Da Gerusalemme a Roma
di Don Filippo Morlacchi
I tre processi a Paolo e il viaggio
I capp. 21-28 degli Atti raccontano le ultime vicende storicamente accertabili di Paolo: le accuse mossegli dai confratelli ebrei, i processi in Palestina (prima a Gerusalemme, davanti al sinedrio; poi a Cesarea, davanti al procuratore romano Felice e – due anni dopo – davanti al suo successore Festo); infine il suo drammatico viaggio, da prigioniero, a Roma.
All’arrivo di Paolo a Gerusalemme, subito gli contrappone il gruppo dei "giudei della provincia di Asia" (At 21,27). Da una parte c'è Paolo, arrestato, accusato, minacciato dì morte; dall'altra i suoi avversari Giudei, i quali lo considerano un rinnegato e cercano tutti i modi per toglierlo di mezzo. Paolo è protetto dall'autorità dei Romani, anche se i rappresentanti dell'impero non sono sempre modelli di onestà e di competenza. Ci sono vari discorsi di autodifesa di Paolo: a Gerusalemme, davanti alla folla e poi davanti al sinedrio; quindi a Cesarea, davanti al governatore romano Felice, al suo successore Festo e al re giudeo Agrippa. Dall'insieme risulta che Paolo, staccandosi dal giudaismo, non è stato un ribelle, anzi è stato fedele alle attese più autentiche di Israele: la speranza nel Messia e nella risurrezione. Nei confronti dell'impero romano egli più volte e pubblicamente è riconosciuto innocente. Tuttavia egli si appella al giudizio dell'imperatore e così prosegue per Roma.
Con l'immagine di Paolo prigioniero nella capitale si chiude il libro degli Atti: se anche un missionario è in catene, l'annuncio della parola di Dio e la testimonianza cristiana si diffondono con tutta franchezza "fino agli estremi confini della terra" (n. 2).
Il terzo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Da Mileto verso Gerusalemme (21, 1-14)
Ultime tappe: Tiro (con l’invito a non andare a Gerusalemme), Tolemaide, Cesarea. Anche qui, Agabo compie un gesto simbolico, preannunziando le sofferenze di Paolo. Ma questi fu irremovibile: doveva andare a Gerusalemme. Come Gesù.
Il terzo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Il discorso agli anziani di Efeso (20,17-38)
Dopo il "discorso tipo" agli ebrei, nella sinagoga di Antiochia (At 13, primo viaggio) e quello ai pagani ad Atene (At 17, secondo viaggio), ora Paolo tiene un discorso magistrale ai presbiteri, i responsabili della comunità. È l’ultimo discorso dell’apostolo, che chiude l’epoca apostolica. Una nuova generazione dovrà farsi carico dell’annuncio evangelico, nella fedeltà al deposito ricevuto. Da notare la terminologia del ministero sacro, ancora oscillante, e il detto del Signore "c’è più gioia nel dare che nel ricevere", non riportato dai Vangeli.
Il terzo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Un sabato sera a Troade; a Mileto (20,7-16)
La comunità di Troade si riuniva il sabato sera (il computo dei giorni inizia con la sera) per celebrare l’eucaristia domenicale in una stanza alta (come il cenacolo). La lunga predica fa cadere addormentato il giovane Eutico seduto sulla finestra (Paolo se la cava resuscitandolo).
Il viaggio riprende, con tappe minute; Paolo va a piedi (perché? È un percorso di circa 6 ore), gli altri in nave ad Asso, poi insieme Mitilene, sull’isola di Lesbo; poi l’isola di Chio; poi Samo; infine Mileto. Intenzionalmente vuole evitare la ben conosciuta Efeso: vi aveva rischiato la vita a causa di Demetrio. Inoltre aveva fretta di arrivare a Gerusalemme, per portare il frutto della colletta entro la Pentecoste. Temeva che l’offerta fatta da parte di incirconcisi fosse rifiutata (cfr Rm 15,30-31: "Vi esorto perciò, fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e l'amore dello Spirito, a lottare con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio, perché io sia liberato dagli infedeli della Giudea e il mio servizio a Gerusalemme torni gradito a quella comunità…"), con grave danno dell’unità ecclesiale.
Il terzo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Breve descrizione del giro in Grecia (20,1-6)
Paolo arriva a Corinto ("in Grecia"); vi si ferma i tre mesi invernali del 57/58; vi scrive Romani e raccoglie soldi per la chiesa di Gerusalemme. Nel ripartire, voleva salpare da Cencre verso la Siria, ma fu informato di un complotto giudaico e decise di tornare via terra, sebbene fosse un viaggio più lungo: impossibile essere a Gerusalemme per la Pasqua. Lo accompagnano vari rappresentanti delle comunità da lui fondate; una parte del gruppo li precedette a Troade. A Filippi, Luca si unisce a Paolo (brano "noi", dal v. 6); insieme salpano per Troade, dopo aver celebrato la Pasqua a Filippi. Il viaggio non fu facile perché durò ben cinque giorni.
Il terzo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Il lungo soggiorno ad Efeso (19,1-41)
Efeso, oggi nell’entroterra, era ai tempi di Paolo un porto internazionale, con un monumentale teatro di cui restano i ruderi imponenti (23.000 posti stimati) ed altre superbe costruzioni, era la capitale dell’Asia. Vi si praticava, presso un famoso tempio, il culto di Artemide: non però la dea della caccia della mitologia greca, ma una dea-madre, personificazione della fecondità. Inoltre la gente letterata vi coltivava le scienze occulte, soprattutto con la pratica delle "scritture efesine", foglietti sui quali erano scritte formule magiche e che venivano portati come amuleti.
Il primo incontro ad Efeso fu con i discepoli di Apollo, una dozzina, che avevano da lui ricevuto il battesimo di penitenza di Giovanni, ma ignoravano del tutto la vita nuova nello Spirito Santo. Questo gruppetto si lasciò facilmente convincere che Gesù era colui che anche il Battista aveva atteso; furono battezzati (probabilmente non da Paolo, che di norma non battezzava: cfr 1 Cor 1,17) e poi cresimati mediante l’imposizione delle mani di Paolo (i vescovi, successori degli apostoli, sono ministri ordinari della cresima).
vv. 8-10: Paolo inizia a predicare in sinagoga; dopo tre mesi le ostilità dei più si fanno così pesanti che di buon grado scelse di non comparire più in sinagoga e di lavorare sui "discepoli" presso la scuola di un certo Tiranno (forse un rètore che subaffittava a Paolo il locale dove insegnava). Il testo occidentale ricorda anche l’orario delle lezioni di Paolo: dalle 11.00 alle 16.00. È credibile, perché di solito si usavano le ore antimeridiane per i negotia e il pomeriggio per gli otia. La mattina Paolo lavorava come tessitore, e Tiranno come insegnante; poi l’aula veniva usata per la catechesi. Efeso diviene una specie di porta per l’evangelizzazione di tutta l’Asia proconsolare: cfr le 7 chiese dell’Apocalisse (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea), che risultano essere ben strutturate quando Giovanni scrive (fine del I secolo). Nella valle del fiume Lico si trovano Colossi, città cui Paolo indirizzò una lettera, e che – insieme alle altre due – fu probabilmente evangelizzata da Epafra (cfr Col 1,7-8); Laodicea, vicinissima a Colossi, ai cui abitanti Paolo scrisse una lettera perduta (Col 4,16); infine Gerapoli. Davvero "tutti gli abitanti dell’Asia [proconsolare] poterono ascoltare la Parola del Signore". Ad Efeso Paolo scrive 1-2 Corinzi, Galati, forse anche Filippesi.
vv. 11-22: Paolo esercita un misterioso potere taumaturgico che fa gran presa sulla popolazione, esperta in arti magiche. Addirittura fazzoletti toccati da lui possono guarire. Cercano di approfittarne alcuni esorcisti ebrei, ma falliscono miseramente. Il risultato fu un involontario invito a credere in Gesù e il falò pubblico di molte scritture efesine del valore stimato di 50.000 dracme d’argento (cifra notevole). Paolo fa progetti di viaggio.
vv. 23-41: il tumulto degli argentieri. Il tempio di Artemide, considerato una delle meraviglie del mondo (v. 27; oggi restano solo poche rovine malridotte) aveva fatto sviluppare una fiorente industria del sacro ("tipo Lourdes"); la predicazione di Paolo costituiva una minaccia, non tanto per la fede quanto per i guadagni (cfr quanto era accaduto a Filippi con la serva divinatrice messa a tacere: 16,16-18). Si sviluppa una sommossa da parte della popolazione pagana in difesa di Artemide, sobillata dall’argentiere Demetrio e dai suoi operai. Tutti vanno al teatro (luogo di adunanze); non avendo trovato Paolo [nascosto da Aquila e Priscilla, presso i quali abitava?], prendono i suoi compagni Gaio e Aristarco. Entra in ballo anche un certo Alessandro, giudeo (per distinguersi dal gruppo cristiano?). Alla fine il cancelliere/scriba di Efeso riesce a imporre il silenzio, a far riflettere la folla mostrando che Paolo non aveva offeso Artemide, e che se Demetrio aveva qualcosa contro i cristiani doveva procedere per vie legali e non organizzando un linciaggio che avrebbe potuto provocare la pesante, temutissima reazione dell’autorità romana. Scampato il percolo, Paolo esorta i discepoli e mette in atto il suo progetto di tornare in Grecia.
Il terzo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Il viaggio del consolidamento: il cristianesimo si afferma
Paolo parte da Antiochia, sua sede, e attraversa di nuovo tutta l’Asia Minore, passando per la Galazia e la Frigia, già evangelizzate nei due precedenti viaggi. Raggiunge Efeso, l’importante capitale dell’Asia Minore (circa 300.000 abitanti di tutte le razze) ove soggiorna ben due anni. Decide di far di nuovo visita alle comunità della Macedonia e della Grecia (Filippi, Tessalonica, Corinto), ripercorrendo l’itinerario del secondo viaggio, e fermandosi tre mesi a Corinto. Nel tornare fa lo stesso percorso, imbarcandosi a Neapoli per Troade, da dove prosegue ancora via mare. Non fa scalo a Efeso, ma a Mileto, dove saluta gli anziani di Efeso in un commovente discorso di addio; poi sempre via mare torna in Palestina. Arriva a Tiro in Fenicia, poi Tolemaide e Cesarea. Infine sale di nuovo a Gerusalemme, nella totale incertezza, per affrontare lì, proprio come il Maestro, la sua passione.
Se da un lato è il viaggio in cui la realtà cristiana acquista fisionomia ben definita e inizia a strutturarsi, d’altro canto è il viaggio in cui iniziano i congedi di Paolo dalle sue comunità. Come nella vita del Maestro, appena si raggiunge un certo successo, si è pronti per la croce. Paolo è al vertice della sua produzione letteraria: sono gli anni di 1-2Cor, Gal, Rm e (forse) Fil.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Corinto: una sfida sorprendentemente vinta (At 18,1-11); il rientro (18-22)
Corinto costitutiva per l’annuncio cristiano una sfida eccezionale. Vi regnavano due divinità: il denaro (città costruita su un istmo, con due porti, Cencre verso oriente e Lecheo verso occidente, era sede commerciale floridissima) e la lussuria (sulla collina detta Acrocorinto oltre mille prostitute sacre vivevano presso il tempio di Afrodite, secondo Stradone). Con pochi soldi ("trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato d'aggravio a nessuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia": 2Cor 11,9), trovò appoggio presso Aquila e Prisca, una coppia scappata da Roma a seguito dell’espulsione di Claudio (48-50 d.C.). Inizia la missione presso i giudei; il loro rifiuto inasprisce i rapporti già tesi e Paolo si dirige ai pagani. Non più in sinagoga, ma a casa di Tizio Giusto annuncia la fede, con buon risultato, anche se la conversione morale dei neofiti fu lunga e faticosa (cfr 1Cor 6,9ss). Il Signore stesso lo invita a non andare oltre, ma a fermarsi ancora:"io ho un popolo numeroso qui" (v. 10).
La comparizione davanti a Gallione è importantissima per le date paoline (cfr incontro 6): Gallione, fratello di Seneca, fu proconsole di Acaia nel 51/52, e dunque Paolo arriva a Corinto all’inizio del 51. Dopo la sua assoluzione da parte del proconsole, Paolo riparte con Aquila e Prisca, rasatosi a seguito del voto da nazireo. Breve sosta ad Efeso, poi Cesarea; "salito alla Chiesa" (cioè Gerusalemme), ridiscese ad Antiochia.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Atene, città di filosofi; discorso all’Areopago (At 17,16-34)
Ad Atene Paolo si sente a disagio (città totalmente idolatra); riparte sempre dai giudei, ma con esito modesto. Si apre allora ai filosofi ciarlieri, che lo scambiano per un promotore di divinità straniere, cioè Gesù e Risurrezione (tipica coppia divina). Lo conducono all’Areopago e fa il suo discorso: qui si fa "greco con i greci", cercando un dialogo interculturale. Non cita la Bibbia, ma un poeta pagano del III secolo, Arato (Fenomeni, 5); gli argomenti non sono dell’AT, ma della ragione naturale; usa uno stile letterario greco (captatio benevolentiae all’inizio, ecc). Solo dopo una lunga pre-evangelizzazione passa all’annuncio centrale, la risurrezione di Cristo. Risultato: fallimento totale. 1Cor 1,22ss registra l’eco di questa sconfitta. Paolo prosegue.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Tessalonica e Berea: problemi con i giudei (At 17,1-9)
Per l’antica Via Egnatia giungono a Tessalonica (Salonicco) dopo circa 150 km. La comunità giudaica era forte, e forse per questo Paolo vi si ferma. Ospite da un certo Giasone, lavora da tessitore di tende "notte e giorno per non essere di peso ad alcuno" (1Ts 2,9), ma gli affari non devono andare un granché bene (cfr sopra). La predicazione inizia in sinagoga, "sulla base delle scritture…; il Messia, diceva, è quel Gesù che io vi annunzio" (v. 3). Gran successo.
Proprio per questo i giudei si ingelosiscono e accusano Paolo su tematiche politiche (Gesù altro re). Paolo si dimostra molto risentito per questo comportamento; scrivendo ai Tessalonicesi alcuni mesi dopo userà parole di fuoco contro i giudei, ricordando quanta sofferenza hanno causato: uccidendo Gesù e i profeti, e perseguitando Paolo stesso, impedendogli "di predicare ai pagani perché possano essere salvati". Perciò "non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini" (cfr 1Ts 2,14-16). Come comprendere questo antisemitismo paolino? È ancora il punto di vista del missionario che si trova bloccato nell’agire, non del teologo che si trova davanti al mistero (come in Rm 9-11).
Fuggiti a Berea, inizia la predicazione anche lì, con nuovo successo. Come già accaduto a Listra da parte dei giudei di Antiochia di Pisidia e Iconio (At 14,19), alcuni giudei da Tessalonica costringono il tre alla fuga: Paolo scappa, Sila e Timoteo si nascondono.