La Sunammita
(2 Re 4,8-37)
È impossibile calcolare i doni che abbiamo ricevuto da Dio, ma primo e sopra tutti, senza ombra di dubbio, c'è il dono della vita che ciascuno di noi ha ricevuto. Questo è il dono più bello del Signore; ce lo ha dato e non ce lo toglierà mai più in eterno perché noi, una volta nati, resteremo vivi per sempre pur se con modalità diverse come ci dice la nostra fede. E anche il servizio più grande che ci hanno fatto i nostri genitori. La coppia ha la grande responsabilità di generare, ossia di dare a Dio la possibilità di creare una nuova vita. È un bisogno quello della coppia di generare vita, ogni tipo di vita, da quella fisica a quella spirituale, ma è anche forte la tentazione di voler esserne padroni, di imprigionare "per noi" le vite che pulsano accanto a noi. La vita del partner o del figlio non è nostra, ma ci è stata messa accanto perché la custodiamo, perché la aiutiamo a svilupparsi in pienezza. La donna di Sunem ci si presenta come una persona "viva" ed attenta. Lei non ha figli ma c'è qualcun altro da accogliere: è l'uomo di Dio, il profeta. Ad Eliseo serve cibo per nutrirsi, un luogo in cui sostare: un letto, un tavolo, una sedia e una lampada" (4,10). Il profeta ha bisogno di riposare, ma anche di studiare la Torah e pregare in quella piccola stanza. Quasi come logica conseguenza della maturità interiore della Sunammita ecco il dono del figlio:
"L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio" (4,~6). No mio Signore, uomo di Dio, non mentire con la tua serva" (4,16). Non mi illudere, non farmi promesse vuote. Infatti, quasi fosse un presentimento, il bambino che nasce, appena divenuto ragazzo improvvisamente muore.
"Essa salì a stenderlo sul letto dell'uomo di Dio; chiuse la porta e usci" (4,21). La coppia è il luogo (la situazione normale, l'ambiente naturale) dove nasce e fiorisce la vita, ma la vita è di Dio: egli l'aveva donata attraverso la preghiera di Eliseo, occorreva dunque rimettere tutto nelle sue mani.
Il profeta su quel letto non si può stendere perché è occupato da un cadavere. E poi quella donna non lo aveva pregato di non illuderla?
"Egli entrò, chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore. Quindi salì, si distese sul ragazzo; pose la bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le mani nelle mani di lui e si curvò su di lui. Il corpo del bambino riprese calore (...) tornò a curvarsi su di lui; il ragazzo starnutì sette volte - la vita era tornata in pienezza - poi apri gli occhi" (4,33-35). L'atto di Eliseo sembra lasciarci il messaggio che "la vita genera vita" e solo l'amore è capace di compiere questo miracolo, qualsiasi tipo di amore, ma in modo tutto particolare quello che l'uomo nutre per la sua donna e la donna per il suo uomo.
Tony Piccin