La festa nuziale
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Una festa a rischio ·
La nostra festa di nozze ·
E’ davvero una festa? ·
L’amore e la gioia, oltre il deserto…
Prima parte
Cana, piccola località della Galilea, un
paesino di montagna a quindici chilometri da Nazareth, sarà sempre
ricordata, finché durerà memoria d'uomo, per questo fatto che in sé non
ha nulla di straordinario: una festa di nozze che rischia di fallire,
una tranquilla gioia amicale e familiare - sostenuta anche da un buon
vino - che è in procinto di spegnersi, e due giovani sposi un po'
inesperti, che non hanno saputo prendere le misure giuste, destinati ad
una "brutta figura" ed a sopportare le critiche, quanto spesso acide e
malevole, degli invitati. Poi interviene Gesù, sollecitato da Maria, e
ridà senso e vigore a quella festa. Le ridona quelle caratteristiche
che ogni festa nuziale dovrebbe possedere: l'amore e la gioia. E’ il
vero "miracolo". Da una festa a rischio di fallimento, ad una ancora
più piena di quella sperata.
Forse era questo il discorrere (su cui evidentemente
nessun esegeta si sofferma, ma il cui contenuto è lasciato alla nostra
sensibilità emotiva; tra Maria, Gesù, i suoi fratelli e i discepoli nel
lungo cammino del ritorno, in quei poco più di 40 chilometri che
portano da Cana a Cafarnao, sul lago di Galilea, un cammino tortuoso,
impervio e faticoso, dove il parlare assume il significato profondo e
liberatorio dell'aprirsi reciprocamente il cuore, e fa apparire meno
aspra la fatica, e meno lontana la meta.
Anche la nostra rivista nell'anno 2000 vuole
idealmente ripercorrere quel cammino da Cana a Cafarnao. Riflettere non
solo sul tema delle nozze di Cana - colto nella prospettiva esegetica,
filosofica, teologica, pastorale - ma soprattutto su quella "festa
nuziale" di cui le nozze di Cana così come ci sono state tramandate
dall'evangelista Giovanni rappresentano un segno.
Una festa nuziale
Come spesso accade per gli scritti di
Giovanni, sarebbe vano ricercare nel noto brano delle nozze di Cana una
chiave di lettura storica, nel tentativo di ritrovare in esso quei
riferimenti di natura teologica ed etnologica atti a collocarlo
nell’alveo di una tradizione per poi collegarvi una concreta esperienza
di vita. La lettura del quarto Vangelo si situa prevalentemente su di
un piano teologico (anche se varrebbe forse la pena sollecitare una
lettura da parte dei teologi non sulla base della "loro" teologia, ma
cercando di entrare a fondo senza le loro precomprensioni teologiche
nella teologia di Giovanni) e gli elementi che in esso si evidenziano
hanno sempre un contenuto fortemente simbolico sul quale, di volta in
volta nel corso dell’anno, tenteremo di riflettere. Così il tema delle nozze,
secondo tutti gli esegeti, è figura dell’alleanza che Dio ha instaurato
col suo popolo, alleanza che Gesù sostituisce con una "Nuova Alleanza"
(ed è questa sintomaticamente la prima delle "sostituzioni" evidenziate
da Giovanni nel suo Evangelo: subito dopo l’episodio di Cana ci sarà
poi quello di Nicodemo in cui si manifesta la "sostituzione" della
Legge e poi ancora quello della Samaritana in cui viene significata la
"sostituzione" del culto…).
Mentre l’antica era fondata sulla Legge mosaica, la
nuova alleanza è fondata sull’amore, e simbolo di questo amore, e della
gioia ad esso collegata, è il vino. Viene subito in mente l’incipit del
Cantico: "Mi baci con i baci della sua bocca! / Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino…" (1,2).
E ancora, nello stesso poema, ma, quando durante la
danza a due schiere, tipica - anche se non esclusivamente - delle feste
nuziali, nel dialogo ideale che intercorre tra il coro e i due giovani,
la ragazza prorompe in un incontenibile grido d'amore verso il suo
innamorato: "Il tuo palato è come vino squisito, / che scorre dritto verso il mio diletto / e fluisce sulle labbra e sui denti..."
(7,10). Sì, una festa senza vino che festa è? Che festa è una festa
senza amore, quando non c'è la festa nel cuore, e i convitati sorridono
solo per buona educazione, o per ipocrisia? Anche se apparentemente la
festa riesce, c'è in essa una sorta di forzatura, di crisi di senso.
Solo l'amore è in grado di dare senso e pienezza alle cose, ad ogni
cosa, ad ogni avvertimento. Ed è quanto è venuto a fare Gesù.
Eppure, come dare colpe agli sposi che rimangono
senza vino, non sempre per negligenza, o per superficialità, per
presunzione, ma quanto più spesso per mancanza di risorse? Sovente
fanno quello che possono, e non rimane loro - per restare nella
metafora - che confidare nell'aiuto, nel buon senso, nella sensibilità
di chi hanno invitato alla festa... Anche noi ci ritroviamo spesso,
come loro, senza vino, sprovveduti e confusi... E allora, o cediamo al
non senso, desistendo dalla incessante ricerca del significato profondo
dell'esistenza, o accettiamo di riempire d'acqua le giare. Gesù
trasformerà quest'acqua in vino, perché è lui a dare pienezza alla vita
attraverso una relazione intima con Dio, realizzata nella relazione
intima tra un uomo e una donna che si vogliono bene, un amore i cui,
detto in linguaggio povero, non solo noi ma anche Dio ha bisogno per
continuare a vivere nel mondo.
A noi pare - e vorremmo bandire ogni intenzione
polemica - che all'interno della comunità cristiana quando si parla di
nozze, di matrimonio, di incontro di coppia, di due che si vogliono
bene insomma, ci sia ancora un po' la tendenza a mettere in evidenza i
compiti, i vincoli, i "paletti", gli aspetti morali (e frequentemente
moralistici) della relazione, a restare cioè sul piano dell'"antica
alleanza", dimenticandone o sottovalutandone gli aspetti ludici, di
festa, in definitiva di gioia. La felicità, il godimento anche fisico,
è stato spesso tabuizzato da una certa cultura cattolica, cd è un tabù
che da un lato molti di noi stentano a scrollarsi di dosso, e
dall'altro lato richiama, per reazione opposta, estreme banalizzazioni.
A dire il vero, è un rischio che a poco il poco pare vada
dissolvendosi, grazie anche al peso sempre maggiore che coppie mature e
responsabili rivestono nell'impianto e nella formulazione dei documenti
ecclesiali sul matrimonio e sulla famiglia, ma ci sembra che il cammino
sia solo iniziato. Occorre continuarlo.
Luigi Ghia
Asti
da "Famiglia domani" 1/2000