la prima Chiesa cristiana in Nord Africa. Da quella prima comunità si sviluppò la Chiesa copta (termine che deriva dall’arabo qubt e significa egiziano). Una Chiesa che si inserì nell’alveo delle Chiese ortodosse differenziandosi però in quanto monofisita, cioè che pone l’enfasi sulla natura divina di Gesù Cristo.