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Domenica, 13 Aprile 2025 09:08

Domenica delle Palme o della Passione del Signore - Annno C In evidenza

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Domenica delle Palme o della Passione del Signore - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Is 50, 4-7

Dal libro del profeta Isaia
 

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.


Salmo Responsoriale Sal 21

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d'Israele.

Seconda Lettura Fil 2, 6-11


Dalla  lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
 
Canto al Vangelo (Fil 2,8-9))


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Lc 23,1-49 (Forma breve)
 
Dal Vangelo secondo Luca


- Non trovo in quest'uomo alcun motivo di condanna
In quel tempo, tutta l'assemblea si alzò; condussero Gesù da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest'uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell'uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l'autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.

- Erode con i suoi soldati insulta Gesù
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell'accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

- Pilato abbandona Gesù alla loro volontà
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest'uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest'uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

- Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: "Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato". Allora cominceranno a dire ai monti: "Cadete su di noi!", e alle colline: "Copriteci!". Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.

- Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

- Costui è il re dei Giudei
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

- Oggi con me sarai nel paradiso
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

- Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest'uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.

OMELIA

In questa domenica detta ‘domenica delle palme’, come si sa, si fa memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme nel suo ultimo viaggio nella città santa. Alla notizia del suo arrivo, i presenti, entusiasti, stendono mantelli sul terreno sventolando e agitando i rami tagliati degli alberi, palme appunto.
L’immagine è icastica: Gesù entra trionfante a Gerusalemme, seduto sul dorso d’un asinello.
Per lui ha inizio l’ultima settimana di vita. Infatti a Gerusalemme vi rimarrà cinque giorni. Al ‘sesto giorno’ lo uccideranno. Al settimo entrerà nel buio del sepolcro, per risorgere l’ottavo giorno.
Questa cadenza temporale altro non è che la narrazione di una ‘nuova creazione’.
Si è passati dalla ‘creazione dell’uomo’ – avvenuta secondo il libro della Genesi il sesto giorno – alla sua ri-creazione compiutasi con la morte e resurrezione di Gesù, il nuovo Adamo.
Ora la domanda che s’impone è questa: in che senso, in che modo, la morte e resurrezione di Gesù ha permesso questa ricreazione dell’umanità intera?
La narrazione classica – e ufficiale – della Chiesa ci è nota: la morte di Gesù sulla croce – come Agnello di Dio, e dunque vittima sacrificale – ci ha riconciliato con Dio una volta per tutte. Questa ‘verità’ teologica ci ha plasmato fin dal catechismo, con affermazioni come queste:
_ “Tu ci hai redenti (ri-uniti con Dio, riacquistati, ricondotti alla sua amicizia…) con la tua morte e risurrezione”. (Dalla liturgia eucaristica)
_ “Dalle sue piaghe (dal suo sacrificio) siamo stati guariti” (1Pt 2, 25)
_ “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo…” (Dalla liturgia eucaristica)
E si potrebbe continuare per pagine e pagine…
L’idea che è passata nel cristianesimo, cattolico, protestante o ortodosso che sia, è che l’evento-croce di Gesù sia di per sé salvifico. Che è la presunta morte-sacrificale di Gesù ad averci riconciliato con suo padre, un dio adirato con noi; e che quest’ira possa essere placata solo col sangue nientemeno del suo unico e amato ‘figlio’ (nella tradizione ebraica questa presunta riconciliazione avveniva almeno con la morte di capi di bestiame -un capro (espiatorio) e un agnello).
Personalmente è da tempo che ho abbandonato questo modello teologico per leggere l’evento-croce di Gesù di Nazareth.
Non posso più starci dentro, da uomo di fede e per onestà intellettuale.
La croce non è per me il progetto concepito da un dio sadico che sacrifica ciò che ha di più caro – suo figlio – per ristabilire l’amicizia con la massa dannata degli uomini e delle donne colpevoli solo d’essere gli ‘esuli figli di Eva’. La croce non può essere l’altare dove si consuma – ad opera di un sedicente dio-amore – il male più assordante della storia seppur a fin di bene! Quel medesimo dio che stando alla rivelazione biblica fermò il coltello nella mano di Abramo pronta a sacrificargli il figlio Isacco.
Ma a questo punto la domanda si fa ancora più cogente. Cos’è dunque la croce; che cosa significa la morte di Gesù sulla croce? Anzitutto credo profondamente che la croce sia la destinazione (non il destino) dell’avventura amante dell’uomo Gesù. Non è la realizzazione di un progetto sadico ma l’ultima stazione dell’amore. La croce non è stata cercata, voluta, conseguita, agognata, ma la conseguenza storica, contingente, naturale del cammino intrapreso ‘in direzione ostinata e contraria’ dell’uomo di Nazareth. Gesù ha deciso di amare senza se e senza ma, e questo l’ha portato sul patibolo infame ad opera del potere -esclusivamente – civile e temporale del suo tempo.
Credo che occorra passare dunque dalla logica redentivo-sacrificale alla logica dell’asino.
L’entrata sul dorso di un asino, a livello simbolico è infatti potentissima. Gesù vince la morte in quanto ‘asino’, ovvero attraverso una vita all’insegna delle virtù innegabili di questo incredibile animale che diventano metafora: la mansuetudine, il servizio disinteressato, la condivisione dei pesi altrui (cfr. Gal 6, 2) e una spiccata capacità di ascolto (le sue orecchie molto grandi). Gesù ha rifiutato di servirsi di un cavallo, l’animale di chi detiene il potere facendo uso della forza e della violenza.
Laddove vi è capacità di servire, si realizzerà il Regno di Dio: «Benedetto il Regno che viene», dice Marco 11, 9. Insomma, è la capacità di servire, di fare il bene che ci salva, porta compimento la nostra umanità, che ci fa fiorire!
Per questo occorre ‘slegare’ dentro di noi l’asinello (Mc 11, 2), ossia la nostra capacità di amare e di servire. Gesù è venuto proprio a tentare di sciogliere, slegare in noi questa capacità di prenderci cura dell’altro, di giocarci la vita in una modalità non mondana.
“Il Signore ne ha bisogno” di questo asino (v. 3). Egli ha bisogno del mio bene, ossia che si sciolga in me l’egoismo che mi blocca la vita, per effondere luce nel mondo facendo arretrare la tenebra del male. E stiamone certi: questo asinello il Signore ce lo rimanderà indietro subito (v. 3): l’amore che doniamo agli altri ci tornerà sempre indietro e in maniera sovrabbondante.
Il problema di fondo, è che noi amiamo il potere e la forza. Per questo preferiamo salire sul cavallo del vincitore di turno. All’asino mansueto, che si pone a servizio, preferiamo la violenza dei potenti, per ingrossare il nostro ego.
Siamo chiamati a realizzarci attraverso la via del bene e del dono, ma continuiamo a strizzare l’occhio al mondo, con la sua logica apparentemente vittoriosa, fondata sul potere, l’avere e il successo. Ma se incrociamo l’asino col cavallo rischiamo di stare al mondo come il mulo, semplicemente sterile.
Gesù entrò nella sua settimana di ‘compimento’ avendo come trono un asino, e la terminò su di un altro trono, la croce: segno, solo, dell’amore che va fino alla fine. E ora molta gente urla: “Osanna” che significa “Dio salva”. Sì, Dio salva così, con l’amore che non demorde, rinnegando il proprio io a favore dell’altro. E grida ancora: «Benedetto colui che viene…». Sì, perché l’Amore non può venire che in questa maniera, perché venisse in altro modo, con potenza e violenza, rinnegherebbe semplicemente sé stesso.

 
Paolo Scquizzato
 
Letto 6 volte Ultima modifica il Domenica, 13 Aprile 2025 09:18
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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