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Giovedì, 05 Aprile 2007 16:48

MA IO VI "DICO": DA GERUSALEMME LE PAROLE DEL CARDINAL MARTINI ALLA CHIESA ITALIANA

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MA IO VI "DICO": DA GERUSALEMME LE PAROLE DEL CARDINAL MARTINI ALLA CHIESA ITALIANA

GERUSALEMME. Né la distanza, né l'età, né la malattia hanno affievolito la sua voce: anche da Gerusalemme, il card. Carlo Maria Martini parla alla Chiesa italiana e offre un punto di riferimento a quanti non si riconoscono nello stile impresso alla Cei dal card. Camillo Ruini, in attesa delle prime mosse concrete del suo successore, mons. Angelo Bagnasco. L'occasione è il ‘pellegrinaggio' che 1300 fedeli dell'arcidiocesi di Milano, guidati dal loro vescovo card. Dionigi Tettamanzi, hanno effettuato in Terra Santa per andare a festeggiare gli 80 anni di Martini. E durante una messa celebrata nella Basilica della Natività di Betlemme, il cardinale (come riportato da Repubblica e dal Corriere della Sera del 16/3) è intervenuto, in termini come sempre non espliciti ma chiari, sulla polemica dei Dico e sulle iniziative promesse dalla Cei per fermarli.
Queste le parole di Martini: "È un grande compito che dobbiamo portare avanti, per il quale io prego nella mia intercessione quotidiana: che ci sia dato, anche come Chiesa italiana, di dire quello che la gente capisce: non un comando dall'alto che bisogna accettare perché è lì, viene ordinato, ma come qualcosa che ha una ragione, un senso, che dice qualcosa a qualcuno...". "Bisogna farsi comprendere ascoltando anzitutto la gente", aggiunge, "le loro necessità, problemi, sofferenze, lasciando che rimbalzino nel cuore e poi risuonino in ciò che diciamo, così che le nostre parole non cadano come dall'alto, da una teoria, ma siano prese da quello che la gente sente e vive, la verità dell'esperienza, e portino la luce del Vangelo".

La famiglia, il cardinale lo aveva già accennato nelle scorse settimane, va "promossa" più che "difesa". E Martini ricorda anche il suo discorso sulla famiglia per la vigilia di Sant'Ambrogio del 2000 (v. Adista n. 1/01), in cui aveva ribadito che "al vertice delle nostre preoccupazioni ci dev'essere il proposito di sostenere positivamente e di promuovere le famiglie in senso proprio, non di penalizzare le unioni di fatto" e avvertiva che "è importante non lasciarsi dominare dal panico da accerchiamento e da recriminazioni senza frutto". La famiglia, ripete oggi, "è una istituzione che ha una forza intrinseca, la forza non è data dall'esterno e da chissà dove. Bisogna che questa forza sia messa in rilievo, che la gente la desideri, la ami, e faccia sacrifici per essa".

Quanto ai problemi della Chiesa di fronte alla modernità, Martini precisa che "la modernità non è una cosa astratta. In verità ci siamo dentro, ciascuno di noi è moderno se vive autenticamente ciò che vive. Non è questione di tempi. Il problema è essere realmente presenti alle situazioni in cui si vive, essere in ascolto, lasciare risuonare le parole degli altri dentro di sé e valutarle alla luce del Vangelo". Non è il caso di vivere tra costanti timori e recriminazioni: "Durante l'omelia ho parlato delle comunità che troppo spesso rimangono prigioniere della lamentosità. Il Signore vuole che noi guardiamo alla vita con gratitudine, riconoscenza, fiducia, vedendo le vie che si aprono davanti a noi. Quando andavo nelle parrocchie a Milano, trovavo sempre chi si lamentava delle mancanze, del fatto che non ci sono giovani. E io dicevo di ringraziare Dio per i beni che ci ha concesso, non per quelli che mancano. Dicevo che la fede, in una situazione così secolarizzata, è già un miracolo. Bisogna partire dalle cose belle che abbiamo e ampliarle. L'elenco delle cose che mancano è senza fine. E i piani pastorali che partono dall'elenco delle lacune sono destinati a dare frustrazioni e non speranze". (a. s.)

da Adista Notizie n° 23 del 24 Marzo 2007

Letto 2253 volte Ultima modifica il Venerdì, 29 Giugno 2007 23:50
Fabrizio Foti

Architetto
Area Mondo Oggi - Rubrica Ecclesiale

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