In libreria

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Spiritualità benedettina e cistercense

Veri e falsi religiosi
Testo estratto dal "parabolario"
di Galando di Reigny (1)
a cura di Sr. Giovanna Grazioli o. cist.



Galando di Reigny non è uno scrittore illustre, piuttosto potrebbe essere nominato come una persona di secondo piano nel campo della spiritualità del XII secolo. Secondo le sue due opere, Parabolario e Il piccolo libro dei proverbi, possiamo situare la sua attività scritturale in due diversi monasteri. Inizialmente, era membro d’un gruppo d’eremiti, fondato nel104, nella diocesi Autun (Francia), i cui fondatori erano preti ed uno si chiamava Gerardo. Si sono stabiliti in un luogo chiamato, Fontesme o Fontemoy, che vuoi dire: Fons humidus, fonte umida. Alcuni monaci e anche Gerardo sono morti a causa della loro permanenza in questo luogo malsano. Il successore di Gerardo, Giuliano insieme agli altri monaci chiese di entrare nell’Ordine Cistercensi affiliandosi a Clairvaux. San Bernardo accettò l’incorporazione scegliendo come abate il monaco Étienne de Torcy che trasferì il monastero sulla terra di Reigny, diocesi di Auxerre, nel 1134.

Galando scrive nel prefazio del libro Parabolario, di avere incominciato a scrivere secondo l’ordine dell’abate Giuliano, ma ora vuole continuare il suo scritto come monaco di Clairvaux. La seconda opera di Guglielmo, Il piccolo libro dei proverbi è dedicato a San Bernardo.

I veri e i falsi religiosi (2)

1. Si ascolta talvolta più volentieri ciò che si dice per mezzo di paragoni: per dono di Dio, abbiamo dunque composto la seguente parabola che ha per soggetto i veri e i falsi religiosi

Essendo studente (A) e percorrendo (B) numerose province con lo scopo di istruirmi, arrivai con lo spirito in una città (C) abbellita da edifici numerosi e importanti (D). Dato che la percorrevo con occhio d’ammirazione, vidi due uomini (E) dall’aspetto rispettabile e con una grande personalità. lo mi avvicinai, mi sedetti al loro fianco e ascoltandoli parlare per lungo tempo, appresi dalle loro stesse parole che uno di loro era passato da una grande povertà (F) alla più grande ricchezza; l’altro invece era diventato molto povero da ricco che era (S). Stupefatto, domandai di essere informato circa la salita del primo e la caduta del secondo.

Quello che era giunto alla ricchezza rispose per primo:

«lo ero, disse, un ragazzo (I) povero (H); ora capitò che un uomo di questo paese, nobile e molto ricco (K) esortava la sua giovane figlia (L) a sposarsi, Ella gli rispose in questi termini: “Dato che devo obbedire ai tuoi ordini, padre caro, voglio che tu mi unisca a quel ragazzo povero - è di me che parlava - perchè è di animo dolce e umile (M). Se si tratta di ricchezze, grazie a te lo ricolmerò di beni sovrabbondanti: perché dovrei sopportare, per bramosia di ricchezza, un qualsiasi riccone orgoglioso e vizioso (N) col carattere che non si accorda col mio e che offuscherebbe alla lunga la nostra unione con litigi di coppia?”. Che dire di più? Con l’approvazione di suo padre, questa fanciulla molto illustre mi è stata data in sposa con una grande dote».

2. Prendendo la parola disse l’altro:

«lo, al contrario, sono nato da una nobile stirpe (O); un tempo ero molto ricco (P). Ascolta come sono caduto in povertà. Una giovane donna, una serva, si mise a frequentare la mia casa col pretesto di rendermi dei servizi. Questo servizio che all’inizio ho accettato come necessario, con retta intenzione, si è cambiato poco alla volta nel vizio della carne (Q). Perché dilungarmi? Vinto da un amore degradato, la presi in moglie (R). Subito, il suo padrone (5) mi rivendicò per servo e si mise a saccheggiare, a devastare, a dissipare i miei beni (T) di giorno in giorno. In breve, sono stato ridotto a una indigenza così grande che tutto il mobilio della mia casa, e gli stessi abiti che indosso, ad eccezione del mantello che, era magnifico, ora vale appena un soldo. Così non oso ricevere nessun ospite nella mia casa (V) per paura che veda la mia orrenda indigenza. Se talvolta mi capita dì dover accogliere uno, chiedo in prestito dei piatti, della biancheria e quanto è necessario (X), e davanti all’ospite dico che è tutto mio.

Dopo aver valutato un po’ la situazione dissi;

«Tu non sarai mai libero finché vivrà la tua sposa. Ricordati giorno e notte di domandare a Dio la sua morte. Quando la avrai ottenuta, rendi al suo padrone tutto ciò che hai acquistato con lei, e rinuncia così a lui. Se, anche dopo questa rinuncia, egli osasse rivendicarti o reclamarti, porta la tua causa davanti al giudice (Z), e grazie al suo appoggio potrai dimorare al sicuro».

3. Diciamo ora brevemente dove vogliamo arrivare.

Cominciamo dal principio: è discepolo spirituale chiunque si sforza di conoscere i precetti divini.

Inoltre quando si raffigura nel suo cuore la vita degli uomini religiosi che dimorano in diversi luoghi al fine di imitarli, li ricerca con lo scopo di istruirsi.

Ora, se guardiamo con lo spirito la situazione della Santa Chiesa, entriamo in una specie di città; in essa vediamo degli edifici numerosi e importanti quando riflettiamo sulle differenti categorie di fedeli. Quanto a questi due uomini che si distinguono dal loro aspetto, che brillano similmente ma vivono molto differentemente fra loro, sono due generi di religiosi: i veri e i falsi.

Esteriormente non sembrano differire quasi in nulla, ma interiormente sono così lontani l’uno dall’altro quanto la verità lo è dalla menzogna.

Quell’uomo molto nobile è Dio. Sua figlia, è la saggezza, perché ogni saggezza è dono di Dio. Desiderando sposarsi - cioè generare a Dio dei figli spirituali - essa cerca di unirsi non agli orgogliosi ma alle persone dolci, secondo le parole: «La saggezza proclama sulle piazze: se qualcuno è piccolo, venga a me» (cf. Pr 9,3-4).

A chi è privo di senno essa dice:

Suo marito, prima povero e poi ricco, indica coloro che, rinunciando alla vita del secolo dove erano privati dei veri beni e elevati dal loro matrimonio con la religione pura e la saggezza spirituale, abbondano di ricchezze interiori.

L’altro, al contrario, divenuto miserabile da glorioso che era, che non aveva che un mantello prezioso per coprire la vergogna della sua mendicità, rappresenta coloro che, essendo cresciuti nella miseria di una cattiva volontà dopo aver abbracciato la proposta della vita religiosa, cadono dalla cima della santità, come da una grande ricchezza, in una povertà interiore.

Agli occhi degli uomini, sembrano ancora stare in piedi tanto coprono la malizia del loro aspetto religioso di un tempo, conservato come un abito prezioso; ma agli occhi di Dio sono già caduti, dal momento che hanno abbassato il loro spirito ai desideri della terra, come è scritto: «Cadono ai suoi occhi tutti coloro che scendono nella terra» (Sal 21,30).

4. Essi hanno ammesso all’inizio i piaceri della cupidigia, in quanto necessari, come di una serva; poi si sono disonorati sposandola: consegnandosi così al potere del diavolo, sono spogliati da lui di tutti i loro beni spirituali.

Essi non osano introdurre nessun ospite nella loro casa, poiché evitano con la più grande cura di scoprire la malizia che si nasconde sotto il tetto del loro spirito.

Se capita di farne entrare uno, cercano gli ornamenti degli altri e dicono che appartengono loro: se qualcuno, infatti, indaga sui segreti della loro coscienza. Si vantano subito di possedere delle virtù che non hanno; così dicono proprio ciò che appartiene agli altri.

Non mettono il loro mantello che in presenza di un ospite o per uscire; profondamente viziosi interiormente, «cercano di sembrare giusti davanti agli uomini» (Lc 16,15).

lo ho dato questo consiglio: cercare di ottenere da Dio la morte della sposa cattiva, perché nessuno di loro potrà respingere il giogo del diavolo a meno che l’azione divina non spenga in loro la cupidigia di questo mondo.

Una volta avvenuta la sua morte per un dono di Dio, noi rendiamo in qualche modo al diavolo tutto ciò che abbiamo acquistato nello stesso tempo dalla cupidigia, ossia tutto ciò che il diavolo dà ai suoi servitori.

E così noi rinunciamo a lui. Infatti se la cupidigia di questo mondo è perfettamente morta nel nostro cuore, ben presto abbandoniamo tutti i nostri attaccamenti terreni; ma coloro che sono dominati dal «principe di questo mondo» (Gv 12,31), si impadroniscono immediatamente di ciò che noi rigettiamo. Quanto a noi, rinunciando al diavolo, sfuggiamo al suo dominio.

Se in seguito egli avesse la presunzione di reclamarci di nuovo, portiamo la nostra causa davanti al giudice supremo con la preghiera, «spandiamo la nostra preghiera sotto il suo sguardo ed esponiamogli le nostre tribolazioni» (cf. Sal 142,3) , ed Egli «ci libererà dai nostri nemici» (cf. Sal 135,24), Lui che vive e regna.....

NOTE

A. Alla scuola di Colui che dice: « Voi non avete che un solo Maestro» (Mt 23,8).

B. «Giro attorno al tuo altare e... », ecc. (Sal 26,6).

C. Ossia nella Santa Chiesa.

D. Ossia i diversi ordini della società.

E. Due generi di religiosi.

F. Ossia lo stato secolare.

G. Ossia lo stato religioso.

H. Ossia un secolare.

I. Ossia semplice di cuore e di una natura docile.

K. Ossia Dio.

L. Ossia la Sapienza.

M. Essa ricerca gli umili (cf. Sal 112,6).

N. «La sapienza non entra in un animo mal disposto» ecc. (Sap 14).

O. «Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio...» (1Gv 3,2)

P. Le virtù di Dio.

Q. Talvolta la cupidigia mondana si insinua poco alla volta nel cuore; e mentre la si ammette come necessaria, cambia la necessità in volontà.

R. Sposa dei buoni: la carità. Sposa dei cattivi: la cupidigia.

S. Ossia, «Il principe di questo mondo» (Gv 12,31).

T. I beni spirituali.

V. Egli chiama casa la sua coscienza, a lui ripugna che la vedano.

X. Ossia le virtù.

Y. Egli «cercava di sembrare giusto davanti agli uomini» (cf. Lc 16,15)

Z. Ossia Dio.



1) GALAND DE REIGNY, Porabolaire, a cura di C. Friedlander, Sources Chrétiennes, 378, Paris 1992, Parabola n. 6, pp. 114-125. In Vita Nostra, n. 3 2002, sono state pubblicate le Parabole 3, 7 e 21.

2) La Parabola è inseparabile da questi termini.

In una società che tenta disperatamente di esorcizzare il terrore della morte si fa strada una superficiale riscoperta delle filosofie orientali che ignora come la reincarnazione sia in realtà una “disgrazia”. Molti reincarzionisti finiscono per arruolarsi nelle truppe degli gnostici che negano ogni valore alla fede.

Ormai la stampa le attribuisce il titolo di «yoghi dell'Occidente»; vorrebbe spiegarci come si è interessato allo yoga?

In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. (Mc 4, 35-41)

Giovedì, 08 Febbraio 2007 01:19

Lezione Ottava. La monarchia e il regno

Lezione Ottava

LA MONARCHIA E IL REGNO

 

 

1. Il tema del Regno

a) Novità istituzionale

La monarchia non è un’istituzione dei primordi del popolo di Israele. Non faceva parte delle istituzioni del popolo di Dio nei primi due secoli dopo l’insediamento nella terra promessa.

Mercoledì, 07 Febbraio 2007 02:09

Águas de Oxalà (Marcelo Barros)

Águas de Oxalà
di Marcelo Barros



E’ il nome di una festa, celebrata dai fedeli del Candomblé brasiliano, che si rifà a un antico mito di origine africana, secondo cui la giustizia divina libera la bontà provvidenziale del Creatore, per farla cadere sul mondo come acqua benefica. Una lezione che tutti dovremmo apprendere, per non continuare ad avvelenare questo prezioso elemento, il cui uso è un diritto umano universale.

In Brasile, il mese di settembre termina e quello di ottobre inizia con un ciclo di feste legate alla religione del Candomblé di Bahia. Quest’anno, il caso ha voluto che, proprio a metà di questa serie di celebrazioni, la domenica 1° ottobre, i brasiliani si rechino alle urne per eleggere il presidente della repubblica, i governatori degli stati, i deputati e i senatori, nella triste consapevolezza che questo tradizionale modello politico è ormai logoro e non ha più la forza di promuovere alcun cambiamento sostanziale per una maggior giustizia nella società e per la salvaguardia del creato.

Fin dal giovedì prima, le comunità afro-brasiliane di tradizione yoruba si sveglieranno di buon mattino per dare inizio alla festa delle Àguas de Oxalà (“le acque di Oxala”). Se si volesse cercare -. per quanto indebitamente e inadeguatamente - un corrispondente nella tradizione cristiana, si potrebbe associare questa festa con la Veglia di Pasqua, considerandola una sorta d’inizio di primavera, anche se siamo in una parte del mondo che a stento conosce due stagioni in un anno.

La festa delle Águas de Oxalà ricorda e celebra un antico mito di origine africana, secondo cui la giustizia divina (rappresentata dal potente orixd Xangò) libera la bontà provvidenziale del Creatore (Oxalà, il padre di tutti gli orixà) , per farla cadere sul mondo come acqua benefica.

Oggi più che mai, l’intera umanità ha bisogno di una grande “festa delle acque”. Ogni anno, esperti provenienti da 140 nazioni si riuniscono in Svezia per la Settimana mondiale dell’acqua. Da tempo questi esperti vanno dicendo che la carenza d’acqua sul pianeta Terra sta sempre più aggravandosi. Il vertice di quest’anno, tenutosi dal 20 al 26 agosto scorso, ha sottolineato il fatto che un terzo della popolazione mondiale già sta soffrendo per la mancanza di acqua potabile. Si tratta di una constatazione a dir poco drammatica perché un simile quadro era previsto soltanto per l’anno 2025! Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno circa 2,2 milioni di persone, per lo più bambini, muoiono per mancanza d’acqua o per ragioni legate ad essa.

Questa crisi, in parte già imputabile alla ineguale distribuzione di fiumi e di laghi sulla superficie terrestre, è resa più grave dal surriscaldamento del globo, dalla devastazione delle foreste e, soprattutto, dall’eccessivo spreco di acqua e dalla cattiva gestione delle risorse idriche. Applicato all’acqua, il termine “risorsa” è del tutto improprio, perché questo elemento non può essere declassato a “mercanzia”. L’acqua, invece, è l’ambiente in cui è apparsa la vita e la componente principale di ogni essere vivente. Con “risorsa idrica” s’intende quella parte di acqua che viene usata per certe attività umane, in particolare per attività economiche. Pertanto, “acqua” è un concetto molto più ampio di quello di “risorsa idrica”, anche se i due sono indissociabili.

Il problema sta nel fatto che, negli ultimi tempi, l’impiego d’acqua come “risorsa” si è tremendamente intensificato rispetto a qualche decennio fa. Oggi, in termini percentuali, l’uso dell’acqua dolce è così ripartito: 70% per l’agricoltura, 20% per l’industria e 10% per il consumo umano. Questo uso intensivo dell’acqua, specie nei settori agricoli e industriali, avviene a un ritmo tanto elevato da superare quello del ciclo naturale della sua rigenerazione. In questo modo, molte sorgenti d’acqua stanno scomparendo, proprio per l’uso sconsiderato che se ne fa. Non solo: si è giunti a interferire mortalmente con lo stesso “ciclo dell’acqua” (conosciuto tecnicamente come ciclo idrologico, cioè la circolazione dell’acqua all’interno dell’idrosfera, con i cambiamenti del suo stato fisico: fase liquida, solida e gassosa), avvelenandola con pesticidi e altri prodotti chimici usati nell’industria. La grave assenza di corrette politiche ecologiche, soprattutto nei paesi poveri, sta portando alla contaminazione di molti sorgenti d’acqua.

La festa delle Águas de Oxalà è celebrata nei quartieri poveri delle periferie urbane, dove l’accesso all’acqua è sempre problematico. In questo senso, la festa rappresenta una “profezia spirituale”, che dice al mondo che la soluzione della crisi idrica non può consistere nella commercializzazione dell’acqua, tanto meno nella sua privatizzazione. Il mio auguro è che in Brasile - come pure nel resto del mondo - tutti gli uomini e le donne si colgano e si comportino come filhas e filhos de santo di Bahia in occasione della processione di Oxalà. AI pari di questi fedeli del candomblé, portiamo ciascuno il nostro recipiente d’acqua, per “metterla in comune” con gli altri. Convinti che questo elemento naturale è un diritto umano universale e che, solo quando è “messo in comune”, esso può essere fonte di vita e di benedizione per tutti gli esseri viventi.

(da Nigrizia, ottobre 2006)
Mercoledì, 07 Febbraio 2007 01:54

Gli emarginati (Giovanni Vannucci)

Gli emarginati

di Giovanni Vannucci


Per essere cristiani è necessario liberarsi dal complesso di colpa che da millenni grava sulla coscienza umana.

Non la paura ma la Carità, non il rimorso ma l’Amore devono guidarci nella nostra vita. Chi vive non pensando a se stesso, non ha tempo per pensare ai propri peccati. E ancor meno si occuperà delle altrui colpe. Il penoso aspetto del bigottismo cattolico scomparirà il giorno in cui la parola di Gesù; «Non giudicate» verrà presa in tutto il suo valore e rigorosamente applicata. La morale comunitaria, per l’astensione di ogni giudizio sull’altrui condotta, acquisterà una nuova spontaneità e innocenza. La Chiesa, liberata da ogni apparato giudiziario, tornerà a essere il supporto della vita collettiva che non si appoggerà più sul: «cosa dirà la gente?». E i cristiani saranno più fratelli tra di loro di quanto non lo siano oggi.

Le letture della sesta domenica del tempo ordinario propongono due temi: uno della necessità del fare, del risolvere le situazioni di carenza vitale senza perder tempo a giudicarle e a isolarle; l’altro del dovere cristiano di comprendere tutti per non creare, con l’incomprensione, ostacoli di separazione fra gli uomini.

Il Levitico (13, 1-2.45-46) descrive il procedimento processuale nei confronti di chi aveva contratto la lebbra. Doveva essere condotto davanti al sacerdote che, riconosciutolo malato, gli ingiungeva di portare delle vesti stracciate, il capo scoperto, la barba lunga, di dimorare fuori degli abitati e di gridare la parola: «Immondo!» ogni qualvolta venisse avvicinato da qualcuno. La società si difendeva dal contagio mediante una imposizione giudiziaria che dichiarava emarginato il lebbroso.

Cristo al lebbroso dice: «Voglio che tu sia libero dalla lebbra» (Mc 1, 41), e lo guarisce, senza giudicarlo e reinserendolo sano nella convivenza umana.

Sono due episodi esemplari, sui quali sarebbe necessario, per noi cristiani, riflettere a lungo per cancellare decisamente dal nostro vocabolario le parole «giudizio» e «giudicare», e dalla organizzazione ecclesiale ogni struttura giudiziaria. Dietro i giudizi pronunciati sugli altri e gli apparati necessari per formularli c’è lo spirito del potere e del dominio che appartiene a Satana e non a Cristo.

San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi (10, 31 – 11, 1), ci ricorda che il cristiano è chiamato a non opporsi a nessuno come pietra d’inciampo, ma a lavorare perché il sentiero che dovrà portare alla salvezza sia percorribile per tutti. Cristo è più grande di tutti noi, lo Spirito soffia ove vuole e spesso soffia oltre i limiti costruiti da noi cristiani. Da qui la necessità di una vigilanza aperta, senza interferenze personali, ai segni dei tempi, ai passi in avanti che lo Spirito compie. Queste qualità bisogna che siano sempre operose nei membri della Chiesa, gerarchia e popolo, per evitare quelle tante emarginazioni compiute, ieri e oggi, e che non di rado sono state un soffocamento dello Spirito. Quante volte abbiamo dichiarati «immondi» e invitato a riconoscersi «immondi» uomini che portavano le nuove manifestazioni dello Spirito, perché l’uomo fosse più vero e la terra più vivibile e la Chiesa più comprensibile! E tutto questo non sarebbe avvenuto se avessimo preferito l’umile e rispettosa attenzione al rigido giudizio.

Come il lebbroso, nell’episodio riportato in Mc 1, 40-45, poteva o esser respinto con la dichiarazione di «immondo», o guarito per esser nuovamente accolto nella società, Cristo, il Rivelatore del tramonto della vecchia Legge e dell’alba della nuova Legge, dice: «Voglio che tu sia guarito, non un emarginato». Le sue parole costituiscono per noi cristiani una severa e inalienabile consegna, che si estende e alle infermità fisiche e morali, e a quelle manifestazioni nuove e differenti di coscienza che spesso sono le antesignane di maturazioni umane in atto.

Il rimanere tranquilli nelle Gerusalemme terrene a consultare le Scritture e gli oracoli profetici può farci correre il rischio di non riconoscere la Verità che è apparsa, o sta apparendo in mezzo a noi; come pure l’andare incontro al Fanciullo nato, mossi da calcoli e da ambizioni di potere, provoca delle inutili stragi e la Verità emigra altrove. Quante verità cristiane sono espatriate dalla cristianità sotto la ferula di intransigenti dogmatismi e moralismi; e poi vi sono state reintrodotte con abilissime, ma non oneste, manovre di recupero!

Una lettura attenta della storia delle novità creatrici e rivelatrici ci fornisce un’indicazione sorprendente: esse sono state annunciate dai gruppi dei reietti, degli emarginati di ogni tempo di crisi e di esaurimento delle mitiche al loro tramonto. I Patriarchi, Mosè, i Profeti della vecchia alleanza trovarono credito presso le tribù nomadi che circolavano attorno alle grandi strutture sociali e civili del loro tempo. Cristo ci appare attorniato dai reietti, dai paria, dagli scomunicati della società religiosa e civile dei suoi giorni. Il Cristianesimo è stato accolto e vissuto dai più oppressi e sfruttati uomini della civiltà romana, gli schiavi.

Quali sono i «peccatori» del nostro tempo, le cui inquietudini, agitazioni, non conformismi manifestano il sorgere di una novità che informerà gli uomini di domani? Non potrebbero essere le giovani generazioni che sperimentano nella loro carne il tramonto dell’ormai consunto tessuto degli ordinamenti vigenti, e l’alba di un nuovo ordine commensurato alla nuova realtà vivente? Non potrebbe il Giovane incarnare la vita come in altri tempi l’hanno incarnata i Nomadi e gli Schiavi, di fronte ai cittadini e agli adulti soddisfatti delle loro creazioni religiose e sociali?

I responsabili della Chiesa dovranno spogliarsi della mentalità che li porta a confondere la loro autorità carismatica con i mezzi di governo, rendendola strumento di oppressione spirituale. Spogliazione che permetterà loro di ripetere la parola vivificante di Cristo: «Voglio che tu sia perfettamente sano» e non quella del vecchio codice: «Tu sei un immondo!».

I responsabili della Chiesa allora faranno nel volto dei venienti la luce, trasmettendo loro, ai nuovissimi, la fiaccola accesa dall’Amore di Cristo, e un mondo veramente nuovo concluderà questo millennio, con la luce, la speranza di operare per un meglio non più nemico del bene.

(da Giovanni Vannucci, 6a domenica del tempo ordinario - Anno B in Verso la luce, ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984, pp. 115-118).
Nello spirito di Assisi

di Giovanni Guzzi


Il legame fra pace e religioni è uno dei temi di maggiore attualità: troppo spesso strumentalizzato e fatto oggetto di polemiche feroci e pretestuose. Fra le diverse iniziative attivate su di esso, di cui siamo venuti a conoscenza, abbiamo trovato particolarmente interessante, per taglio e pacatezza di ragionamenti, quella organizzata dal Comune di Cusano Milanino, una cittadina alle porte di Milano. La presentiamo in questo dossier.

Per diverse ragioni il 2006 è stato un anno significativo per le religioni e la pace. In primo luogo perché lo scorso 27 ottobre ricorreva il ventesimo anniversario del primo storico incontro interreligioso per la pace convocato ad Assisi da Giovanni Paolo II nel 1986.

È stato anche il primo anno nel quale, dopo il suo lungo pontificato, non è stato Giovanni Paolo II a tenere il consueto messaggio del primo gennaio per la Giornata Mondiale della Pace (tradizione della chiesa cattolica cominciata dal papa Paolo vi nel 1968).

Nel raccogliere il testimone dal suo predecessore, papa Benedetto XVI, nel proprio messaggio del 1° gennaio 2006, ne citava un’affermazione di grande attualità: «Pretendere di imporre ad altri con la violenza quella che si ritiene essere la verità, significa violare la dignità dell’essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, di cui egli è immagine».Sensibile a queste problematiche, il comune di Cusano Milanino ha voluto celebrare la ricorrenza citata in apertura. Così, facendo propria la frase di papa Wojtyla, ha proposto alla cittadinanza una serie di incontri dedicati al tema della pace e alle sue implicazioni con le religioni attualmente più seguite nel mondo.

Se tutti concordiamo sul fatto che l’umanità soffre per guerra, terrorismo, sfruttamento, ingiustizia, schiavitù, degrado sociale e ambientale... non c’è invece convergenza di opinioni sulle cause di tutto ciò.

Per il nostro tempo, ma anche per i secoli passati, c’è chi individua nella religione la causa di questi problemi. Altri ritengono sia vero il contrario: è proprio l’assenza, o l’insufficiente comprensione della religione, a impedire che la pace si instauri definitivamente nel mondo.

Per confrontarsi con queste tesi e con il pubblico, una serie di esperti e testimoni della propria religione sono stati invitati ad animare sei affollate serate tenutesi nella sala del consiglio comunale.

Organizzata senza la pretesa di voler proporre considerazioni di valore assoluto, né di voler presentare la posizione ufficiale delle religioni protagoniste di ogni serata, l’iniziativa voleva semplicemente essere un primo approccio con l’argomento. Un tentativo di capire se, sulle vie della pace che l’umanità vorrebbe percorrere, le religioni possono essere un aiuto o se invece sono proprio loro la causa prima dei conflitti.

Gli esperti hanno introdotto ciascuna religione (in particolare le meno conosciute perché più lontane dalla nostra cultura occidentale) dai punti di vista teologico, storico, socio-politico ed anche geografico, esaminati in relazione al tema conduttore del ciclo.

Da parte loro i testimoni, personalità anche di rilievo nell’ambito delle rispettive comunità religiose, si sono proposti in veste di semplici credenti, disposti a condividere con il pubblico l’esperienza individuale di persone che si sforzano quotidianamente di vivere la pace secondo i principi dettati dalle proprie religioni; anche mettendosi in discussione sulle questioni più problematiche.

Un aspetto importante, questo del chiedere agli ospiti di far emergere la propria spiritualità, anche attraverso la lettura di brevi brani tratti dai testi sacri di ognuno. In occasioni analoghe viene spesso messo un po’ in secondo piano; col rischio di ridurre le religioni a semplici espressioni della cultura e della filosofia di alcuni gruppi umani. Cosa che effettivamente sono, ma che non le descrive compiutamente: gli aspetti spirituali e trascendenti di una religione ne sono infatti l’elemento più importante senza del quale perderebbero il loro specifico significato.

L’iniziativa, impostata col preciso intento di favorire un serrato dialogo fra relatori e pubblico, sembra di poter dire che sia riuscita nello scopo. I presenti, credenti e non credenti, accorsi sempre in buon numero, hanno approfittato con interesse dell’ampio spazio loro dedicato, riservando ai relatori una fitta serie di domande che, anche quando non strettamente inerenti con il tema della serata, erano sintomatiche del diffuso bisogno di spiritualità esistente nella nostra società.

Più in generale dimostravano il desiderio di capirsi, di trovare punti di incontro... di dialogare. Il fatto che tutto ciò sia avvenuto in un clima estremamente sereno e rispettoso del pensiero di ciascuno è il risultato dell’iniziativa di cui andare tutti più soddisfatti, pubblico e organizzatori.

Spesso incontri di questo genere, soprattutto sotto la spinta della drammatica attualità e dell’inopportuna politicizzazione, degenerano presto in poco fruttuose polemiche. Nel nostro piccolo, abbiamo dimostrato che la pace non è fatta solo dalle cancellerie, dalla politica, dalle autorità religiose..., ma può e deve cominciare anche dagli atteggiamenti più semplici e quotidiani di ciascuno; con un impegno forse maggiore per chi è credente: la pace si costruisce più sforzandosi di vivere con coerenza la propria fede (cosa per niente facile) che rivendicando la supremazia della propria religione.
Convinzioni queste espresse da tutti i relatori e principale filo conduttore del ciclo di incontri.

Con estrema soddisfazione abbiamo accolto l’invito di Missioni Consolata a raccogliere in un dossier un’ampia sintesi, non rivista dai relatori, di quanto emerso nel corso dell’iniziativa. Considerando la diffusione nazionale della rivista, fa piacere se quanto di buono siamo riusciti a fare a Cusano Milanino potrà contribuire alla crescita di una cultura di pace anche in altre parti d’Italia.

(da Missioni Consolata, gennaio 2007)

Cronaca delle Chiese

Ottobre-Dicembre 2004

(a cura di P. Franco Gioannetti)


Chiesa Cattolica

Dal 17 al 19 ottobre 2004 si è svolto a Grottaferrata (Roma) una riunione delle delegazioni del Gran Rabbinato d’Israele e della Commissione Pontificia per le Relazioni Religiose con il Giudaismo.

Essa era presieduta dal Rabbino Shar Yishuv Cohen e dal Cardinale Jorge Mejìa.

Il tema: “Una visione comune della giustizia sociale e del comportamento etico”.

Il comunicato ha detto: “Noi non siamo dei nemici ma degli alleati, ben determinati, nella proposta dei valori morali essenziali per la sopravvivenza ed il benessere dell’umanità” ed inoltre: “Gerusalemme riveste un carattere sacro per tutti i figli di Abramo”, perciò hanno richiesto a tutte le autorità di rispettare la Città Santa, “impedendo ogni azione che offenda la sensibilità delle comunità religiose che vivono a Gerusalemme”:

Relazioni Interortodosse

L’ottava sessione del dialogo tra la Chiesa Ortodossa ed il gruppo del Partito Popolare Europeo, come pure con quello dei Democratici Europei ha avuto luogo il 21 ottobre 2004 a Tessalonica (Grecia).

Il programma dell’incontro prevedeva le conferenze dei primi ministri della Grecia, Serbia e Montenegro, Croazia, del metropolita di Francia Emmanuel, rappresentante del Patriarcato Ecumenico presso l’U.E., di M. V. Martens presidente del Partito Popolare Europeo e del suo vice Van Velzen.

Nel dicembre 2004 le Service Orthodoxe de Presse ha presentato e commentato un’intervista accordata dal Metropolita Cyrille di Smolenks a Victor Loupan dell’associazione. “Ortodossia locale di tradizione russa nell’Europa Occidentale”.

Si è parlato del progetto del Patriarcato Russo di costituire una metropolia autonoma russa per l’Europa Occidentale.

Un progetto che in verità ha suscitato e suscita non poche controversie e conflitti all’interno della Chiesa Russa in Europa occidentale.

Il Consiglio dell’arcivescovado delle parrocchie ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale (Patriarcato Ecumenico) ha diffuso, il 9 dicembre 2004, a Parigi, con la benedizione dell’Arcivescovo Gabriel, una dichiarazione in cui si dice, sei mesi dopo l’inizio del suo funzionamento nella sua composizione attuale, di condividere gli orientamenti che sono emersi al termine di questo periodo e di determinare i compiti che, di conseguenza sono più urgenti.

Vive perplessità sono state espresse riguardo alla proposta, di ritorno al Patriarcato moscovita delle Diocesi e delle Parrocchie, di tradizione russa, esistenti in Europa occidentale.

Il Consiglio ha detto di riconoscere l’importanza dell’organizzazione canonica dell’Ortodossia nei paesi dell’Europa occidentale.

Tale problema, è stato detto, va esaminato in un processo pre-conciliare panortodossa.

Chiese precalcedoniane

La settima riunione annuale dei primati delle Chiese orientali ortodosse del Medio-Oriente ha avuto luogo a Nasz City in Egitto nei giorni 20 e 21 ottobre 2004.

Il Papa Shenouda III della Chiesa Copta Ortodossa, il patriarca Ignace Zakka I della Chiesa Siro-Ortodossa, il Patriarca Catholicos Aram I della Grande Casa di Cilicia della Chiesa Armena Apostolica hanno partecipato all’incontro.

I primati hanno fatto oggetto di un accurato esame i dialoghi ecumenici. Hanno preso nota del fatto che il dialogo con la Commissione anglicana è stato sospeso in attesa della soluzione della crisi provocata dall’elezione e consacrazione del vescovo omosessuale V. Gene Robinson del New Hampshire (USA).

Hanno parlato della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Orientali e dell’inizio dei suoi lavori; ciò, hanno detto, pone ormai fine alle conversazioni informali.

Hanno auspicato un nuovo ciclo di dialogo con l’Alleanza Riformata Mondiale.

E’ stata riaffermata la loro partecipazione attiva ai lavori del Consiglio Ecumenico delle Chiese (COE) ed al Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (CEMO):

Un nuovo rapporto è iniziato con l’ABU o Alleanza Biblica Universale.

In un clima di fraternità è stato poi preso atto dell’elezione del nuovo Patriarca della Chiesa Ortodossa di Eritrea l’Abuna Antonios I

Comunione Anglicana

La Commissione Lambeth ha pubblicato il 18 ottobre 2004 le sue conclusioni, conosciute sotto il nome di Rapporto Windsor, dopo l’inchiesta, durata un anno, sulla controversa elezione del pastore, omosessuale dichiarato, Gene Robinson a Vescovo del New Hampshire (USA) e sulla benedizione all’unione tra persone dello stesso sesso nella diocesi di New Westminster, in Canada.

Sia nell’una come nell’altra situazione la Commissione ha dichiarato che tutte le parti in causa hanno agito in modo incompatibile con il principio d’interdipendenza della Comunione Anglicana ed hanno creato una grande sofferenza ad essa.

La Commissione ha chiesto a tutti i partecipanti alla consacrazione di G. Robinson di non partecipare alle riunioni della Comunione Anglicana fino a che la Chiesa Anglicana degli USA non avrà espresso il suo dispiacere per la situazione creata. Quindi la Chiesa episcopale dovrà adottare una moratoria sulla consacrazione a vescovi di candidati omosessuali fino a che non nascerà un consenso, sul problema, all’interno della Comunione.

Alessandria

Il metropolita Theodoros dello Zimbabwe è stato eletto, il 9 ottobre 2004, di Alessandria ed è divenuto il primate della Chiesa Ortodossa d’Africa. L’intronizzazione del Patriarca ha avuto luogo il 24 ottobre alla presenza del papa copto Shenouda III, degli Arcivescovi Christodoulos di Atene ed Anastasios dell’Albania, del metropolita Josip rappresentante della Chiesa Ortodossa Rumena.

Il Patriarcato Ortodosso di Alessandria, secondo nell’ordine canonico dopo Costantinopoli conta circa 350.000 fedeli: greci, egiziani, libanesi, siriani, palestinesi, giordani ed in maggioranza africani ed inoltre 21 diocesi: Alessandria, Il Cairo, Port Said, Tauta, Memphis, Ismailia (Egitto), Triboli (Libia), Khartoum (Sudan), Addis Abeba (Etiopia), YAOUNDE’ (Camerun), Kinshasa (R.D. Congo), Nairobi (Kenia), KIampala (Uganda), Harare (Zimbabwe), Johannesburg e Il Capo (Africa del Sud), Dar-es-Salaam e Bukoba (Tanzania), Lusaka (Zambia), Accra (Ghana), Antananarivo (Madagascar), Lagos (Nigeria).

L’ortodossia ha conosciuto, negli ultimi quarant’anni un largo sviluppo in Kenia, Uganda, Tanzania, Ghana, Madagascar.

Dal 1982 esiste a Nairobi un Seminario Ortodosso di Teologia per la formazione dei sacerdoti e dei catechisti. Vi sono poi due seminari diocesani. Uno a Yaounde (Camerun) ed uno ad Alasora (Madagascar).

Germania

I presidenti delle Commissioni di negoziazione delle chiese:

  • Evangelica Luterana di Germania (VELKD)
  • Evangelica in Germania (EKD)
  • Unione delle Chiese Evangeliche in seno all’EKD (UEK)

Hanno firmato un accordo destinato a definire i futuri ruoli della VELKD e dell’UEK in seno alla EKD.

L’EKD raggruppa 23 chiese regionali, di confessione luterana, riformata ed unita e conta circa 23 milioni di membri.

La VELKD riunisce otto chiese regionali di confessione luterana-

La UEK conta tra i suoi membri le 13 chiese membri della Conferenza di Arnoldshain.

L’accordo mira ad una sempre più intensa collaborazione tra le chiese membri dell’EKD pur nel rispetto della propria individualità.

Inghilterra

Un gruppo di lavoro, su mandato della Camera dei Vescovi della Chiesa d’Inghilterra, ha pubblicato, il 2 novembre 2004, un Rapporto favorevole all’ordinazione di donna all’episcopato. Il Rapporto sarà discusso nel Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra nel febbraio 2005.

Belgio

Il metropolita Panteleimon, Vescovo della diocesi del Patriarcato ecumenico in Benelux, ha festeggiato, il 28.11.2004 il cinquantesimo anniversario del suo servizio nella chiesa.

Sono intervenuti metropoliti ed arcivescovi ortodossi di Svizzera, Francia, Grecia, Belgio, del Patriarcato russo, ancora Francia ma del Patriarcato ecumenico, Serbia.

Bielorussia

Dal 10 al 12 dicembre 2004 un colloquio internazionale si è svolto a Minsk sul tema: “Il cristianesimo ed il buon vicinato dei valori spirituali nella comunità europea”.

Il colloquio è stato organizzato da:

Associazione internazionale “Centro di educazione Santi Cirillo e Metodio”. – Istituto di Dialogo religioso e Comunicazioni interconfessionali della chiesa ortodossa bielorussa

e con l’appoggio di:

  • Esarcato bielorusso della Chiesa Ortodossa russa
  • Nunziatura apostolica in Bielorussia
  • Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani
  • Pontificio Consiglio per la cultura
  • Fondazione CNEWA di New York
  • Fondazione Konrad Adenauer di Berlino
  • Renovabis di Frisinga
  • Parrocchia della Madre di Dio, Consolazione di tutti gli afflitti, di Minsk.

Il colloquio ha riunito circa cinquanta partecipanti tra i quali il Cardinale Poupard (Pont. Cons. Cultura), il Cardinale Swiatek (Arcivescovo Catt. Di Minsk), Mons. A. Dzimianka (Segretario della Conferenza dei Vescovi Cattolici bielorussi), i rappresentanti delle Chiese luterana e battista della Bielorussia, i presidenti delle comunità ebrea e musulmana del paese. Più di venti partecipati venivano dall’estero e rappresentavano istituti universitari ed iniziative di mutuo aiuto.

Bosnia – Erzegovina

Un incontro di lavoro tra i vescovi cattolici ed ortodossi della Bosnia ha avuto luogo il 4.11.2004 a Trebinje. Nel corso dell’incontro è stato deciso di diffondere un messaggio comune sul Natale.

Bulgaria

Il VI Congresso Internazionale delle Scuole di Teologia Ortodossa si è svolto a Sofia dal 6 all’11 ottobre 2004.

E’ stato organizzato dalla Facoltà di Teologia Ortodossa dell’Università San Clementei di Ohrid di Sofia con il titolo: “La teologia ortodossa ed il mondo contemporaneo”.

I quaranta partecipanti venivano da: Albania, Germania, Austria, Bielorussia, Bulgaria, USA, Finlandia, Francia, Georgia, Inghilterra, Grecia, Israele, Libano, Polonia, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Svizzera, Turchia, Ucraina. Un incontro fatto di relazioni, scambi, ricerche molto fruttuose.

Quarantuno dissidenti dalla Chiesa Ortodossa bulgara hanno chiesto asilo politico alle ambasciate degli Stati Ue a Sofia.

Il 29 ottobre il Patriarca Massimo di Bulgaria, ha celebrato i suoi ottant’anni in un’atmosfera di amicizia con gli altri rappresentanti religiosi, ma anche con molti dubbi sui trascorsi politici.

Costantinopoli

La sede del Patriarcato ecumenico al Phanar è stata fatto oggetto di un attentato il 6 ottobre 2004. Non è chiara l’origine dell’attentato ma sembra sia in relazione con il possibile ingresso della Turchia nella U.E.

Proteste ufficiali sono state fatte dal governo greco, dal COE e dal KEK (organismi ecumenici).

Non è questo il primo attentato contro il Patriarcato in questi ultimi anni. Questo ci interroga sulla realtà dei diritti umani e sulla libertà di religione in Turchia.

Estonia

Organizzato da Syndesmos, federazione mondiale della gioventù ortodossa, su invito del metropolita Stephanos di Tallinn, della chiesa autonomia di Estonia (Patriarcato Ecumenico), si è tenuto un seminario sul tema: “Cristiani e cittadinanza europea”: Il seminario si è svolto nei giorni 28 ottobre- 2 novembre 2004 a Tahkarunn – Parnu. Vi hanno partecipato 30 giovani ortodossi provenienti da: Albania, Armenia, Bielorussia, Belgio, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Romania. Russia, Ucraina.

USA

I vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno deciso il 17 novembre di aderire al progetto “Christian Churches Together in the USA”.

Francia

Trecento delegati della Federazione Protestante di Francia si sono riuniti nei giorni 9-10 ottobre 2004, per impegnarsi su “Vincere la violenza”:

L’incontro annuale dell’Associazione “Ortodossi-Protestanti di Francia” si è tenuto il 17 novembre 2004 a Chatenau-Malabry.

Le due principali chiese protestanti dell’Est della Francia riunite in assemblea nei giorni 20 – 21 novembre 2004 hanno approvato la loro unione.

Georgia

In una lettera datata 20 settembre 2004 tre vescovi georgiani hanno scritto a Ilia II patriarca georgiano chiedendo una riforma della chiesa per tornare ai principi base della conciliarità ecclesiale.

Hanno anche lamentato le interferenze in Georgia del Patriarcato Russo.

In seguito il 14 dicembre 2004 l’assemblea plenaria dell’episcopato georgiano ha esaminato le relazioni tra la Chiesa e lo Stato ed il problema creato dai conflitti armati.

Grecia

L’Assemblea annuale dell’Assemblea episcopale greca si è tenuta dal 7 al 9 ottobre 2004 ad Atena nel corso della quale si è discusso in particolare, rinviandolo, su un invito di Roma all’Arcivescovo di Atene di ricevere una laurea Honoris causa.

Altro tema preso in esame è stato quello del ripristino del diaconato femminile. La proposta ha avuto esito positivo con molti limiti.

Altri temi affrontati: il dialogo teologico e la vocazione al sacerdozio.

Polonia

La Chiesa Ortodossa di Polonia ha commemorato solennemente dal 24 al 26 novembre 2004 l’ottantesimo anniversario della sua autocefalia.

Oggi essa conta 570.000 fedeli, 6 diocesi, 320 parrocchie, sette monasteri, 8 vescovi, duecentotrenta preti, un seminario teologico.

Portogallo

Dal 28 dicembre 2004 al 1° gennaio 2005 si è svolto a Lisbona il 27° incontro europeo, organizzato dalla Comunità di Taizé. L’evento ha riunito più di 40.000 persone.

Russia

La seconda riunione del Gruppo di lavoro misto cattolico-ortodosso di Russia si è svolto a Mosca nei giorni 22 – 23 settembre 2004.

Un’assemblea plenaria dei vescovi ortodossi si è svolto dal 3 al 6 ottobre 2004 presso la basilica del Salvatore a Mosca. Vi hanno partecipato 144 vescovi su 147. rappresentavano le diocesi di Russia. Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Azerbaidjan, Repubbliche baltiche, Europa occidentale, USA, Giappone.

Tra le altre cose si è parlato dei buoni rapporti: Stato-Chiesa.

E’ stata poi fatta l’esposizione della realtà strutturale della Chiesa moderna.

Serbia Montenegro

Sotto la presidenza del Patriarca Pavle I si è riunito il Sinodo di questo chiesa.

Terra Santa

Una situazione rovente per lo spregio che i tradizionalisti ebrei mostrano verso i cristiani … vescovi, sacerdoti, laici. Una realtà a rischio.

Fasi della cultura europea d'oltralpe

Immanuel Kant (1724-1804)

di Renzo Bertalot

A - Perchè Kant

È quasi impressionante sentire alla nostra televisione di Stato le raccomandazioni delle letture per l'estate. Al di là della novellistica di successo, attualmente in circolazione, il testo che da solo ha raccolto un suggerimento caloroso è la "Critica della ragion pura" di I. Kant!

Cercando di riassumere, in ben altro settore, l'incontro e lo scontro delle filosofie odierne si è parlato della contesa celeste tra Platone, Aristotele e Kant. Il primo particolarmente amato dal cristianesimo orientale, il secondo da quello latino e il terzo da quello dell'area protestante. (1)

In altre parole Kant passa indenne attraverso il momento di sintesi di Hegel e di Schleiermacher per raggiungere il nostro tempo. Nell'ambito protestante e in quello secolarizzato, che hanno lasciato fuori il magistero ecclesiastico cattolico come punto di riferimento, la filosofia di Kant fa capolino non solo nella teologia del nostro secolo e nell'etica dell'impegno sociale, ma anche in alcuni settori d'origine non protestante che affrontano, in maniera indipendente, il tema di una presenza attiva nella società in via di evoluzione.

In altri termini nella contesa estenuante delle varie filosofie, del loro sorgere, del loro affievolirsi e del loro tramontare, trascinandosi dietro ideologie multicolori, Kant sembra sopravvivere come richiamo sempre valido ogni volta che si tenta di riprendere fiato e di intravedere una pista per il futuro. (2)

Non intendiamo sostituirci allo storico o al filosofo, ma semplicemente chiederci se, attraverso le ricerche e le intuizioni di entrambi, vi sia un filone capace di stimolare la problematica del nostro presente in riferimento alla filosofia della religione.

Esamineremo alcuni esempi dei settori menzionati nel tentativo di capire l'attualità del loro porsi in rapporto con il messaggio cristiano. È una testimonianza che viene da lontano; ben lungi dall'essere un tentativo di guardarci nello specchio essa si trasforma in un appello alla libertà e al coraggio di presentarsi con una parola più chiara, sempre più attenta alla variabilità continua della situazione umana.

B - Richiami e rinvii

Non si tratta di riprendere la manualistica che ci accompagna fino alle soglie dell'università, ma di cogliere quelle idee religiose di Kant che hanno attirato l'interesse dei teologi.

I. Kant (1724-1804) era nato a Konigsberg nella Prussia orientale da madre ardentemente pietista. In seguito alla libera docenza del 1755 arrivò ufficialmente alla cattedra nel 1770. Il suo insegnamento suscitò l'approvazione dei filosofi, ma non quella dei teologi e della casa regnante. Il contrasto mise un freno alla sua ricerca che poté riprendere soltanto con la morte di Guglielmo II. Kant non era insensibile all'evolversi delle idee in seguito alla rivoluzione francese.

Sarà ricordato per le sue tre critiche che intendono segnare il passaggio dalla immaturità, al sapere aude, al coraggio delle proprie idee. Si parlerà di "criticismo" kantiano relativamente al pensiero, alla volontà e al sentimento.

Con la "Critica della ragion pura" (1785) Kant pone la ragione come limite insuperabile della nostra conoscenza: la cosa in sé (il noumenon) ci è preclusa. Siamo alle prese soltanto con fenomeni e forme che costituiscono il regno autonomo della ragione e dell'esperienza. La filosofia è la scienza entro i confini della ragione, è la messa al bando di ogni metafisica di sorpasso illegittimo verso il trascendente e l'eteronomia religiosa tradizionale. I metafisici sono simili a "visionari". L'accento posto in questa libera prospettiva farà sì che Kant venga considerato, per molti, il "filosofo del protestantesimo".

Controprova ne sia l'interpretazione filosofica tomista e antikantiana della Fraternità di S. Pio X (Ecòne) discendente da Lefebvre.

Con la "Critica della ragione pratica" (1788) Kant prende in considerazione il problema morale che è alla base di ogni volontà di azione. Nel mondo dei "fenomeni" l'io funziona come unificatore, legislatore e garante della razionalità dell'esperienza. Tutto ciò che appartiene al puro fenomeno è subordinato alla ragione. Ora se la volontà è legge a se stessa e la libertà può essere solo osservata è pur vero che l'uomo resiste al comando e la sua decisione potrebbe essere viziata dalla paura e perturbata dalle passioni. Si rende quindi necessaria la critica della ragione. Si giunge così ad uno degli aspetti dell'"imperativo categorico": opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una norma universale". Il dovere fa splendere la buona volontà, il "sommo bene"! Ma a sua volta il ragionamento può reggere solo sulla base di postulati o principi evidentemente indimostrabili che non hanno valore conoscitivo: l'immortalità, Dio e l'anima. Sono esigenze della legge morale che riguardano la volontà e non aprono sentieri, sempre sbarrati, verso la metafisica (il noumenon) e la conoscenza.

Con la "Critica del giudizio" (1790) Kant tenta una sintesi tra le prime due critiche, tra il pensiero e la volontà, tra determinismo naturale e libertà morale. La "coscienza" ci avverte che vi sono leggi mediate dalla volontà che non sono fisiche o naturali, ma dipendono dal fare o non fare: riguardano la capacità di autodeterminarsi e il valore "soprasensibile" (non soprannaturale) della personalità. L’uomo è legato alla causalità, ma è anche libero di iniziare una serie causale. La soluzione tra le due critiche è offerta dal "sentimento" come concetto intermedio orientato, nei suoi vari aspetti, verso un fine. Si tratta quindi di un giudizio teleologico. Come tale non è dimostrabile per esperienza, ma pensabile come finalità oggettiva, dovuto ad una causa intelligente e suprema: Dio.

C - Kant e la religione

Salta agli occhi un aspetto immediato della rivoluzione copernicana attuata da Kant: mentre tradizionalmente la morale si fondava sulla religione ora la religione assume interesse in quanto basata sulla morale (P. Lehmann). Per questi motivi i critici più severi hanno visto nel filosofo prussiano sia un'ombra di pelagianesimo sia una reviviscenza del Rinascimento e di Erasmo. (3) Occorre tenere presente che nel 1789 Kant pubblica "Il fondamento della metafisica dei costumi” e nel 1794 "La religione entro i limiti della ragione". Per Kant la religione razionale, puramente morale, è implicita nella rivelazione, ne costituisce la parte interna senza negarne l'unità intrinseca. In fondo la religione cristiana, in quanto presupposto indimostrabile e postulato che si trova oltre i limiti della ragione, (ma non quella dei sistemi religiosi storici) è la vera religione naturale restaurata secondo la grazia originaria. La Parola di Dio è presente nei cuori sotto forma di legge ragionata. Tuttavia per la ragione, che ha il suo limite nel mondo dei fenomeni, la rivelazione non è necessaria, Dio non si può conoscere e la presenza del male rimane un mistero inspiegabile e irrazionale. Cristo dev'essere considerato un esempio ma non un redentore. La chiesa (invisibile) è la vittoria del principio buono sul male, ma le chiese visibili sono repellenti perché promuovono una fede imposta. La preghiera si riduce a un feticcio, cioè a una debolezza, a una rinuncia nei confronti del coraggio (sapere aude).

Infine per Kant la coscienza della libertà è la sola fonte del diritto: "È giusta ogni azione, secondo la quale, .. la libertà dell'arbitrio di ciascuno può coesistere con la libertà di ognuno secondo una legge universale". (4)

A questo punto vale la pena richiamare Ugo Grozio, il fondatore del diritto naturale internazionale (giusnaturalismo). Rivolgersi a tutti gli uomini, partendo dalla loro autonomia (laica) vuol dire farlo Etsi Deus non daretur.

D - Nuove aperture

Il terzo motivo per cui Lutero alla Dieta di Worms del 1521 rifiuta di ritrattare i suoi scritti è la coscienza (dopo la S. Scrittura e la ragione). Questa linea di pensiero doveva incidere sulle tappe della futura teologia protestante. Non è quindi un caso che Kant con la sua Critica del Giudizio inviti a ritornare su questo tema intessendo sulla sua nozione del "soprasensibile", del "sentimento" e della "coscienza" quella teologia protestante che si esprimerà in tutto il secolo XIX.

Sarà Friedrich Daniel Schleiermacher (1768-1834) a trarre le indicazioni più incisive del suo tempo. Con lui siamo in piena rottura rispetto ai dogmi tradizionali della fede cristiana perché la religione riguarda anche il non credente che ha, come tutti gli uomini, una sua religione, cioè una coscienza viva del divino al di là dello psicologico e del condizionato. Si tratta del sentimento immediato di dipendenza dall'incondizionato: un'esperienza autonoma e indistruttibile, un criterio di valutazione del fenomeno religioso che si trasforma in una via d'accesso alla teologia e in un appello all'adorazione di Dio dentro di noi. La religione è un atto di creazione originaria che non dipende dalla metafisica e dalla morale. Per i liberali protestanti del suo tempo si rilevava ancora una certa vaghezza di contenuto mentre per i non liberali del secolo successivo si vedeva nel cristianesimo di Schleiermacher la riduzione ad una "provincia del tutto", del fenomeno religioso generale.

Nonostante il successo enorme di Schleiermacher vanno notate alcune reazioni significative e anche ulteriori innovazioni. (5)

Albrecht Benjamin Ritschl (1822-1889) e la sua scuola fanno di Kant il filosofo del protestantesimo. Non vi sono giudizi sull'essere ma soltanto giudizi di valore in quanto l'esperienza non può essere fonte di verità. L'amore di Dio lo fa Padre di tutti; Cristo è il rivelatore perfetto, il prototipo dell'umanità e l'ideale etico. Il peccato originale diventa il regno del peccato e la riconciliazione risponde all'attuazione dell'ideale umano. Il grande merito di Ritschl rimane quello di aver stimolato il metodo storico; critico sollevando tuttavia l'interrogativo se mai sia possibile basare la fede sui risultati della ricerca scientifica. (6)

viene proposta la nuova categoria dell'"a priori" religioso: una struttura, un "qualcosa" nella mente da cui sorge la religione. Come non essere sensibili alle enormi masse di vita religiosa? Ogni religione è una verità su Dio corrispondente alla tappa comune del divenire dello Spirito. Troeltsch diventerà il campione del Kulturprotestantismus ma si renderà sempre più indipendente dal dogma cristiano fino a lasciare il sospetto di un confine evanescente tra cristianesimo e religioni orientali. (7) (Das Heilige) parla di un "a priori" nella struttura della mente, che non può essere riferito ad altre categorie. È un dato primario e non razionale che può soltanto essere discusso, evocato, ma mai definito. È una "capacità" innata di ricevere e di capire, appartiene allo spirito umano e non alla natura. Non c'è quindi una religione naturale (dovuta alla fantasia e prodotta dall'uomo), ma soltanto una ricettività nei confronti del "sacro", del "Totalmente Altro", dello Spirito. Otto libera la storia delle religioni dalle ipoteche naturali e metafisiche. Il "sacro" e un a priori", un dato ineliminabile erompente dall'anima, un'intuizione interna e contemporaneamente un'attestazione dello Spirito divino che promuove dall'esterno il risveglio e la vera esperienza religiosa. Ciò che è in potenza nelle altre religioni è già in atto nel cristianesimo. (8)

E - Chiarimenti: Karl Barth e Paul Tillich

sono sicuramente i massimi teologi dell'area protestante del XX secolo. Il loro pensiero ha influenzato trasversalmente tutte le confessioni cristiane ed ha avuto ampie ripercussioni sulla filosofia recente. Entrambi hanno dovuto lasciare la loro cattedra in Germania con l'affermarsi del nazismo e hanno inciso sull'evolversi delle idee socialiste della nostra epoca. Entrambi prendono le mosse dalla teologia kerigmatica diventata determinante, come reazione al liberalismo del secolo precedente, con il succedersi degli eventi dopo la prima guerra mondiale. Ciononostante molte delle loro affermazioni sembrano contraddittorie e il dialogo in lontananza (tra l'America e l'Europa) non facilitava certo l'emergere della comune radice e dei loro parallelismi. Kant è per loro un forte momento di convergenza (il solo che ci interessa a questo punto) sul quale ci dobbiamo soffermare.

Per Barth, Kant non ha disonorato la metafisica anzi l'ha onorata partendo dalla ragion pratica. La cosiddetta conoscenza di Dio, della libertà e dell'immortalità è un autoinganno e una presupposizione: un insieme di intuizioni inadeguate che appartengono al "soprasensibile”, ma non "soprannaturale" estraneo alla conoscenza empirica. Quando parliamo di "essere" non parliamo di Dio. L'idea di Dio ha certamente un influsso sulla volontà, ma costituisce un ricordo senza criterio valido per la pratica.

La filosofia della religione è relativamente necessaria, ma è opportuna. Infatti si dovrebbe aggiungere alla teologia un corso sulla dottrina religiosa puramente filosofica che abbia per oggetto le verità universali della ragione: un razionalismo puro della pratica alieno all'intellettualismo di maniera. Si tratterebbe di un'area ristretta e inclusa in quella più ampia della rivelazione. La filosofia della religione vuole interpretare la religione come fenomeno razionale. In questo senso Kant ha parlato da filosofo ai teologi.

Inoltre occorre tener presente in Kant il suo concetto di "male radicale" che rimane un mistero irrisolto. È un nemico che inganna e si nasconde dentro la ragione. L'uomo è malvagio e può diventare buono solo attraverso la rigenerazione: una rivoluzione nel modo di pensare e un cambiamento di cuore. Solo la grazia può risollevarci dalla nostra responsabilità perché Dio solo può perdonare in base a una giustizia non nostra. La ragione non protesta, ma sa che i misteri si collocano oltre i suoi limiti, appartengono all'area soggettiva; non siamo capaci di comprenderli.

Oltre alla filosofia della religione non c'è una filosofia della rivelazione e della fede. La teologia si occupa di cose estranee alla filosofia (e viceversa), non parla secondo le regole della pura ragione. Il teologo non può essere contaminato dal libero pensiero della filosofia, non parla di prove, ma dell'effetto che la Bibbia ha sul cuore umano; fa conto sulla grazia mediante la fede. (9)

Paul Tillich si trova in piena assonanza con la posizione barthiana: entrambi i teologi accettano la critica kantiana. Siamo limitati entro il mondo dei fenomeni e le nostre categorie non ci permettono di varcarne i confini. Non oltre la nostra finitezza! Kant ci insegna che solo la grazia di Dio può superare la separazione tra Dio e l'uomo. La volontà effettiva dell'uomo è perversa, a causa del male radicale, per cui la storia è una lotta continua tra il bene e il male. Il comandamento incondizionato dell'imperativo morale ci è dato - per Kant non c'è una mistica presenza del divino nell'uomo - ma non l'accogliamo.

Il teologo, servendosi di categorie che non competono al filosofo, afferma che Cristo soltanto può ristabilire l'unità. Il Regno di Dio instaura l'uomo essenziale che come simbolo si esprime in una filosofia dell'uomo morale sulla terra. In questo senso la religione entro i limiti della ragione rappresenta una piccola teologia sistematica. Le chiese empiriche, dominate da superstizioni e autorità, devono essere giudicate in base alla chiesa invisibile, composta da quanti sono determinati dalla ragione essenziale incontaminata dal male radicale.

Per Tillich tra teologia e filosofia non c'è né conflitto né sintesi; non hanno un terreno comune, procedono da fonti diverse e propongono contenuti diversi. Per questo va respinta una filosofia cristiana (sarebbe una "disonestà filosofica"), ma non la filosofia della religione che ha la sua ragion d'essere nella descrizione del fenomeno umano, nell'indagine di quegli interrogativi che emergono da ogni situazione esistenziale senza mai trovarvi una risposta. (10)

Per Tillich è quindi valida l'affermazione che Kant è il filosofo del protestantesimo. Si tratta di una fenomenologia laica non esposta ad una criptoteologia o ad una criptofilosofia.

Riassumendo

Kant ha posto decisamente uno sbarramento alla nostra conoscenza racchiudendola entro i confini del fenomeno. Da allora è preclusa la via della metafisica tradizionale all'area protestante e in genere alla filosofia moderna, impostasi con la Riforma (11) del XVI secolo. È vero che i "postulati", le "intuizioni", il "soprasensibile" e la "coscienza" di memoria kantiana offrono spesso il fianco alla tentazione di sfondare lo sbarramento di base e di oltrepassare i limiti della ragione, ma è difficile ottenere molto credito. Tuttavia diventa sempre più evidente che abbassando la fede al livello della filosofia della religione si cade nel secolarismo vuoto o nel sincretismo; viceversa elevando la filosofia della religione al livello della fede s'inciampa inevitabilmente nell'idolatria (nell'eresia del terzo articolo del Credo - secondo Barth), nella dea ragione o nelle ideologie più o meno nascoste. In un caso come nell'altro rimarremmo prigionieri del nostro narcisismo o dell'autogiustificazione. Occorre scegliere tra una "partenogenesi" o una "fecondazione" nell'incontro con l'Altro.



Note

1) P. Tillich, Umanesimo cristiano nel XIX e XX secolo, Ubaldini, Roma, 1971, p. 83.

2) K.R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. I, Armando Editore, Roma, 1996, pp. 49, 54, 495. In forte stile kantiano James Kavanaugh (The birth of God. A pocket edition, Simon &Schuster Ltd, Richmond, Ontario Canada, 1970) si oppone con rigore all'invasione dei miti della religione. Tuttavia non sempre i postulati indimostrabili della "critica del giudizio" di Kant rimangono entro i limiti del "soprasensibile", ma sembrano valicare i confini verso la "nascita di Dio" che ricorda più una teologia naturale che un "cristianesimo adulto" alla D. Bonhoeffer.
Vedi anche: T. Römer, I lati oscuri di Dio. Crudeltà e violenza nell'Antico Testamento, Claudiana, Torino, 2002.

3) Aa.Vv., Grande Enciclopedia filosofica, vol. XVII, Marzorati, Milano, 1971, pp. 344ss.

4) Ib., p. 142.

5) K. Barth, La teologia protestante nel XIX, vol.2, Jaca Book, Milano, 1979, pp. 11-51. Secondo Barth la teologia di Schleiermacher è una teologia della cultura in parallelo al concetto di Regno di Dio; l'uomo diventa soggetto e Cristo diventa predicato (p. 51).

6) Barth., La teologia, vol 2 pp. 260ss.

7) J. L. Neve, A History of Christian Thought, vol.2, The Muhlenburg Press, Filadelfia, 1946, pp. 159 ss.

8) Ib., pp. 161 ss.

9) Barth, La teologia, vol. I, pp. 313-354: "Sapere aude" p. 313, male radicale p. 339, Kant ha compreso che cosa sia la chiesa e la grazia p. 383.

10) Tillich, Umanesimo, pp. 83 ss. Cf. dattiloscritto di D. Müller, Morale, Culture et Religion dans la dynamique de l'Esprit, in PauI Tillich et l'experience religieuse contemporaine, Faculté de Theologie, Losanna, 1991, pp. 121 ss.

11) I richiami all'attualità di Kant attraversano il secolo XX da Rauchenbush con il Social Gospel, dal modernismo cattolico (Buonaiuti), da John Dewey fin dalla sua tesi di laurea, da Aldo Capitali fino a Karl Raimund Popper con la sua teoria della "falsificazione".
Particolari su questi temi si possono trovare in R. Bertalot, Per una chiesa aperta. L'eco di Kant nel mondo moderno, Edizioni Fedeltà, Firenze, 1999.

Search