SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI
Chi lavora nella scuola vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola giornata.
(Terza parte)
Proprio per "parcheggiare" i figli, in realtà metropolitane come quella di Collegno (To), sempre più famiglie scelgono il tempo prolungato: "Vedo quotidianamente dei bambini stressatissimi, che stanno a scuola dall'alba al tramonto, mentre a casa si limitano a cenare. Sono così abituati ad essere "gestiti" dagli adulti in ogni singolo momento della giornata, che all'intervallo sono allo sbando, perché quasi non sanno muoversi da soli".
Quella descritta da Pent è una realtà particolare o caso emblematico? A Reggio Emilia, dove hanno gli asili d'infanzia più belli del mondo, insegna Giuseppe Caliceti: "Temo che, se non è la norma, è comunque una situazione diffusa. I bambini non hanno occasione di compiere esperienze legate all'autonomia e quindi alla frustrazione nei rapporti. Non è giusto che ci sia sempre un regolatore, un giudice, un adulto che ogni volta appiani le difficoltà". Perché accade questo? " se è presente un adulto, il bambino è portato a fare cose che fanno piacere all'adulto. C'è una preoccupazione eccessiva da parte dei genitori, soprattutto di quelli italiani. In una realtà multietnica come è sempre più quella della mia città, constato che le mamme arabe, africane o sudamericane tendono ad assegnare più responsabilità ai bambini, sono meno apprensive, per esempio li mandano a scuola da soli".
Anche Caliceti punta l'indice contro il tempo prolungato: "Otto ore al giorno tra le mura scolastiche sono quasi peggio del lavoro minorile agli albori della rivoluzione industriale, anche se ovviamente oggi non si tratta di sfruttamento ma di formazione".
Infine, Beppe Sabaste, docente all'Università di Parigi, ma anche in un istituto d'arte a Parma, sostiene che il problema del tempo libero dei ragazzi va affrontato nell'ambito di un discorso più ampio sull'intera società: "In questo non c'è separazione tra giovani e adulti. La nostra è una società che ha paura del tempo morto, "disoccupato". Si ha timore di un tempo in cui tutto è possibile, anche non fare niente. La società in cui viviamo tende a riempire ossessivamente il tempo con cose organizzate. Per gli adulti è senz'altro così". E per i ragazzi? "Sono più ottimista. Incomincio a notare persone che si sottraggono a questa tendenza. Gli adulti sono più timorosi, ma tra i giovani ce ne sono molti che rifiutano l'equazione "tempo uguale consumi".
Mi sembra di assistere agli inizi di una grande liberazione, a una riappropriazione del tempo dopo la sua saturazione". Conosciamo bene Beppe Sebaste come un intellettuale sempre acuto e penetrante nelle sue analisi. Ci piace dunque concludere con una sua nota di speranza, che vede per protagonisti proprio i ragazzi.
Roberto Carnero