SCENARI DI REALTÀ GIOVANILI
· "Venite fuori, se ci siete!" · Una generazione invisibile? · Giovani
"contro", giovani "senza", o giovani "dentro"? Comunque, giovani
"ricchi", che cioè vivono spesso in uno scenario di ricchezza · Un’alleanza educativa per progettare, insieme, il futuro…
L’intervento del commissario europeo Mario Monti ha animato l’estate del 1998. Ecco le sue parole: "Vedo
che si parla di sciopero generale, ma io dico che se c’è uno sciopero
che sarebbe giustificato, dovrebbe essere lo sciopero generazionale.
Senza cambiamenti radicali i giovani di questo Paese andranno incontro
a un futuro con garanzie e speranze lontane da quelle di loro coetanei
europei". Strano, avrà forse pensato qualcuno, un esponente della generazione dei "vecchi" sollecita i giovani alla ribellione?
Una fotografia sfuocata
Fino a qualche tempo fa la tendenza era
quella di addomesticare le nuove leve: "dobbiamo farli stare buoni",
esortava un Preside di un Istituto superiore della mia città all’inizio
degli anni ’80, presentandomi le classi della sua scuola. Ora no. Li
provochiamo: "Venite fuori, se ci siete!". A noi piacerebbe avere una
fotografia nitida dei giovani, specie quando questi giovani sono i
nostri figli. Invece la fotografia è sfuocata. A volte non si riesce
neppure a scattare un fotogramma: scappano, si sottraggono ad ogni
indagine. Che rabbia!
* * *
Oggi, anche il genitore più sprovveduto non potrebbe
far proprie le parole che cent’anni fa Collodi metteva in bocca a
Geppetto per giustificare la sua voglia di un figlio: "ho pensato di
fabbricarmi da me un bel burattino di legno; un burattino meraviglioso,
che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali… Con
questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane
e un bicchiere di vino…". Già allora, quella semplicistica previsione
si trasformava in pinocchi, in una odissea tra generazioni che si
allontanano per poi ritrovarsi del tutto diverse dalle aspettativa
iniziali. Figuriamoci oggi. Basta pensare alle nostre attese davanti
alla culla in cui la sera adagiavamo i nostri figli: molto è cambiato
sia in noi che nella società intorno a noi.
Scioperare, perché mai?
Se scioperare significa "astenersi dal
lavoro" è chiaro come l’astensione proclamata dal professor Monti è
stata soprattutto uno stimolo alla riflessione sui temi del lavoro e
della previdenza. Da quell’intervento sono nati contributi che, da
diverse angolazioni, hanno analizzato questa "generazione invisibile"
(I. Diamanti). Abbiamo letto di "gioventù punita", di "eterni Peter
Pan", di "tribù di formiche", di "generazione senza"… Anche se per poco
tempo, i giovani sono stati all’attenzione dei mass media.
* * *
Scioperare significa anche esserci, agire contro
qualcuno o qualcosa, in una forte contrapposizione di interessi o di
valori. Ma i nostri figli –parliamo tra genitori ed educatori
occidentali- possono essere definiti "figli contro"? Non sono piuttosto
figli "nati per comprare", secondo un’espressione di Nadine Gordimer?
Da qualunque posizione ideologica li guardiamo, si può dire che i
giovani di fine millennio non sono nati per essere "contro". Sono
giovani che si ritrovano con molte possibilità fin dalla nascita:
studiano, si incontrano con coetanei di paesi lontani, hanno occasioni
molto più ampie rispetto a quelle di giovani di inizio secolo o anche
solo di cinquant’anni fa. Sono giovani "dentro". Spesso annoiati per le
troppe occasioni a disposizione e che godono, in prevalenza, di risorse
economiche rilevanti: giovani ricchi che partecipano al consumo di
ricchi genitori. Questi consumano 16 volte tanto rispetto ai genitori
dei paesi poveri…
Il "Rapporto sullo sviluppo dell’Umanità del1998"
del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite elenca i consumi dei
ricchi rispetto ai poveri del mondo.
Carne, 11 volte tanto.
Pesce, 7 volte tanto.
Carta, 77 volte tanto.
Linee telefoniche, 49 volte tanto.
Automobili. 145 volte tanto.
Energia, 17 volte tanto.
Consumo complessivo, 16 volte tanto, appunto.
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I giovani italiani vivono in questo scenario di
ricchezza, anche se con en noti divari tra zone geografiche, specie tra
Nord e Sud. Sono poi cresciuti, in prevalenza, secondo la filosofia del
riscatto: "Mio figlio non deve patite quello che ho subìto io!". Gli
assetti economici e sociali del nostro paese sono profondamente
cambiati in 60 anni; basti ricordare il grande balzo in avanti compiuto
dall’economia italiana negli anni ’50 e ’60, con tassi di crescita del
reddito vicini al 6% pari a quelli della Germania e secondi solo al
Giappone: il cosiddetto "miracolo italiano", fatto di una felice
congiuntura internazionale, ma anche del tenace lavoro di tanti papà e
mamme che, impegnandosi anche il sabato e la domenica, sono riusciti a
conquistare un lavoro, la casa. Una posizione economica tranquilla. Il
tutto con una velocità mai registrata prima: ci dicono gli esperti che,
nel solo quindicennio 1948/1963, i consumi degli italiani sono
raddoppiati. E’ quello il periodo in cui le cucine all’americana
soppiantavano le madie, e il festival di Sanremo diventava l’argomento
principale nelle fabbriche e negli uffici.
* * *
Questo passaggio rapidissimo da una realtà agricole
ad un assetto post-industriale, giocato sul terziario avanzato che
spinge continuamente alla ricerca, al nuovo e alla mobilità, spiazza
soprattutto i grandi: "Ma come? Ho trovato un lavoro qui, vicino a
casa… Non è possibile che mio figlio debba trasferirsi per trovare uno
straccio di occupazione!". Se poniamo poi attenzione agli intrecci tre
stati, nazione ed etnie che si stanno verificando sentiamo quasi paura
ad "uscire di casa"… Di qui la prassi, non sempre necessitata, di
tenere a lungo i figli in casa, in attesa del posto "giusto". L’invito
del commissario Monti ha avuto il pregio di porre l’attenzione sul
ruolo che deve essere assicurato alla nuove generazioni in una società
che è profondamente cambiata; non possiamo fare dei nostri figli dei
"panchinari", né possiamo esserne i tutori a vita.
L’alleanza educativa
"… seguirono le pietruzze, che brillavano
come monete nuove di zecca e mostravano loro la via.
Camminarono tutta la notte
e allo spuntar del sole arrivarono alla casa paterna (…)
Quando sorse la luna, si alzarono,
ma non trovarono più neanche una briciola:
le avevano beccate i mille e mille uccellini
che volavano per campi e boschi (…)"
(Hansel e Gretel).
C’è , a volte, nei genitori, un conflitto: da un
lato la tentazione di abbandonare i propri ragazzi nel "bosco" della
vita e, dall’altro, il desiderio di esserne un eterno scudo. Càpita di
capire ben poco della confusione che si sente, e si vive, camminando
ogni giorno sulle strade. "Papà, vado al cinema con gli amici" - ci
avverte deciso nostro figlio adolescente. Le risposte possibili:
"Va bene";
"No, stai a casa";
"Che film è? Prima lo vediamo io e tua madre… leggeremo qualche recensione… Poi ne parleremo insieme e decideremo".
E’ quest’ultimo l’atteggiamento educante, dove
l’adulto svolge la sua funzione di aiuto e consente il passaggio ad un
gradino superiore del rapporto genitori/figli; da dispensatori di
servizi (l’abitazione, il cibo, gli svaghi…) ad alleati nell’elaborare
risposte alle domande della vita. Si comincia anche da qui a rimediare
al ritardi con cui i giovani sembrano affrontare gli snodi tipici della
vita rispetto al passato: l’uscita da casa, il lavoro, il matrimonio, i
figli (M. Livi Bacci).
Questa alleanza ha, ovviamente, anche un versante
politico per riportare ad un equilibrio fisiologico il rapporto tra le
generazioni: le politiche, giovanili, da più parti invocate, possono
aiutare in questa direzione, facilitando l’ingresso nel mondo del
lavoro e consentendo l’accesso al credito e alla casa.
* * *
Ciò che i nostri ragazzi reclamano, spesso con un
silenzio immusonito, è potersi confrontare con dei "grandi" credibili,
ovvero con adulti che non chiudono loro la bocca invocando un desueto
"principio d’autorità". Ma nemmeno si mettono a fare i "pari età". Se
ci interessano i giovani d’oggi non è solo per ottenerne un quadro
d’insieme per una "foto ricordo", ma per capirne le domande: le più
importanti sono quelle che chiedono motivazioni e storia agli
adulti. Vogliono infatti confrontarsi con gli stili, gli atteggiamenti
e i valori dei grandi. Reclamano di sapere dagli adulti la ragione
delle scelte, personali e sociali, che sono state compiute. Vogliono
essere aiutati a capire che cosa è accaduto prima di loro. Altrimenti
non avranno né sassolini né briciole da seguire. E senza un passato è
difficile progettare un futuro.
GIORGIO NOTARI
Avvocato - Direttore del Consultorio familiare e prematrimoniale
Diocesi di Reggio Emilia
(da "famiglia domani"2/99)