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Sabato, 19 Giugno 2004 02:03

Il lungo soggiorno ad Efeso (19,1-41)

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Il terzo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi


Il lungo soggiorno ad Efeso (19,1-41)

Efeso, oggi nell’entroterra, era ai tempi di Paolo un porto internazionale, con un monumentale teatro di cui restano i ruderi imponenti (23.000 posti stimati) ed altre superbe costruzioni, era la capitale dell’Asia. Vi si praticava, presso un famoso tempio, il culto di Artemide: non però la dea della caccia della mitologia greca, ma una dea-madre, personificazione della fecondità. Inoltre la gente letterata vi coltivava le scienze occulte, soprattutto con la pratica delle "scritture efesine", foglietti sui quali erano scritte formule magiche e che venivano portati come amuleti.

Il primo incontro ad Efeso fu con i discepoli di Apollo, una dozzina, che avevano da lui ricevuto il battesimo di penitenza di Giovanni, ma ignoravano del tutto la vita nuova nello Spirito Santo. Questo gruppetto si lasciò facilmente convincere che Gesù era colui che anche il Battista aveva atteso; furono battezzati (probabilmente non da Paolo, che di norma non battezzava: cfr 1 Cor 1,17) e poi cresimati mediante l’imposizione delle mani di Paolo (i vescovi, successori degli apostoli, sono ministri ordinari della cresima).

vv. 8-10: Paolo inizia a predicare in sinagoga; dopo tre mesi le ostilità dei più si fanno così pesanti che di buon grado scelse di non comparire più in sinagoga e di lavorare sui "discepoli" presso la scuola di un certo Tiranno (forse un rètore che subaffittava a Paolo il locale dove insegnava). Il testo occidentale ricorda anche l’orario delle lezioni di Paolo: dalle 11.00 alle 16.00. È credibile, perché di solito si usavano le ore antimeridiane per i negotia e il pomeriggio per gli otia. La mattina Paolo lavorava come tessitore, e Tiranno come insegnante; poi l’aula veniva usata per la catechesi. Efeso diviene una specie di porta per l’evangelizzazione di tutta l’Asia proconsolare: cfr le 7 chiese dell’Apocalisse (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea), che risultano essere ben strutturate quando Giovanni scrive (fine del I secolo). Nella valle del fiume Lico si trovano Colossi, città cui Paolo indirizzò una lettera, e che – insieme alle altre due – fu probabilmente evangelizzata da Epafra (cfr Col 1,7-8); Laodicea, vicinissima a Colossi, ai cui abitanti Paolo scrisse una lettera perduta (Col 4,16); infine Gerapoli. Davvero "tutti gli abitanti dell’Asia [proconsolare] poterono ascoltare la Parola del Signore". Ad Efeso Paolo scrive 1-2 Corinzi, Galati, forse anche Filippesi.

vv. 11-22: Paolo esercita un misterioso potere taumaturgico che fa gran presa sulla popolazione, esperta in arti magiche. Addirittura fazzoletti toccati da lui possono guarire. Cercano di approfittarne alcuni esorcisti ebrei, ma falliscono miseramente. Il risultato fu un involontario invito a credere in Gesù e il falò pubblico di molte scritture efesine del valore stimato di 50.000 dracme d’argento (cifra notevole). Paolo fa progetti di viaggio.

vv. 23-41: il tumulto degli argentieri. Il tempio di Artemide, considerato una delle meraviglie del mondo (v. 27; oggi restano solo poche rovine malridotte) aveva fatto sviluppare una fiorente industria del sacro ("tipo Lourdes"); la predicazione di Paolo costituiva una minaccia, non tanto per la fede quanto per i guadagni (cfr quanto era accaduto a Filippi con la serva divinatrice messa a tacere: 16,16-18). Si sviluppa una sommossa da parte della popolazione pagana in difesa di Artemide, sobillata dall’argentiere Demetrio e dai suoi operai. Tutti vanno al teatro (luogo di adunanze); non avendo trovato Paolo [nascosto da Aquila e Priscilla, presso i quali abitava?], prendono i suoi compagni Gaio e Aristarco. Entra in ballo anche un certo Alessandro, giudeo (per distinguersi dal gruppo cristiano?). Alla fine il cancelliere/scriba di Efeso riesce a imporre il silenzio, a far riflettere la folla mostrando che Paolo non aveva offeso Artemide, e che se Demetrio aveva qualcosa contro i cristiani doveva procedere per vie legali e non organizzando un linciaggio che avrebbe potuto provocare la pesante, temutissima reazione dell’autorità romana. Scampato il percolo, Paolo esorta i discepoli e mette in atto il suo progetto di tornare in Grecia.

Letto 3743 volte Ultima modifica il Sabato, 19 Giugno 2004 02:06

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