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Giovedì, 11 Novembre 2004 22:49

Il dono della libertà: III°parte (Carlo Ghidelli)

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IL DONO DELLA LIBERTA’

(una lettura di Galati 5,25)

(Terza parte)

Il dono pasquale della libertà

Il dono pasquale della libertà

"Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi: state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo, della schiavitù" (5,1) Qui Paolo fa tre affermazioni importanti: il fatto della liberazione, con allusione chiara alla sua Pasqua; lo scopo della Pasqua di Cristo, con allusione altrettanto chiara alla nostra Pasqua; e le implicazioni pratiche della sua e nostra Pasqua. In questo modo Paolo ci aiuta a focalizzare ancor meglio l'inestimabile dono della libertà cristiana. Vediamo come. Anzitutto Paolo ci ricorda che il discorso sulla libertà cristiana è dirimente. In altri termini: non si può tenere il piede in due scarpe, non si può tergiversare tra il vecchio e il nuovo. Il suo modo di esprimersi non lascia luogo ad alcun dubbio: "Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere Cristo non vi gioverà a nulla" (5,2). Chi si volta indietro perde completamente il beneficio della liberazione pasquale: "Non avete più nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustificazione nella legge: siete decaduti dalla grazia" (5,4). Non si può "passare in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di cristo a un altro vangelo" (1,6). Il disappunto dell'apostolo si trasforma in lamento: "Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità?" (5,7). Non solo, ma l'errore di pochi potrebbe inquinare l'intera comunità cristiana: "Un po’ di lievito, infatti,fa fermentare tutta la pasta" (5,9). Non potrebbe esprimersi in modo più chiaro! Paolo infatti si ispira non solo a quello che ha compreso, ma anche alla sua esperienza personale, oltre che alla sua esperienza di apostolo: il bene delle singole persone è superiore ad ogni dottrina e ad ogni legge.

" (5,1) Qui Paolo fa tre affermazioni importanti: il fatto della liberazione, con allusione chiara alla sua Pasqua; lo scopo della Pasqua di Cristo, con allusione altrettanto chiara alla nostra Pasqua; e le implicazioni pratiche della sua e nostra Pasqua. In questo modo Paolo ci aiuta a focalizzare ancor meglio l'inestimabile dono della libertà cristiana. Vediamo come. Anzitutto Paolo ci ricorda che il discorso sulla libertà cristiana è dirimente. In altri termini: non si può tenere il piede in due scarpe, non si può tergiversare tra il vecchio e il nuovo. Il suo modo di esprimersi non lascia luogo ad alcun dubbio: "Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere Cristo non vi gioverà a nulla" (5,2). Chi si volta indietro perde completamente il beneficio della liberazione pasquale: "Non avete più nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustificazione nella legge: siete decaduti dalla grazia" (5,4). Non si può "passare in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di cristo a un altro vangelo" (1,6). Il disappunto dell'apostolo si trasforma in lamento: "Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità?" (5,7). Non solo, ma l'errore di pochi potrebbe inquinare l'intera comunità cristiana: "Un po’ di lievito, infatti,fa fermentare tutta la pasta" (5,9). Non potrebbe esprimersi in modo più chiaro! Paolo infatti si ispira non solo a quello che ha compreso, ma anche alla sua esperienza personale, oltre che alla sua esperienza di apostolo: il bene delle singole persone è superiore ad ogni dottrina e ad ogni legge.

In secondo luogo Paolo afferma che noi siamo chiamati a libertà (5, 1 3): è come dire che la libertà cristiana non è mi bene assicurato una volta per sempre, ma un dono da coltivare sempre con prudenza e con fedeltà. Si direbbe che per Paolo la libertà cristiana è un bene biodegradabile: occorre circondarlo con attenzioni e difese, occorre preservarlo da contaminazione e contraffazioni, occorre soprattutto orientarlo verso manifestazioni genuine ed autentiche. E così facile contrabbandare come vera una libertà falsa. È sotto gli occhi di tutti il fatto di certe persone che millantano sicurezza e libertà mentre invece sono insicuri e schiavi delle loro passioni! In terzo luogo Paolo dichiara apertamente che non è autentica quella libertà che non porta all'obbedienza (5,7). Anche questo fa parte del paradosso cristiano e non è facile accettarlo; eppure chi non si lascia condurre dentro questa verità non può dire di essere cristiano. Certo se per obbedienza si intende la mera accettazione - esecuzione di un comando estrinseco ed indesiderato, allora essa non tende a promuovere la persona umana e tanto meno si può dire che essa "libera" la libertà. Ma se per obbedienza si intende l'entrare nell'orizzonte divino di Colui che fonda solo sull'unione i comandamenti che pur ci affida (vedi Esodo 20, 1 ss; Deuteronomio 5,6) allora essa libera la persona da se stessa e dai suoi idoli perché impari a sperimentare gli interventi salvifici di Dio nella storia. E se per obbedienza si intende la condivisione della verità di Cristo e del Vangelo, allora essa libera la persona umana dalla carne, dall'egoismo e da tutto ciò che lo caratterizza, per consentirgli di seguire con slancio l'impulso dello Spirito di Cristo.

Conclusione

Conclusione

In Cristo Gesù e sotto il dominio dello Spirito di Dio siamo liberi solo se siamo disposti a diventare gli uni i servi degli altri (5,13), solo se siamo pronti portare gli uni i pesi degli altri (6,2). Prima Paolo diceva che "contro queste cose (cioè contro il frutto dello Spirito) non c'è legge" (5,23), ora invece afferma che "portando i pesi gli uni degli altri noi adempiamo alla legge di Cristo" (6,2). È Cristo che diventa legge per coloro che lo riconoscono come unico liberatore e, in forza di quello che ha patito per amore e in atteggiamento di obbedienza, come unico legislatore. Ma egli non ci dà una legge scritta su carta o su pietra, bensì offre se stesso come legge personificata. È una legge interiore, sulla linea di quella prospettata dal profeta (vedi Geremia 3 1 ,33), che prima ha ispirato la vita di Gesù stesso (vedi Filippesi 2,58) e poi quella degli apostoli (vedi Atti 4,19; 5,29), in particolare la vita di Paolo (vedi I Corinzi 9,21). Accettare questa legge significa lasciare che lo Spirito di Cristo ci conformi a lui, donandoci la "forma" di Cristo e liberandoci dallo "schema" del mondo (vedi e confronta Romani 12,2 dove Paolo contrappone appunto lo "schema" statico e mortificante di "questo secolo" alla "forma" dinamica e vivificante di Cristo).

CARLO GHIDELLI

Biblista

Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano

Da "famiglia domani" 1/99

Letto 2393 volte Ultima modifica il Giovedì, 30 Dicembre 2004 20:30

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