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Mercoledì, 14 Marzo 2007 16:43

TENTAZIONI DELLA CHIESA E DELLA SOCIETÀ CIVILE

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TENTAZIONI DELLA CHIESA E DELLA SOCIETÀ CIVILE

Stando il dato rivelato, e di fatto, che l’uomo, sia laico sia – tanto più – cristiano, è profondamente toccato dal male, limitato pure nella sua intelligenza, non ci si può meravigliare delle reciproche incomprensioni tra la Chiesa e la società civile (oggi esaltate dai mass media) e addirittura di vere e proprie "tentazioni" di invasioni di campo. Vediamole

Il titolo proposto per questa riflessione introduttiva al dossier sulla "cittadinanza", ricco di contributi sicuramente di alto profilo da parte di esperti nei vari ambiti, si presenta come allettante e rischioso nello stesso tempo.
Allettante perché già in partenza vuole enunciare un dato importante: tutti siamo esposti a tentazioni, sia a livello personale che di appartenenza plurima, culturale, sociale, religiosa o altra. Viene perciò posto come premessa che nessuno può presentarsi indenne appunto da prevaricazioni almeno nei modi.

Rischioso, dal nostro punto di vista, quello ecclesiale (che ci interessa maggiormente), poiché si può avere l’impressione che le due comunità in questione con relative tentazioni si possano porre sullo stesso piano, in assoluta parità; ciò che in realtà non è o, meglio, non dovrebbe essere. Proviamo a spiegarci se possibile.

Se è vero che sociologicamente parlando la Chiesa e la società civile hanno in comune molti dati, primo tra tutti quello determinante di essere ambedue composte di uomini e donne e di occuparsi delle persone, spesse volte le stesse, con finalità però assai diverse, è altrettanto vero che proprio noi Chiesa affermiamo con forza che la dimensione sociologica non può rendere del tutto la realtà tipica nostra, che va ben oltre, poiché tocca ciò che noi giustamente chiamiamo "mistero" ed è la sua vera specificità (LG 1 e 8).

Dunque, a meno di ritornare a ecclesiologie di alcuni secoli fa, quando si sosteneva apertamente che la Chiesa era una società perfetta distinta e alla pari, tale e quale, di Francia e Germania, è necessario avere ben chiaro e sicuro che le tentazioni che vi sono certamente da parte della società laica (meglio, laicista) e della Chiesa sono su piani diversi, perché diverse sono nella loro stessa realtà profonda le comunità che non possono fare a meno di incrociarsi continuamente.

Sulla base di questo chiarimento forse non inutile, ci si può provare a delineare prudentemente alcune tentazioni rispettive come da titolo ufficiale, con molta cautela e senza nessuna pretesa di esaustività, soprattutto di assolutezza (sarebbe pure questa, e grave, una tentazione!). Probabilmente prima e più ancora che elencare le singole "tentazioni" da una parte e dall’altra, può essere utile e interessante cercare di mettere in luce "la tentazione" di fondo, vale a dire l’atteggiamento pregiudiziale che spesso sembra travagliare la società laica e anche quella ecclesiale nel rapportarsi a vicenda: quello che potremmo definire del sospetto e quindi dell’incomprensione reciproca.

Tentazioni della società civile
La società civile o, meglio, umana in genere, effettivamente è portata spesso, in buona o anche cattiva fede, a guardare alla Chiesa unicamente come istituzione, potere mondano come gli altri. Soprattutto è portata a vederla come concorrente nei vari ambiti ove per forza di cose, essendo i membri della Chiesa necessariamente cittadini e quindi persone che fan parte delle due comunità nel tempo stesso, essa esercita legittimamente la sua guida e insegnamento autorevole circa i diritti umani, la vita, la famiglia, la giustizia, la pace, reclamando la libertà religiosa.

Di qui la tendenza molto frequente a porsi in stato di conflitto con la Chiesa accusata di "invadenza" non tanto per l’aspetto strettamente religioso, generalmente ammesso, fatta eccezione degli Stati totalitari di ogni colore, quanto piuttosto proprio in sistemi democratici (ironia del termine!) quando si tratta di affermare e difendere valori per sé semplicemente umani (esempio classico: la vita).

Ora è evidente che oggettivamente parlando questa è una vera tentazione, vale a dire una pretesa non fondata, poiché basterebbe anche solo citare ciò che il concilio Vaticano II afferma con chiarezza cristallina nella Gaudium et spes proprio riguardo all’autonomia delle realtà terrestri, ove distingue bene tra autonomia legittima (indipendenza dalla Chiesa, potremmo dire) da quella illegittima (indipendenza da Dio). A questo proposito basti richiamare l’ultima severa battuta di GS 36: «L’oblio di Dio rende opaca la creatura stessa».

Per quanto poi riguarda più specificatamente la società civile, certamente principale tra le realtà terrestri, il Concilio precisa con grande accuratezza e chiarezza inequivocabile i rapporti positivi se ben posti con la Chiesa, nel noto passo di GS 76, riassumibili nella distinzione e collaborazione, perché ambedue «a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini».

Se le cose a livello di principio, almeno per noi ma in una certa misura anche per la società civile italiana stando alla nostra Costituzione (art. 7) e intese concordatarie, sono abbastanza chiare, come mai le "tentazioni" o, sempre meglio, "la tentazione" di cui sopra? La risposta è fin troppo facile proprio per noi credenti chiamati a capire anche per gli altri, eventualmente non credenti! Prescindendo volutamente da giudizi sulle persone (solo Dio vede nei cuori loro e nostri) si può sommessamente ricordare una verità abitualmente trascurata eppure squisitamente facente parte della nostra fede.

L’uomo in generale nella sua condizione storica, lo sappia o non lo sappia, lo creda o non lo creda, poco importa, non è integro, ma profondamente toccato dal male, con la volontà indebolita ma pure con l’intelligenza offuscata per cui, ciò che in sé (per esempio i valori di cui sopra) dovrebbe essere evidente e imporsi da solo, di fatto non avviene senza la grazia, con tutte le ovvie conseguenze di non riconoscere quale sia il suo vero bene e di rifiutare come invadente chi tenta di ricordarglielo. Il mistero del male non è una favola, mai. Non si tratta di trovare scuse di comodo per giustificare chicchessia, ma nel tempo stesso occorre evitare ingenue meraviglie o anche inutili e controproducenti arrabbiate polemiche.

Tentazioni della Chiesa
La Chiesa a sua volta (cioè, per essere concreti, noi tutti pastori e fedeli) è soggetta anch’essa a "tentazioni", e come! Paradossalmente non sono poi così diverse da quelle sopra accennate da parte della società civile. Intanto perché la Chiesa (noi) non vive in un altro mondo ma in questo comune a tutti, soprattutto perché è fatta di uomini e donne, con il peccato originale come gli altri, per cui non può essere esente da tentazioni, anzi da peccati veri e propri, come ci ricorda il Concilio a chiare lettere: «La Chiesa che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento» (LG 8).

Messo questo punto fermo, che spesso si dimentica pur senza negarlo, ci si può chiedere quale sia concretamente l’effettiva tentazione da parte della Chiesa proprio in rapporto alla società laica o laicista, spesso come detto sopra in atteggiamento di sospetto verso la Chiesa stessa. Anche se di primo acchito può sembrare strano, si può dire che la tentazione maggiore fonte di tutte le altre sia proprio quella che meno ci si aspetterebbe (infatti molti non vi pensano e a volte non vogliono crederlo e ammetterlo): quella della mondanizzazione, cioè di assimilazione alla società civile, cadendo di conseguenza nella stessa logica del sospetto, della paura e della concorrenza dei poteri.

La Chiesa cioè (sempre tutti noi, pastori e fedeli!), presa e preoccupata giustamente della sua missione evangelizzatrice specialmente in un contesto secolarizzato come il nostro, nell’ansia, meglio, nel timore di non riuscire a realizzare il suo compito di annunzio di Cristo e del suo Vangelo, quindi a fin di bene (quanti equivoci al riguardo!), rischia di lasciarsi attirare da vie e stili, da uso di strumenti che non sono evangelici ma appunto mondani, cercando alleanze non consone anche se apparentemente appaganti (per esempio con gli esponenti della religione civile). Questo pare il punctum dolens specie per le nostre Chiese italiane in questi anni.

La differenza cristiana
È triste e soprattutto non positivo ai fini della missione che tanti nostri fratelli anche laici, attenti ai messaggi e ancor più ai comportamenti ecclesiali, abbiano l’impressione che la Chiesa che è in Italia abbia paura non si sa bene di chi o di che cosa, non si senta tranquilla, sembri nutrire nostalgie di altri tempi e situazioni decisamente passate più favorevoli alle istituzioni. Insomma, pare temere la precarietà tipica evangelica, l’unica garanzia (non è ironia, ma semplice constatazione) offerta dal Signore ai suoi discepoli con la precisa predizione della continua persecuzione per i veri suoi testimoni e la sua Chiesa fedele.

Si tratta, direbbe Enzo Bianchi, della " differenza cristiana" che deve pure non solo esistere ma rendersi visibile, se si vuole che diventi messaggio credibile dei contenuti salvifici che la Chiesa è chiamata a offrire al mondo, da sempre (non da oggi) sospettoso, incredulo, scettico di fronte a doni veri e grandi, ma per natura loro non percettibili e apprezzabili se non testimoniati concretamente. Si parla giustamente di una visibilità della Chiesa nella società, ma non dimentichiamo che non può essere altra che quella di Cristo innalzato sulla croce.

Ogni volta che la Chiesa ha creduto, sia pure in buona fede, di poter evangelizzare più speditamente e ampiamente cedendo alla facile tentazione di servirsi di mezzi e modi non propri, magari più efficienti, ci ha sempre rimesso in efficacia vera, in autenticità di testimonianza. Presto o tardi, invece di essere aiutata è stata regolarmente strumentalizzata. La storia impietosa di ieri e di oggi ce lo conferma a iosa; ma si sa, anche se è maestra, non conta molti discepoli. Eppure la Chiesa ridisegnata dal concilio Vaticano II aveva offerto delle chiare e salutari impostazioni al riguardo, basti pensare, per limitarci ai rapporti Chiesa/mondo, alla Gaudium et spes, vero faro illuminante e sicuro punto di riferimento.

Una Chiesa così, ricca solo della Parola, della grazia del suo Signore, che non conta per nulla sui mezzi e poteri di questo mondo, che cosa ha da perdere, di chi o di che cosa può avere paura? Solo di sé stessa, o meglio delle debolezze e fragilità, dei peccati dei suoi membri, pastori e fedeli tutti. Una Chiesa così non cerca alibi altrove, non batte mai il mea culpa sul petto altrui, ma sempre e solo sul suo, come sapientemente e umilmente ha fatto Giovanni Paolo II durante il Giubileo 2000 e altre volte.

A Verona è stato autorevolmente richiamato il Concilio, in modo particolare proprio a proposito del rapportarsi della Chiesa agli uomini d’oggi come sono, con l’invito a incarnare nel nostro tempo la parola sempre valida della Prima lettera di Pietro: «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi [...], con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza» (3,15-16). Sinceramente pensiamo che questa sia la via migliore, forse l’unica, per farci superare le varie tentazioni sempre ricorrenti.

di monsignor Sebastiano Dho

vescovo di Alba (Cn)

Vita Pastorale/marzo 2007

Letto 1852 volte Ultima modifica il Martedì, 05 Giugno 2007 21:05
Fabrizio Foti

Architetto
Area Mondo Oggi - Rubrica Ecclesiale

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