Di che cosa abbiamo paura? Dell’arrivo improvviso della guerra a mietere le nostre esistenze, il nostro fragile benessere? Del crollo in borsa dei titoli azionari e degli investimenti finanziari? Dello sconvolgimento climatico, delle stagioni scombussolate e dell’effetto serra che attanaglia il nostro futuro? Di un satellite impazzito o di un lontano meteorite che precipita all’improvviso sulle nostre teste?
Oppure di essere rosi al fegato da un cancro incurabile? E se non al fegato, devastati nel cervello, allo stomaco od ai polmoni? Che i giorni della nostra vecchiaia siano sommersi dalla demenza senile, dall’alzheimer e dal disfacimento degli organi? Dell’abbandono dei parenti e di quanti ci erano cari nella vita? Della solitudine acerba che ci isola nel silenzio delle stanze con la tristezza, il pianto, la rassegnazione, la depressione? Dell’insicurezza che sembra avere preso possesso in tutti i nostri giorni e nelle nostre notti?
Del cibo sulla nostra mensa, avvelenato dalla diossina e dai metalli pesanti? Dell’acqua in bottiglia, già troppo carica di atrazina e che sa di cloro per nascondere le altre impurità? Dell’aria sommersa dalle polveri sottili, dallo smog e dagli acidi, nauseabonda per il benzene e malata di tutte le nostre contraddizioni e dei nostri vizi? Dei cattivi odori, delle asme e delle allergie che ci accompagnano per tutto l’anno, del greve brulicare di germi intorno a noi?
Di che cosa abbiamo paura? Della terra che rapidamente inaridisce, sfruttata senza discernimento in tutte le sue risorse, della pioggia che tarda a venire e del deserto che avanza? Del fuoco che brucia le foreste ed i boschi o di noi stessi, capaci di devastare l’habitat a tal punto da farlo diventare un inferno?
In realtà, abbiamo paura di dover avere a che fare con Dio. Vogliamo essere “religiosi” senza avere a che fare con alcune inquietanti immagini di Dio. Abbiamo paura di Dio e della sua imprevedibilità, delle sue irruzioni nella banalità dello scorrere dei nostri giorni. Noi abbiamo bisogno di pianificare la vita, il nostro futuro ed il nostro benessere. Possiamo farlo con l’aiuto dell’oroscopo, affidandoci alla posizione di lontani astri ed alle loro supposte influenze. Con i conti in banca, con la programmazione dei tassi variabili o anche cogliendo al volo ogni occasione che si presenta. Ma non abbiamo bisogno di un Dio che venga a disturbare i nostri sogni, che ci chieda con insistenza di rendere conto del sangue di tutti gli Abele soppressi dall’innocenza di un tenore di vita misurato sul PIL.
Abbiamo paura che Dio ci possa chiedere un cambiamento nella nostra vita. Accettare il dono di una trasfigurazione e – già da oggi – di essere risorti con il Figlio. Ad essere i nuovi samaritani sulle strade del mondo, i fratelli del banchetto, gli amici pronti ad offrire un bicchiere d’acqua, un ristoro, un letto, un tetto, un piatto, un pezzo di pane… Pronti ad albergare dignità e giustizia nelle nostre case, alle nostre mense ed in tutte le nostre faccende quotidiane. A far germinare i semi della pace lungo le strade del nostro andare.
Tutto ciò è troppo, è impensabile, sconvolgente. Umano, troppo umano. Preferiamo una spiritualità che ci estranei dai problemi e ci conforti con una piacevole sensazione di benessere nel nostro io. Una spiritualità civile, asettica, comfortable and majority.
Troppo imbarazzante – tremendo – questo Dio capace di morire perché la morte sia sconfitta anche dagli umani.
Faustino Ferrari