Spaziofamiglia è uno spazio autogestito a disposizione delle Diocesi Italiane nonché di altre realtà – civili o religiose –, movimenti, associazioni, che si occupano del lavoro con le coppie e le famiglie. In questo numero ospitiamo volentieri il contributo di Retrouvaille, frutto di «Incontro matrimoniale», movimento cattolico nato alla fine degli anni ’60 volto a migliorare e potenziare il rapporto di coppia, diffuso in vari stati del mondo e attivo in Italia dal 1978.
Capacità relazionali ridotte all’osso, senso di fallimento personale esteso al rapporto con il proprio coniuge, sgretolamento dei valori familiari, scarsa fiducia di sé, appiattimento delle aspettative e delle prospettive di vita, astio, stato confusionale, senso di colpa; questi gli stati d’animo in cui spesso precipitano coloro i quali vivono «gli sgoccioli di un matrimonio infelice».
Queste sono alcune componenti della patologia di una coppia in crisi che sperimenta uno stato di «sofferenza permanente» ed è orientata ormai verso una vita rassegnata alla reciproca sopportazione se non già verso la separazione e il divorzio.
Le cause sono quelle si desumono facilmente dalle statistiche: incapacità di mantenere vivo il dialogo con l’altro dovuta a delusioni, dolore, indifferenza, mancanza di desiderio verso il compagno, scelte di vita che non convergono più, adulterio commesso o subìto, problemi di dipendenza da droghe o alcol, ecc.
Situazioni paludate e croniche di fronte alle quali, troppo spesso, la società sostiene scelte che puntano sull’autonomia e sull’autogratificazione «...se soffri taglia fuori dalla tua vita la causa del tuo dolore...» oppure «se l’innamoramento è finito è terminato anche l’amore», sull’onda del più consumistico degli slogan «usa e getta».
Oggi, è quasi prassi comune, ci si può dire addio dopo sei mesi o sessant’anni di vita passati insieme: separazione e divorzio sono opzioni reali a fronte di qualsiasi matrimonio contratto nella maggior parte delle religioni e in quasi tutti gli stati del mondo. È un segno dei tempi e forse dovrebbe connotare costumi sociali più civili ed evoluti. Però...
Però c’è anche chi prova ad andare controcorrente e tira in ballo temi come il valore del matrimonio, l’accettazione e il perdono dell’altro, la potenza dell’amore, una felicità di coppia possibile e concreta anche nei casi considerati spacciati.
A sostenere queste «folli tesi» sono i «guaritori feriti» di Retrouvaille (dal francese ritrovarsi), un programma a sostegno delle coppie che soffrono, diffuso a livello mondiale e ora presente anche in Italia.
Retrouvaille è frutto di «Incontro matrimoniale», un movimento cattolico nato alla fine degli anni ’60 volto a migliorare e potenziare il rapporto di coppia, diffuso in vari stati del mondo e attivo in Italia dal 1978.
Retrouvaille è stato creato con l’obiettivo di raggiungere le coppie in gravi difficoltà ed è nato in Canada nel 1977. I primi incontri si tennero nella provincia francofona del Quebec. Attualmente il programma, migliorato negli anni grazie al supporto di esperti, studiosi e alla formazione sempre più specifica degli animatori volontari, è attivo in quasi tutti gli Stati Uniti, in Canada, Australia, Costa Rica, Cuba, Bolivia, Irlanda, Messico, Nuova Zelanda, Filippine, Samoa, Singapore, Sud Africa, Trinidad, Zimbawe.
Dal 2002 è operativo anche in Italia per volere di monsignor Anfossi (attuale vescovo di Aosta), già presidente dell’Ufficio per la Pastorale Familiare della CEI, che ha dato incarico alla comunità italiana di «Incontro Matrimoniale» di avviare questa nuova esperienza.
Nell’aprile 2002 hanno avuto luogo a Torino e a Paestum due week-end di formazione curati da un sacerdote e da tre coppie, due americane e una sudafricana. All’iniziativa hanno aderito 85 coppie e 17 preti provenienti da varie regioni italiane. Nell’ottobre 2002 è decollato a Roma il primo programma di Retrouvaille con nove coppie iscritte, mentre nell’Aprile 2003 si è iniziato a Chioggia (Venezia) il secondo programma con la partecipazione di 12 coppie. Tutte le coppie partecipanti hanno continuato gli incontri la settimana successiva con la fase del post week-end, nelle rispettive regioni di provenienza.
Retrouvaille mette a disposizione dei possibili utenti una linea telefonica privata ed un sito Internet per fornire tutte le informazioni necessarie. Per partecipare al programma occorre il consenso individuale di entrambe i coniugi. Possono aderire coppie che vivono con sofferenza la loro relazione o stanno pensando alla separazione o già separate o divorziate legalmente appartenenti a qualsiasi religione o matrice culturale della cui identità verrà mantenuto il più assoluto riserbo.
Viene proposta in primo luogo la partecipazione ad un fine settimana ambientato in luoghi confortevoli e riservati (dalle ore 20,00 del venerdì alle ore 18,00 della domenica). Animano l’incontro tre coppie ed un sacerdote. I partecipanti non sono invitati a parlare in pubblico di questioni personali; si chiede loro semplicemente di ascoltare le testimonianze delle coppie animatrici e del sacerdote per poi dar luogo ad un «lavoro di elaborazione» che avverrà unicamente con il rispettivo compagno.
A mettersi in gioco di fronte al gruppo sono infatti gli animatori (per questo definiti «guaritori feriti»); essi raccontano le difficoltà, i disagi, le crisi che hanno attraversato nelle rispettive unioni. Anche il sacerdote parla apertamente attingendo al proprio vissuto.
Retrouvaille però non può ovviamente terminare solo con la conclusione del fine settimana: la ripresa di un dialogo, la riscoperta e il perdono verso l’altro non possono avvenire in tempi così brevi dopo anni di sofferenza. Pertanto si portano avanti i temi trattati con una serie di incontri (da sei a dodici) nei successivi tre mesi.
Dopo questo «consolidamento» le coppie possono decidere di aderire al Co.Re. (acronimo di «continuiamo l’esperienza di Retrouvaille»), un gruppo autogestito attraverso incontri quindicinali o mensili per continuare ad arricchire l’esperienza matrimoniale, trovare sostegno nelle difficoltà, mantenere vivo il dialogo e la relazione con l’altro.
Responsabili nazionali del programma Retrouvaille sono Guido e Rinuccia Lamberto.
«È un compito arduo – sottolineano insieme –: non è stato facile attivare l’organizzazione su tutto il territorio nazionale. Ma i segni e gli stimoli ad andare avanti sono stati frequenti e meravigliosi. Vedere rinascere l’amore tra coppie quasi rassegnate alla fine della loro unione rafforza quotidianamente i nostri intenti e la fede in Dio».
Si dichiarano anche loro «compagni di viaggio» delle coppie che approdano a Retrouvaille. «Siamo tutti in cammino. Nessuno di noi pretende di mostrare la via agli altri – sottolinea Rinuccia Lamberto –: non è sempre facile portare testimonianza di esperienze o momenti che ci hanno visto soffrire, dubitare, toccare con mano la delusione e lo sgomento. Ecco perché ci definiamo guaritori feriti. Il programma è fonte di crescita e confronto anche per noi animatori».
C’è infine un ultimo segreto da svelare. Nel momento stesso in cui una coppia si iscrive a Retrouvaille, viene affidata spiritualmente ad una «coppia angelo», la quale si impegna da quel momento e per i tre mesi successivi al week end ad accompagnare con la preghiera quotidiana i due coniugi segnalati, secondo la regola del reciproco anonimato.
Ecco perché Retrouvaille è, prima di tutto, un’esperienza cristiana. Tutti noi siamo chiamati ad assumerci delle responsabilità nei confronti delle coppie che vivono con sofferenza la loro relazione, aiutandole anche proponendo la partecipazione a questa esperienza a cominciare da sacerdoti, insegnanti, operatori familiari... fino alla singola coppia che crede ancora nei valori del matrimonio.
Rapporti con la Chiesa
Abbiamo riscontrato grande sostegno e collaborazione da parte dei responsabili dei principali uffici di pastorale familiare della Chiesa.
Oltre che da Mons, Giuseppe Anfossi siamo sostenuti dall’ex direttore nazionale dell’Ufficio famiglia Mons. Bonetti e dal suo attuale sostituto Don Sergio Nicolli che insieme si sono impegnati per diffondere la conoscenza dell’esperienza Retrouvaille, sia direttamente ad ogni singola diocesi italiana, sia attraverso organi di stampa cattolici.
In alcune diocesi è presente un referente locale di Retrouvaille.
Molti responsabili della comunità civile italiana ci hanno assicurato il loro aiuto a diffondere attraverso i loro servizi sociali la disponibilità di un aiuto alle coppie anche attraverso Retrouvaille.
Abbiamo iniziato una collaborazione con le due principali organizzazioni cattoliche italiane di terapisti e consulenti matrimoniali, e attraverso i loro presidenti contiamo di far conoscere quest’esperienza di speranza in tutte le loro sedi che sono più di un centinaio in tutta Italia.
Abbiamo fatto stampare migliaia di depliants di Retrouvaille, pubblicato decine di articoli su giornali locali e anche su quelli a diffusione nazionale, rilasciato interviste a radio e tv locali ed inviato news letter a decine di siti Internet italiani che si occupano della famiglia.
Informazioni: www.retrouvaille.it - Iscrizioni: tel. 0172/640964.
Alcune proposte di riflessione
Ogni giorno nel nostro fare ci confrontiamo e, a volte ci scontriamo con gli altri: un vicino che ci spintona sul tram o un automobilista che ci taglia la strada, un marocchino che vuole a tutti i costi lavarci il vetro, per non parlare dei colleghi di lavoro, il più delle volte indisponenti, arrivisti, supponenti e raramente amici o perlomeno compagni sulla stessa barca. E quando torniamo a casa eccoci alle prese con i problemi, le fisime, l’insistenza o l’indifferenza del coniuge, dei figli, dei genitori anziani.
E’ urgente imparare a gestire questi confronti, a non viverli solo come un peso ma anche come un’opportunità: opportunità che nasce dalla nostra capacità di accogliere le differenze di cui gli altri sono portatori.
E’ dalla differenza che nasce tutto quanto ci circonda: i nostri figli non sono uguali a noi e noi non siamo uguali ai nostri genitori; nostra moglie, nostro marito sono nati o hanno origini in altre regioni d’Italia, diverse dal luogo dove abitiamo; noi stessi, per motivi di lavoro, ci siamo trasferiti lontano dai luoghi della nostra infanzia.
Il cambiamento e la diversità, anche se sovente indesiderati, fanno da sfondo alla nostra vita: accoglierli diventa una necessità vitale.
Questo piccolo sussidio vuole fornire piste, tracce a tutti coloro che vogliono aprirsi all’accoglienza e fare tesoro della diversità.
In appendice sono suggeriti alcuni metodi di lavoro per riprendere a livello di gruppo, ma anche di singolo o di coppia, i temi affrontati nelle diverse riflessioni.
Torino, ottobre 2002
Noris Bottin, presidente associazione Formazione e Famiglia
CAPITOLO 6
INDICE:
6.0.0 Premessa per l’Animatore
TAVOLE E GRAFICI
6.1.0 Accoglienza
6.2.0 Esercitazione su: so vedere nel cuore dei fratelli?, e ... nel mio?
6.3.0 "La Bibbia ci propone..":Dio vede nel mio cuore!, ... io cerco di vedere nel Suo? La preghiera esicasta.
6.4.0 Conclusioni dell’incontro
6.5.0 Da Partecipanti ad Animatori
In questa nostra epoca, che qualcuno ha definito dell'individualismo di massa, il singolo individuo rischia di perdersi. E soprattutto chi sta crescendo. L’individualismo di massa propone un punto d'arrivo, una meta, che viene definito in vari modi, da benessere a ricchezza e potere, a vita tranquilla e senza pensieri. Ma questo obiettivo non basta a orientare.
Per noi adulti è spesso difficile comprendere i segnali di disagio che i bambini e i ragazzi manifestano... quante volte alla domanda di rito "come stai?" il bambino risponde bene anche quando è visibilmente agitato, in imbarazzo o comunque in difficoltà? Probabilmente sempre. Non è infatti nella comunicazione verbale intenzionale che si possono rintracciare questi segnali ed è per ciò che il comportamento risulta un osservatorio privilegiato.
SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI
Chi lavora nella scuola vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola giornata.
(Terza parte)
Proprio per "parcheggiare" i figli, in realtà metropolitane come quella di Collegno (To), sempre più famiglie scelgono il tempo prolungato: "Vedo quotidianamente dei bambini stressatissimi, che stanno a scuola dall'alba al tramonto, mentre a casa si limitano a cenare. Sono così abituati ad essere "gestiti" dagli adulti in ogni singolo momento della giornata, che all'intervallo sono allo sbando, perché quasi non sanno muoversi da soli".
Quella descritta da Pent è una realtà particolare o caso emblematico? A Reggio Emilia, dove hanno gli asili d'infanzia più belli del mondo, insegna Giuseppe Caliceti: "Temo che, se non è la norma, è comunque una situazione diffusa. I bambini non hanno occasione di compiere esperienze legate all'autonomia e quindi alla frustrazione nei rapporti. Non è giusto che ci sia sempre un regolatore, un giudice, un adulto che ogni volta appiani le difficoltà". Perché accade questo? " se è presente un adulto, il bambino è portato a fare cose che fanno piacere all'adulto. C'è una preoccupazione eccessiva da parte dei genitori, soprattutto di quelli italiani. In una realtà multietnica come è sempre più quella della mia città, constato che le mamme arabe, africane o sudamericane tendono ad assegnare più responsabilità ai bambini, sono meno apprensive, per esempio li mandano a scuola da soli".
Anche Caliceti punta l'indice contro il tempo prolungato: "Otto ore al giorno tra le mura scolastiche sono quasi peggio del lavoro minorile agli albori della rivoluzione industriale, anche se ovviamente oggi non si tratta di sfruttamento ma di formazione".
Infine, Beppe Sabaste, docente all'Università di Parigi, ma anche in un istituto d'arte a Parma, sostiene che il problema del tempo libero dei ragazzi va affrontato nell'ambito di un discorso più ampio sull'intera società: "In questo non c'è separazione tra giovani e adulti. La nostra è una società che ha paura del tempo morto, "disoccupato". Si ha timore di un tempo in cui tutto è possibile, anche non fare niente. La società in cui viviamo tende a riempire ossessivamente il tempo con cose organizzate. Per gli adulti è senz'altro così". E per i ragazzi? "Sono più ottimista. Incomincio a notare persone che si sottraggono a questa tendenza. Gli adulti sono più timorosi, ma tra i giovani ce ne sono molti che rifiutano l'equazione "tempo uguale consumi".
Mi sembra di assistere agli inizi di una grande liberazione, a una riappropriazione del tempo dopo la sua saturazione". Conosciamo bene Beppe Sebaste come un intellettuale sempre acuto e penetrante nelle sue analisi. Ci piace dunque concludere con una sua nota di speranza, che vede per protagonisti proprio i ragazzi.
Roberto Carnero
SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI
Chi lavora nella scuola vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola giornata.
(Seconda parte)
Alessandro Tamburini, che insegna in un istituto tecnico di Trento, parla di una sostanziale carenza di tempo libero: "Nei colloqui con i genitori noto come questi ragazzi non abbiano tempo per se stessi, essendo le loro giornate fittamente occupate dallo studio, dallo sport, da corsi di vario genere". Non esiste dunque alcuno spazio di libertà? "Forse la musica è un'attività scelta autonomamente, una delle poche davvero libere. Dico sia ascoltarla che farla, con gli amici, con gruppi che nascono a partire da un'autentica passione". Tamburini evidenzia poi un aspetto positivo della provincia: "I ragazzi che vengono dai paesi perdono molto tempo nel viaggio, ma guadagnano anche qualcosa, perché lì esiste un tempo libero legato al territorio, per esempio nel rapporto con la natura, che i loro compagni cittadini non conoscono".
Marco Lodoli, che insegna in un istituto superiore della Capitale, parla dell'incapacità dei ragazzi di stare soli: "Mi sembra che non sappiano vivere quei momenti di solitudine formativa così importanti per crescere. Affrontano la solitudine con angoscia. Non vogliono stare soli, e, quando capita, lo vivono come una condanna, non come una fortuna". In passato era diverso? "Credo di sì. Ricordo che da ragazzo avevo il piacere di chiudere la porta della mia stanza per viaggiare in spazi poetici e malinconici. Oggi quest'attitudine è scomparsa e al massimo viene vissuta come una sorta di domicilio coatto".
Ma non sarà un po' colpa dei genitori? Per Paola Mastrocola, insegnante alle superiori a Torino, è proprio così: "Sono gli adulti ad avere paura della noia dei propri figli. Di fronte alla frase di un figlio, "Mamma, non so cosa fare", noi adulti andiamo nel pallone. Se avessi la pazienza di aspettare mezz'ora, vedremmo che nostro figlio troverebbe qualcosa da fare. E sarebbe qualcosa di suo, di creato da lui". Per la Mastrocola questo atteggiamento distorto dei genitori emerge con tutta evidenza in vacanza: "Abbiamo l'abitudine di portare in vacanza con nostro figlio un suo amico. È una sorta di prevenzione della noia. Facciamo venire l'amico con cui litigherà. Non le sembra che tutto ciò sia piuttosto bizzarro?"
Allora come dovrebbero comportarsi i genitori? Carmine Abate, che insegna alle medie nei pressi di Trento, suggerisce la chiave della piacevolezza come criterio per orientare i pomeriggi dei ragazzi: "Non è sbagliato introdurre delle attività organizzate, l'importante è che siano i diretti interessati a sceglierle e che non siano invece un'imposizione da parte dei genitori".
Per Abate va poi riscoperta la dimensione dello stare insieme: "Nelle grosse città è sempre difficile, ma bisognerebbe recuperare tutta una serie di cose semplici, come il chiacchierare, l'andare a passeggio con gli amici, il giocare in maniera spontanea, mentre oggi anche il gioco è sempre più pilotato dagli adulti".
Questi problemi, in realtà, iniziano già alle elementari, come confermano alcuni scrittori "maestri". Per Fulvio Panzeri, insegnante in Brianza, sono i genitori che, per necessità o comodità, delegano ad altri l'amministrazione del tempo libero dei propri: "Così spesso vedo bambini che svolgono attività non corrispondenti alle loro attitudini né ai loro desideri, quasi come se fossero stati messi in una sorta di parcheggio. Una salvezza da questi tour de force di tempo non più libero sono i nonni, con i quali si rafforza il legame affettivo dei piccoli. Anche se il rischio è che diminuisca il dialogo con i genitori".
Roberto Carnero
SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI
Chi lavora nella scuola vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola giornata.
"Sono un’insegnante di scuola media e sto avendo l’impressione sempre più forte che si parli troppo poco degli abusi psicologici e della sottile violenza sui sentimenti nei confronti dei minori."
Formare le coscienze non è impresa di poco conto. Lo sanno molto bene gli educatori e i genitori che sono alle prese con adolescenti da orientare nella vita sociale e con giovani che sono alla ricerca di forti motivazioni esistenziali.