SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI
Chi lavora nella scuola vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola giornata.
(Seconda parte)
Alessandro Tamburini, che insegna in un istituto tecnico di Trento, parla di una sostanziale carenza di tempo libero: "Nei colloqui con i genitori noto come questi ragazzi non abbiano tempo per se stessi, essendo le loro giornate fittamente occupate dallo studio, dallo sport, da corsi di vario genere". Non esiste dunque alcuno spazio di libertà? "Forse la musica è un'attività scelta autonomamente, una delle poche davvero libere. Dico sia ascoltarla che farla, con gli amici, con gruppi che nascono a partire da un'autentica passione". Tamburini evidenzia poi un aspetto positivo della provincia: "I ragazzi che vengono dai paesi perdono molto tempo nel viaggio, ma guadagnano anche qualcosa, perché lì esiste un tempo libero legato al territorio, per esempio nel rapporto con la natura, che i loro compagni cittadini non conoscono".
Marco Lodoli, che insegna in un istituto superiore della Capitale, parla dell'incapacità dei ragazzi di stare soli: "Mi sembra che non sappiano vivere quei momenti di solitudine formativa così importanti per crescere. Affrontano la solitudine con angoscia. Non vogliono stare soli, e, quando capita, lo vivono come una condanna, non come una fortuna". In passato era diverso? "Credo di sì. Ricordo che da ragazzo avevo il piacere di chiudere la porta della mia stanza per viaggiare in spazi poetici e malinconici. Oggi quest'attitudine è scomparsa e al massimo viene vissuta come una sorta di domicilio coatto".
Ma non sarà un po' colpa dei genitori? Per Paola Mastrocola, insegnante alle superiori a Torino, è proprio così: "Sono gli adulti ad avere paura della noia dei propri figli. Di fronte alla frase di un figlio, "Mamma, non so cosa fare", noi adulti andiamo nel pallone. Se avessi la pazienza di aspettare mezz'ora, vedremmo che nostro figlio troverebbe qualcosa da fare. E sarebbe qualcosa di suo, di creato da lui". Per la Mastrocola questo atteggiamento distorto dei genitori emerge con tutta evidenza in vacanza: "Abbiamo l'abitudine di portare in vacanza con nostro figlio un suo amico. È una sorta di prevenzione della noia. Facciamo venire l'amico con cui litigherà. Non le sembra che tutto ciò sia piuttosto bizzarro?"
Allora come dovrebbero comportarsi i genitori? Carmine Abate, che insegna alle medie nei pressi di Trento, suggerisce la chiave della piacevolezza come criterio per orientare i pomeriggi dei ragazzi: "Non è sbagliato introdurre delle attività organizzate, l'importante è che siano i diretti interessati a sceglierle e che non siano invece un'imposizione da parte dei genitori".
Per Abate va poi riscoperta la dimensione dello stare insieme: "Nelle grosse città è sempre difficile, ma bisognerebbe recuperare tutta una serie di cose semplici, come il chiacchierare, l'andare a passeggio con gli amici, il giocare in maniera spontanea, mentre oggi anche il gioco è sempre più pilotato dagli adulti".
Questi problemi, in realtà, iniziano già alle elementari, come confermano alcuni scrittori "maestri". Per Fulvio Panzeri, insegnante in Brianza, sono i genitori che, per necessità o comodità, delegano ad altri l'amministrazione del tempo libero dei propri: "Così spesso vedo bambini che svolgono attività non corrispondenti alle loro attitudini né ai loro desideri, quasi come se fossero stati messi in una sorta di parcheggio. Una salvezza da questi tour de force di tempo non più libero sono i nonni, con i quali si rafforza il legame affettivo dei piccoli. Anche se il rischio è che diminuisca il dialogo con i genitori".
Roberto Carnero