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Lunedì, 01 Agosto 2011 18:19

Ma quali privilegi, la Chiesa paga le tasse

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Da quando non si parla che di tasse e di tagli e di imbrogli peri noti motivi, anche la Chiesa cattolica è finita sotto tiro dei soliti moralisti, accusata addirittura di eludere il fisco grazie a privilegi concordatari strappati allo Stato.

 

Una polemica vecchia che però si rinnova ogni qualvolta il governo bussa a soldi e chiede sacrifici ai cittadini. Il rimprovero più aspro rivolto al clero e alle sue istituzioni è di non pagare l’Ici sull’immenso patrimonio immobiliare in qualche modo riconducibile al Vaticano.

Senza entrare in particolari troppo tecnici, vorremmo tuttavia ricordare che gran parte delle suddette critiche sono infondate. Infatti non è vero che il mattone dei preti sia esente da imposte. 0 meglio, lo è se destinato ad attività di culto, benefiche, assistenziali o comunque volte a colmare l’assenza dello Stato. Forse conviene esemplificare. Ospizi per persone anziane, asili di infanzia, istituti divario tipo che curano disabili e ammalati gravi non sono soggetti al normale regime fiscale. Sarebbe assurdo il contrario. Perché assolvono a funzioni sociali che il settore pubblico non riesce a svolgere a causa di difetti organizzativi e mancanza di fondi. Se la Chiesa è in grado di sostituirsi ai Comuni, alle Province, alle Regioni e allo Stato laddove questi sono incapaci di agire, sarebbe assurdo che venisse penalizzata. Semmai dovrebbe ricevere, oltre a encomi, anche dei congrui contributi e non soltanto l’esenzione fiscale. D’altronde è assodato che la maggioranza dei religiosi si impegna per il bene comune non certo a fine di lucro. Per loro aiutare il prossimo in difficoltà è una missione, non una professione remunerativa. E questo i cittadini, laici compresi, lo sanno benissimo, lo verificano personalmente quando hanno bisogno di soccorso. Chiunque non sia milionario ha provato o proverà ad avere un genitore molto sudi età, magari non autosufficiente e non accudibile in famiglia. Come ci si comporta in casi del genere? Strutture pubbliche specializzate non esistono o ne esistono poche e di norma registrano il «tutto esaurito». E allora? Ecco, viene in mente il parroco. Il quale direttamente o indirettamente si dà da fare e una soluzione la trova. Ovvio, c’è il problema della retta: qualcuno dovrà pure sborsarla perché gli ospiti dei ricoveri gestiti da suore e sacerdoti non campano d’aria. Non solo. Infermieri e serventi vanno retribuiti. Ma non ci vuole molto a fare due conti e a capire che i preti, non avendo il profitto ai vertici dei loro interessi, non hanno grandi pretese: si limitano a esigere lo stretto indispensabile. Che è molto di meno di quanto un ospizio pubblico è costretto a rivendicare per tirare avanti peggio della «concorrenza», cioè offrendo un servizio qualitativamente inferiore. Ebbene, se una impresa a carattere religioso non punta a guadagnare, ma supplisce con la generosità alle lacune dello Stato, come minimo va agevolata sul piano fiscale. Con quale coraggio si può tassare chi rende meno agra la vita di un anziano non più indipendente? Lo stesso discorso vale per gli oratori e le scuole materne. I primi sono luoghi di aggregazione giovanile che nessun altro «ente» all’infuori delle parrocchie mette a disposizione dei ragazzi, tranne forse i centri sociali che però, consentiteci, sono cose ben diverse e non apprezzabili sotto il profilo educativo e della ricreazione. Tra l’altro, i centri sociali dispongono gratuitamente di locali dei Comuni, quindi non pagano l’Ici.

E perché dovrebbero pagarla gli oratori? Un accenno all’istruzione. Gli istituti cattolici, privati, riscuotono un contributo statale e un tot dalle famiglie. Ipotizziamo che siano obbligati a chiudere oggi. Domani il governo dovrebbe costruire migliaia di edifici scolastici e assumere un numero adeguato di insegnanti. Con quali quattrini? Non solo. Le quote ora a carico delle famiglie chi le sborserebbe? Ancora lo Stato. Non vediamo dove sarebbe la convenienza derivante dalla soppressione eventuale delle scuole cattoliche. Attenzione. Qualsiasi immobile della Chiesa che non sia utilizzato per gli scopi sommariamente citati sopra, e che sia invece affittato e produca reddito, viene trattato come se fosse nostro o vostro. Non è esente dall’Ici né da altre tasse.

P.S.: vorrei rassicurare il lettore. L’autore di questo articolo non può essere sospettato di conflitto di interessi perché è ateo e non è stipendiato dai preti, molti dei quali gli sono pure fortemente antipatici.

Articolo di V. Feltri pubblicato su Il Giornale, il 20/08/2011
Letto 2289 volte Ultima modifica il Domenica, 16 Ottobre 2011 18:52

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