Vita nello Spirito

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Mercoledì, 19 Novembre 2008 00:34

Il giudizio del re (Giovanni Vannucci)

Il Regno di cui Cristo è il Re è una conquista interiore che si effettua nella carne e che, mediante il tempo, si afferma nell’eternità. La lotta per il Regno è tutta qui, come il Giudizio del Re Giudice è tutto qui!

Mercoledì, 19 Novembre 2008 00:18

Il XV Dalai Lama sarà eletto? (Laurent Deshayes)

Una elezione come quella dei Papa per designare il suo successore, è la proposta fatta dal XIV Dalai Lama, il 27 novembre (2007) dopo un summit inter-religioso tenutosi a Amristar. Reazione immediata del ministro cinese degli Affari Esteri. "La reincarnazione d’un budda vivente è la sola via di successione. I commenti del dalai-lama violano rituali e convenzioni. storici". Il futuro Dalai-lama, il XV, sarà eletto?

Mercoledì, 19 Novembre 2008 00:08

Virtuali e scontenti (Frei Betto)

Cerchiamo la felicità. E pensiamo di trovarla nei beni di consumo o nei mondi di Internet. In verità, ci stiamo rimbecillendo tutti. Dovremmo fare più spesso “passeggiate socratiche”.

I libri profetici sono considerati dalla maggior parte dei critici moderni il punto più alto della rivelazione, dell’esperienza religiosa di Israele e della Teologia dell’Antico Testamento. Eppure è difficile delineare le origini della rivelazione profetica. Ciò che si conosce della profezia più antica indica che il punto più alto della rivelazione biblica proviene da origini umili e persino poco dignitose.

L’enfant terrible del cristianesimo
di Daniel Marguerat *


In un recente, illuminante libretto, Daniel Marguerat ritorna sulla modernità di Paolo, l’enfant terrible del cristianesimo. Spirito dottrinario, tono ruvido, antifemminismo… non avrebbe sviato il puro messaggio di amore di Gesù in una opprimente dottrina del peccato? Già durante la sua vita, questo rinnegamento del giudaismo irritava. Oggi, molti cristiani lo hanno accantonato, e credono senza Paolo o malgrado lui. Chi legge ancora la corrispondenza di questo apostolo poco amato? Chi coglie l’importanza della “giustificazione secondo fede” o della “salvezza al di fuori delle opere della Legge”? Tuttavia, senza di lui, senza il suo genio a formulare le verità essenziali del cristianesimo, la cristianità sarebbe rimasta un’oscure setta. Senza di lui, duemila anni fa, il messaggio di Cristo non avrebbe infiammato il mondo intero. Se si vuole comprendere la rivoluzione che ha rappresentato nel I secolo lo slancio della fede cristiana, non si può evitare di leggere, e di voler comprendere, questo gigante definito talora il “fondatore del cristianesimo”. Non senza fondamento: egli fu, più di chiunque altro, fondatore di comunità.

Mercoledì, 05 Novembre 2008 00:48

Nell'ora oscura dell'alba (Pedro Casaldáliga)

Un mondo migliore è possibile

E’ iniziato da due anni il secolo XXI e il mondo continua ad essere crudele e solidale, ingiusto e fiducioso. C’è ancora la guerra e c’è l’impero, e l’impero ha inventato la guerra preventiva. Il mondo si divide ancora almeno in tre: Primo, Terzo e Quarto.

Mercoledì, 05 Novembre 2008 00:30

I figli di re Salomone (Enrico Casale)

Per millenni hanno vissuto in Etiopia difendendo la loro identità da discriminazioni e pogrom. Con due ponti aerei nel 1984 e 1991, il governo di Tel Aviv li ha portati in Israele. Oggi i beta Israel si sentono a tutti gli effetti cittadini israeliani, anche se la loro integrazione non è stata (e non è) semplice.

Visione e formazione dell'uomo


 nel capitolo VII della Regola di S. Benedetto

Il cammino per arrivare all’obbedienza
 come espressione di libertà

Riflessioni di Dom Denis Huerre abbate emerito Pierre-qui-vivre e preside emerito della Congregazione Benedettina Sublacense



(seconda parte)

Nella vita monastica, come in ogni forma di vita, c’è un pericolo. Non c’è vita senza pericolo. Il pericolo della vita monastica cenobitica mi sembra consistere, soprattutto per i giovani, nel fare le cose per “voler piacere” all’abbate, al maestro. E questo succede ancora oggi, dopo il 68. La vita monastica comincia per tutti con alcuna forma di regresso psicologico: è un passaggio obbligatorio. Ciò avviene anche per le persone entrano adulte (ad esempio il padre P. Adalbert De Vogüe, entrato alla Pierre-qui-vivre all’età di 63 anni Pur essendo un uomo di grande esperienza, con un aspetto imponente, una lunga vita dietro le spalle, veramente “uomo” di valore, ha cominciato inevitabilmente per diventare come un bambino). E’ inevitabile che ci si trovi a dover percorrere un cammino all’indietro.

Anche il Vangelo domanda di diventare come un bambino: ma cosa vuol dire? È facile glossare il Vangelo. Diventare un bambino in senso evangelico non significa vivere un regresso psicologico ed essere puerili, ma diventare “figlio”. Quindi anche i postulanti che entrano adulti passano per un pregresso psicologico, ed i giovani ancora più spesso: ma è normale, non è grave. Se il maestro dei novizi, se l’abate sono un poco coscienti della vita e sanno il loro lavoro, non è grave. Anzi, questa tappa può essere un aiuto per i nuovi monaci per capire il loro legame con Cristo, per essere vicini a lui e fare tutto per amore, attraverso il suo vicario. Succede così in ogni lavoro; quando un uomo comincia ad avere un maestro, nella vita, nell’università, dappertutto, involontariamente si atteggia a discepolo, e un discepolo è normalmente pieno di gioia nell’aprirsi, nell’imparare cose nuove ecc. Purtroppo, si perde anche un po’ della propria libertà. Soprattutto quando l’abate, come normalmente succede, è un uomo buono; e quando il maestro dei novizi oltre ad essere buono non cerca come principio di trovare il candidato. Per i nostri monasteri, un postulante è un uomo prezioso, e facciamo tante cose per lui: è una grande gioia accoglierlo, e facciamo bene il nostro lavoro. Io ero già adulto quando sono entrato alla Pierre-qui-vivre (avevo fatto il militare, la guerra, ecc.) fui sorpreso e contento di essere stato preso al mio prezzo, preso sul serio.

Dunque è inevitabile che novizi passino per un momento di regresso psicologico: la gioia è grande, tutto è facile, si fanno le cose per piacere a Dio, per piacere all’abate, per piacere al maestro, per piacere alla comunità (bisogna infatti passare per la votazione della comunità!). Così tutto contribuisce perché ci sia effettivamente tale regresso.

Dunque l’arte spirituale del maestro dei novizi, dell’abate consisterà nell’approfittare di questa situazione per lo sviluppo spirituale dei monaci. Senza favorire ritorni infantili ma promuovendo un’autentica maturità umana e spirituale, cercando soprattutto di cambiare il legame che si crea con il maestro e con l’abate in un legame col Cristo, nella fede. Non è semplice: ma si tratterà realmente di fare un “transfert”, che all’inizio si è fatto da Dio all’abate e che deve passare dall’abate a Cristo. Si tratta di avere molto “ fiuto” per far evolvere e maturare il rapporto in crescita di fede, di speranza e di carità autentiche. Comunque, questo momento di trasferimento vero tra l’abate e il maestro al Cristo Gesù non è facile.

In pratica, come fare? I monasteri non sono tutti uguali, gli abati e i maestri non sono tutti uguali. Per il nostro monastero della Pierre-qui-vivre, ho pensato che sarebbe stato bene diminuire la separazione tra i novizi e la comunità. Da noi era molto forte e perdurava per otto anni, cioè per tutto il tempo degli studi. Era anche positivo, perché il gruppo delle noviziato diventava solido e coerente, ma era un rischio perché il novizio restava un po’ troppo a lungo lontano dalla comunità. Abbiamo cercato di favorire l’inserimento dei novizi nella comunità, oppure di dare abbastanza in fretta degli incarichi, perché emergessero la personalità, le difficoltà dei giovani, ecc. E’ anche un modo per essere favorevoli all’uomo, perché diventi adulto e manifesti la propria fede in Gesù Cristo. Non deve cercare di piacere soltanto all’abate o ai fratelli, ma a Cristo, e nel desiderio di piacere non soltanto all’uomo, ma a Dio, l’obbedienza si matura. È un momento difficile. Non so come voi l’avete vissuto. Il periodo che succede alla professione solenne, nell’inserimento pieno nella comunità, è un momento di crisi: quanto tutto è fatto, tutte le tappe sono state percorse e non c’è più niente da aspettare. Ma allora l’obbedienza si mostra forte quanto più chiaramente la vita è vissuta nel deserto, nella solitudine, senza complimenti continui, e si fa più vera, più libera.

Il nostro compito di abati e di maestri dei novizi, non è semplice. Perché abbiamo rinunciato alla formazione di una famiglia, ed ora abbiamo, nella vita monastica, dei figli. In tutti noi il senso materno o paterno è fortissimo, ed è bene, è normale. Ma non deve costituire un pericolo spirituale per i nostri fratelli. E quindi noi dobbiamo ….. allontanarci, lasciarli alla loro solitudine, vivere un rapporto con dei fratelli più che con dei figli. L’obbedienza può diventare per noi tentazione di proprietà.

Certo, una paternità-maternità spirituale autentica, se è pura, se è veramente spirituale, è importantissima. Ma è difficile viverla. È già difficile per dei genitori avere un affetto uguale per tutti i bambini, e quando parlano francamente loro stessi dicono che hanno delle preferenze e devono vivere una ascesi. E per noi lo è ancora di più. È inevitabile avere delle preferenze, ma il diventare “ padre spirituale” per tutti domanda un grande spogliamento. Il cuore umano è così ricco, ma così complesso, così sottile… ed è la sua bellezza. Non si tratta di diventare persone aride, indurite, senza amore, senza sensibilità … ma essere liberi. Anche San Benedetto ammette che è possibile non avere preferenze, ed esplicita: si preferisca solo chi è pronto all’obbedienza e a tutte le cose. Ma quando una persona veramente generosa, libera, tutti la amano, e la ragione è veramente autentica. Le preferenze istintive hanno altre radici: affinità intellettuali o sensibili… attenzione a non diventare “ maestro” dell’altro in senso di “ padrone “ della vita spirituale dell’altro. Sappiamo tutti che non è facile avere un cuore di monaco che preferisce assolutamente a tutto soltanto Gesù Cristo.

Si tratta dunque di crescere nell’apertura verso tutti, in primo luogo verso l’abate che costituisce il centro della vita del monastero, ma anche verso tutti i fratelli... Il concetto di passaggio, di transfert è illuminante, ed è fondamentale per illustrare il ruolo dell’autorità, nell’obbedienza.

Non sono un tecnico della psicanalisi, ma chi si è sottomesso a una analisi dice che molto rapidamente ha origine un “transfert” tra il malato, l’analizzato, e l’analizzante. Avviene molto spesso anche tra un malato e un medico qualsiasi. Un trasferimento è ricco di significato: dice l’esistenza di un bisogno, di una mancanza. Il bisogno dl essere ascoltato, di essere considerato, per se stesso. E’ un trasferimento irreale, il più delle volte, cioè unilaterale; il malato non conosce bene il medico e lo immagina, crea una immagine di uomo buono tutto disponibile per ascoltarlo. L’arte del medico consiste nel non cadere nella trappola, ma di aiutare in quella situazione il malato, attraverso la terapia.

La stessa cosa può succedere tra noi. L’obbedienza sembra essere un problema non soltanto per il monaco, sia novizio o professo, ma anche per l’abate e per il maestro. Perché l’obbedienza è una relazione tra Dio e il monaco. L’abate o il maestro, come mediatori nella relazione, non devono cambiare la relazione, facendola diventare relazione pura e semplice fra il novizio o il professo con l’abate o con il maestro. Siamo dei mediatori, per permettere al monaci di andare al di là, a Dio. Il trasferimento può avvenire in due sensi: il monaco sul superiore e il superiore sul monaco.

P. Congar dice che la grazia di Dio non rende gli uomini figli, ma fratelli Nella Chiesa ci sono soltanto dei figli di Dio e tutte le altre relazioni sono soltanto fra fratelli. Dunque se il transfert avviene - ed è un momento di passaggio normale - il vero maestro, il vero abate ne hanno coscienza e devono cercare di trasformare la relazione in vera relazione tra il monaco e Dio. Ed è difficile: bisogna radicarsi nella realtà.

Nella relazione tra l’uomo e Dio c’è essenzialmente una grande differenza. La relazione tra il monaco e un altro monaco, è diversa: relazione fraterna, relazione di eguaglianza, come la relazione di cui parla Elredo, l’amicizia. Si dà amicizia quando due persone sono a uguale livello. Nella vita cristiana, siamo tutti uguali, ed è una vita di amicizia: non c’è più uomo e donna, greci ed ebrei, schiavi e liberi. Ma tra Dio e noi, c’è sempre una differenza, un livello diverso di essere, e non è assolutamente possibile essere eguali. E l’abate e il maestro devono permettere alla relazione tra il monaco e Dio di essere vera. Per il monaco, è un atteggiamento di adorazione verso Dio; l‘amore è nell’adorazione, nel rispetto della differenza. E’ allora è possibile che la relazione evolva: che l’abate, il maestro e il monaco siano a poco a poco divenuti eguali. Nasce allora un altro tipo di relazione, che non è possibile all’inizio della vita monastica.

Penso dunque che nella vita monastica sia possibile una grande amicizia tra i professi, tra l’abate e il monaco: ma non all‘inizio, quando l’abate e il maestro sono troppo maestro ed abate e devono essere cosi, proprio per lo sviluppo della relazione tra Dio e il monaco. Dunque, nell’educazione all’obbedienza l’abate e il maestro devono entrare nella relazione tra Il monaco e Dio come strumenti di Dio. E non devono domandare per obbedienza cose che possono forse essere ottenute ad un altro livello.

Tutto si fa, comunque, quando il cuore è buono, quando non è centrato su di sè al centro di tutte le cose. La vita più semplice di quanto appaia alla nostra riflessione. E a poco a poco la crescita nella, fede e nell’obbedienza autentica avvengono. Anche nei caso in cui l’abate non è ancora maturo perchè è troppo giovane, non importa, Dio usa comunque di lui per la crescita della comunità, e la fede dei monaci cresce.

(continua)

Martedì, 04 Novembre 2008 23:59

XXIV. La Chiesa Ortodossa di Finlandia

Le Chiese dell'oriente cristiano

La Chiesa Ortodossa di Finlandia





Sebbene sembra che i primi cristiani in Finlandia fossero bizantini, la maggior parte del paese ha ricevuto la fede cristiana secondo la tradizione latina attraverso l’attività di missionari svedesi. La provincia finnica di Karelia, tuttavia, fu evangelizzata da monaci bizantini dell’antico monastero di Valamo, situato in un’isola del Lago Ladoga.

Nel sec. XIII la Finandia fu terreno di lotta tra i cattolici svedesi e la Russia ortodossa. Gli svedesi guadagnarono il controllo di buon parte della Finlandia, ma la Karelia cadde sotto il controllo russo.

Nel 1617 anche la Karelia fu presa dagli svedesi, che nel frattempo avevano aderito alla fede luterana. Gli svedesi perseguitarono gli ortodossi, ma le cose migliorarono alla fine del secolo.

La Karelia fu nuovamente occupata dalla Russia nel 1721 e nel 1809 lo Zar conquistò tutta la Finlandia, che diventò un granducato autonomo dell’impero russo. Verso la fine del sec. XIX gli ortodossi della Karelia cominciarono ad imporre la propria identità nazionale. La liturgia e molte opere spirituali e teologiche ortodosse vennero tradotte in finnico, che rimane il linguaggio liturgico di questa Chiesa.

Nel 1917 la Finlandia si rese indipendente dalla Russia e nel 1918 gli ortodossi finlandesi si dichiararono chiesa autonoma rispetto a Mosca; il Patriarca Tikhon di Mosca riconobbe il suo stato di autonomia nel 1921. Nel 1923 la Chiesa ortodossa finnica fu ricevuta dal Patriarca di Costantinopoli come una chiesa autonoma.

La guerra tra Finlandia e Unione Sovietica (1939-1940) e la susseguente annessione di buona parte della Karelia all’URSS comportò la perdita del 90 % delle proprietà appartenenti alla chiesa Ortodossa finnica. Molti ortodossi finnici furono trasferiti in altre parti della Finlandia e vi iniziarono una nuova vita.

Nel 1957 il Patriarcato di Mosca riconobbe l’autonomia della Chiesa ortodossa finnica sotto il Patriarcato Ecumenico. Nel 1980 l’Assemblea Generale della Chiesa ortodossa finnica votò per avere lo stato autocefalo dal Patriarcato Ecumenico, ma la proposta non ha avuto alcun seguito.

La storia del monachesimo ortodosso finnico è lunga, ma i monasteri dovettero essere evacuati durante la guerra russo-finnica quando i Sovietici guadagnarono il controllo della regione. Il famoso monastero di Valamo fu rifondato a Heinaves (Finlandia centrale) sotto il nome di Nuovo Valamo. La comunità comprendeva anche monaci provenienti da altri monasteri della Karelia. L’ultimo dei monaci originari di Valamo è morto nel 1981. Anche il convento di Lintula è stato rifondato vicino al Nuovo Valamo. Oggi i due monasteri sono centri importanti della vita spirituale ortodossa finnica.


La disintegrazione dello Stato Sovietico ha facilitato il miglioramento delle relazioni tra le Chiese ortodosse finniche e russe. Nel 1994 sei gruppi pastorali, ciascuno capeggiato da un sacerdote, sono stati mandati dalla Chiesa finnica a prestare servizio per Natale e per la Settimana Santa nelle parrocchie ortodosse della sezione russa della Karelia. Nel settembre 1994 il Patriarca russo Alessio II ha visitato la Finlandia e ha ringraziato la Chiesa ortodossa locale per l’ospitalità concessa alla comunità di Valamo. La Chiesa finnica è ora impegnata nel restauro del monastero originale di Valamo in Russia.

Nel 1918 è stato fondato a Sortavala in Karelia un seminario ortodosso finnico, subito dopo l’indipendenza della Finlandia. Dopo che la città fu annessa dai Sovietici nel 1940, il seminario venne spostato a Helsinki. Nel 1957 fu trasferito a Humaljarvi, e a Kuopio quattro anni dopo. Fu ufficialmente chiuso nel luglio del 1988 per dare la possibilità di stabilire un dipartimento di Teologia Ortodossa all’Università di Joensuu, che entrò in funzione alla fine del 1988.

Quando è scelto un nuovo Arcivescovo di Finlandia, la sua elezione dev’essere confermata dal Patriarcato Ecumenico. I rappresentanti della Chiesa ortodossa finnica prendono ora parte alle attività pan-ortodosse con i delegati delle Chiese ortodosse autocefale.

Il governo della Finlandia riconosce la Chiesa ortodossa finnica come la seconda Chiesa nazionale, dopo la predominante Chiesa Evangelica Luterana. Questa è la sola Chiesa ortodossa che ha adottato le date occidentali per Pasqua e per le feste fisse.

Un calo demografico ha avuto luogo negli Anni 90, quando la popolazione ortodossa s’è spostata massicciamente verso Helsinki e le più popolate regioni meridionali del paese. Attualmente in Finlandia si contano 50 chiese circa e 100 cappelle con un totale di 25 parrocchie.


sito internet: http://www.ort.fi/en/index.php

Paolo ci insegna che ogni essere umano porta quel mistero nel proprio cuore e può illuminarlo con la luce di Cristo. “Il suo cuore era quello di Cristo, la cronaca dello Spirito Santo, il libro della grazia”, dice San Giovanni Crisostomo.