Nei primi due capitoli della Genesi
I primi due capitoli del libro della Genesi sono fondamentali per l’antropologia cristiana. Infatti essi sono una risposta alle domande presenti nel cuore dell’uomo di ogni tempo e latitudine. Tra i tanti interrogativi c’è anche quello delle relazioni uomo-donna. Perché il sesso? Che senso ha il maschile e il femminile? Questa dualità influenza o no le relazioni umane? Come?
Prima parte
"A immagine di Dio" - La gioia della diversità
...Troviamo infatti che culmine della creazione è la differenza sessuale. Singolarmente presi i testi ci offrono alcune coordinate per orientarci nel territorio della relazione uomo-donna. Tre termini possono illuminarci. Dal primo capitolo della Genesi emerge il tema dell'immagine di Dio. (Gn 1,27). Dal secondo capitolo il tema dell'unità in un reciproco "vis-à-vis" (Gn 2, 18). Poi c'è il sonno di Adamo (che non è ancora sessuato), c'è la separazione (a partire dal "lato", zela') che precede la differenza e le dà luogo. È da sottolineare che, se in un celebre racconto (Platone, Il convito), il mito degli "androgini", questa separazione era interpretata come una punizione e una maledizione, qui essa è accolta come una cosa buona. È con un'esclamazione di gioia che Adamo, nella prima parola articolata che pronuncia, accoglie "costei" (Gn 2,23). La sessualità non è uno spiacevole incidente, ma un compimento. L'uomo è creato a immagine di Dio in una relazione strutturale con un partner diverso da lui e sperimenta nella sua stessa carne l'ordine della differenza che egli corona e abita.
Vedere la sessualità come negativa è sbagliato. Significa non riconoscere la pienezza e la sapienza del disegno di Dio. Egli l'ha voluta come sigillo della sua immagine. Dio non è sessuato, infatti! Ma la sua immagine sì! Egli l’ha voluta come un rimando intensivo a ciò che lo costituisce più in profondità e più lo unifica. La relazionalità. Guai se si prendesse la sessualità come un bene in sé. Se ne farebbe un idolo. Guai se fosse guardata come un semplice strumento (procreativo!). La si falsificherebbe immettendola in un circuito utilitaristico, economico e, oggi, tecnico!
Giungeremmo nuovamente a una visione cinica o ascetica negativa, immemori dello sguardo di Dio su di essa come realtà molto buona. (Gen 1,31).
La differenza sessuale sta nella spazio dell'impronta di Dio. Una traccia. Una ferita aperta nel cosmo di Dio. La sua attesa, forse! È un rimando alla unità di Dio.
Riconosciamo, infatti, che nella differenza maschio-femmina si nasconde la cifra di una relazionalità che c'è anche in Dio.
Parte seconda
"L'alleanza" - Il senso della relazione
L'unione, l'alleanza tra l'uomo e la donna, può essere segno efficace del patto che Dio stipula con l'umanità: non indifferenziazione, non confusione, ma rapporto tra partners differenti e distinti. Il rapporto uomo-donna può essere vissuto come il senso fondamentale di ogni differenza e riconosciuto come una chiamata alla relazione amorosa e creatrice. La coppia umana è veramente feconda se acconsente a vivere la differenza come luogo possibile dell'accoglienza e del sorgere dell'altro: Dio, il partner nella coppia, il figlio.
La distanza espressa nell'alterità reciproca dell'uomo nei confronti della donna e della donna nei confronti dell’uomo "non è tanto una questione… di differenze constatate e oggettive: si tratta piuttosto del fatto che una persona non è tale senza un’altra persona, senza un vis-à-vis, distinto eppure conosciuto, al medesimo livello di essa" (J.-Y. Calvez "Homme ete femme"). Ne risulta che nessuna immagine dell'uomo è soddisfacente. Nessun soggetto preso singolarmente può essere rappresentativo di tutto l'umano. Chi dunque è nella posizione migliore per sapere che cosa significhi essere "uomo": l'uomo o la donna? Difficile dirlo! Ciascuno è per l'altro il suo "altro" che manca, ma che riconosce. In questa mancanza, in questa distanza è possibile l'incontro. Una traduzione buona in italiano di Gen 2,18 dice: "Non è cosa buona che il terrestre sia solo. Farò per lui un aiuto contro di lui". Perché contro? La donna è posta davanti all'uomo, in suo aiuto, ma contro. Perché? Per impedire all'uomo di rinchiudersi. Per evitare un ripiegamento senza via d'uscita su se stesso. Nell'immagine che si fa di se stesso. Perché al cuore della coscienza di sé, la coscienza di essere sessuato rinvii necessariamente all'altro sesso. Così l'uomo comincia ad esistere. Viene fuori, cioè. Viene alla luce. Sostenuto dall'altro. Il "maschile" non ha senso se non in rapporto al "femminile", e viceversa. L'identità al cuore dell'umano è differenza. È relazione con l'altro
Parte terza
"Una sola carne" - La comunione di vita
Nella polarità "aiuto-contro", sta la ricchezza e la grandezza del rapporto fra i due, ma anche la fragilità che lo minaccia: l'uomo deve trovare il suo bene nello spazio della relazione. Dio rifiuta la felicità dell'uomo isolato, perché non può essere autentica felicità. Prima di condurre all'uomo la donna. Dio porta ad Adamo gli animali. I rabbini commentano questo corteo davanti all'uomo dicendo che essi si accoppiavano sotto i suoi occhi. Essi cioè gli rivelano un tipo di sessualità: l'accoppiamento come soddisfazione di un bisogno; ma questo non basta all'uomo. Non lo colma nel suo isolamento. L'unione uomo-donna è molto più dell'unione maschio-femmina. Essa tende verso "una sola carne", cioè alla comunione personale, che trascende enormemente l'accoppiamento animale. Dio allora separa per unire, separa in vista della comunione e crea la donna dal lato dell'uomo. È una creazione di cui l'uomo non sa nulla. Non ha visto nulla. Su di lui è sceso un sonno profondo. Non può dire nulla sul come di questa creazione. Resta un mistero. Dono di Dio. L'ultimo grande dono di Dio. Simbolicamente, l'autore del testo, fa parlare l'uomo solo ora! L'uomo, sembra averci voluto dire, parla quando ha di fronte a sé l'altro. Solo allora è capace di dialogo. Ed è un inno di gioia: "finalmente un essere che è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne: la si chiamerà ‘ishshah perché è dall’ ‘ish che è stata tratta". (Gen 2,23). I due termini ‘ISH (‘J?) e ‘ISHSHAH (’H?) sono intraducibili nella nostra lingua che non dispone di vocaboli che indichino nello stesso tempo comunione e differenza. Si può fare, invece, un’osservazione interessante su questi due termini: se noi riteniamo, di entrambi, le due lettere che fanno la differenza, abbiamo lo J (jod) e la H (he). vale a dire JH, l'inizio del tetragramma JHVH. È il nome santo e impronunciabile di Dio rivelato a Mosè nella fiamma del roveto ardente. Tra l'uomo e la donna, nella loro differenza e nel loro amore, sta, come in controluce, l'inizio della rivelazione del nome di Dio. È quello che canta uno dei due amanti del Cantico dei Cantici:
"Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe sono vampe di fuoco,una fiamma di JH!" (Ct 8,6).
Parte quarta
Accoglienza - Invito a superare le paure
Nella relazione uomo-donna l'invito che, oggi, i testi della Genesi, simbolicamente, ci fanno è, a mio avviso, di superare tre paure. La paura della donna. Dell'estranea per eccellenza! La paura della vita. Del senso della vita. La paura di Dio. Della sua presente assenza. La donna che continuiamo a voler superare nei giochi di seduzione, nelle guerre o nel lavoro. La vita, che ci ostiniamo a "fare". Dio, che rinchiudiamo nei tabernacoli e nelle visioni. Ciliegina sulla torta!
Della sua presente assenza. La donna che continuiamo a voler superare nei giochi di seduzione, nelle guerre o nel lavoro. La vita, che ci ostiniamo a "fare". Dio, che rinchiudiamo nei tabernacoli e nelle visioni. Ciliegina sulla torta!Tutto questo sta nello spazio dell'alterità. Dell'estraneità rifiutata o accolta. In una prossimità possibile con sé, gli altri, Dio (l'Altro per eccellenza) proprio per la distanza mai colmata che abita ogni uomo e donna là al fondo dell'abisso imperscrutabile della propria esistenza. Questo spazio, che a volte sentiamo come vuoto, solitudine, dolore è come un sigillo di gratuità. Del dono che noi, gli altri, Dio, siamo gli uni per gli altri, l'uno di fronte all'altro. È la luce nel colore. È lo spazio bianco fra le lettere. È il respiro prima e dentro ogni parola.
Per trovare ciò che ci dicono questi primi capitoli della Genesi, non dobbiamo spingerci a un chissà quale passato mitico andato perduto, insieme a una purezza primitiva e idilliaca. No. Lo troviamo sempre, ogni volta, nella profondità del nostro cuore. Nostro principio...
Francesco Belluzi
Da "Scout. Proposta educativa" 2/2003