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Sabato, 19 Giugno 2004 11:56

La nascita della Bibbia (Thomas Römer)

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La nascita della Bibbia
di Thomas Römer


 


Prima parte


All’inizio, l’esilio. Attrae riassumere così la nascita della Bibbia ebraica. L’esilio in Babilonia non ha provocato la fine del popolo ebreo, ma ha, paradossalmente, dato origine al giudaismo, che fonderà, a partire dal IV secolo a.C., la sua identità nella Torâ. La deportazione della intelligentia ebraica a Babilonia ha così preparato in modo decisivo l’avvento del Libro.


L’esilio babilonese fu la conseguenza delle rivolte dei re di Giuda contro l’impero babilonese, che controllava dal 605 a.C. il Vicino Oriente. Nel 598 avvenne il primo assedio di Gerusalemme, e una parte importante degli intellettuali e della corte fu deportata. Sedecia, il re insediato dai Babilonesi, tentò una ribellione che provocò la distruzione di Gerusalemme nel 587-586. La città fu incendiata e il Tempio distrutto, e si verificò una seconda ondata di deportazioni. Il regno di Giuda aveva finito di esistere e fu assegnato alla provincia babilonese di Samerina. Taluni testi biblici danno l’impressione che la Giudea sia stata totalmente svuotata dei suoi abitanti e resa un deserto durante l’esilio (cf 2 Re 25,21); ma, in realtà, soltanto dal cinque al dieci per cento della popolazione fu deportata. Tuttavia, bisogna attribuire a questa "minoranza intellettuale" l’ideazione e la stesura per iscritto della maggior parte delle risposte che furono date in quel tempo di fronte alla crisi dell’esilio.


La prima edizione di una storia di Israele


Un gruppo di ex-funzionari della corte dà vita, all’epoca dell’esilio, ad un affresco storico che va dal libro del Deuteronomio sino ai libri dei Re. Viene chiamato "storia deuteronomista" perché gli autori di questa storia si sono fondati sul primitivo Deuteronomio edito all’epoca di Giosia (verso il 630), di cui forniscono un’autentica griglia di lettura della storia del popolo di JHWH. Il Deuteronomio esorta Israele a rispettare l’alleanza con JHWH non adorando nessum’altra divinità al di fuori di lui. La narrazione deuteronomista vuole dimostrare che tutta la storia di Israele, dal suo insediamento nella terra promessa, è stata segnata dalla costante disobbedienza del popolo e dei suoi capi, che non hanno saputo rispettare questa fondamentale esigenza. Nell’ottica degli autori deuteronomisti è allora JHWH stesso che provoca la catastrofe dell’esilio per dare una punizione ad Israele per la sua incapacità ad osservare la Legge codificata nel Deuteronomio.


La storia deuteronomista non è né una storiografia in senso moderno, né una ricerca alla maniera dei Greci. Tuttavia essa deve essere interpretata come il primo tentativo mirato a costruire un’ immagine globale del passato di Israele per dare un senso al presente. Gli autori della prima storia di Israele sono in realtà dei redattori. Non partono dal nulla, ma utilizzano dei testi dell’epoca della monarchia, tra i quali una prima versione del Deuteronomio e del libro di Giosuè, risalente al regno di Giosia, o anche un "libro dei sapienti", la cui origine si colloca nel regno del nord e che forma l’ossatura del libro dei Giudici, come pure una storia dell’ascendenza di Davide (1 Sam 16 – 2 Sam 5).


La novità della storia deuteronomista consiste nel revisionare questi testi più antichi e nell’organizzarli in una composizione coerente che mette in relazione tutta la storia di Israele, dalle origini all’esilio. Il lavoro di questi "deuteronomisti" del tempo dell’esilio prepara così il cammino verso una "religione del Libro". Deuteronomio 6,9 (un testo esilico) invita i detinatari a scrivere le parole della Legge su tutte le case di Israele, questa pratica era normalmente riservata ai santuari. Così, dopo la distruzione del Tempio, ogni casa può diventare "santuario", luogo in cui ascoltare la parola di JHWH: L’edizione esilica del Deuteronomio si trova dunque, in un certo modo, all’origine del culto sinagogale.


(tratto da Il mondo della Bibbia, n.1, 2003)



Seconda parte


La formazione del corpus profetico


I profeti dell’VIII sec. a.C. avevano denunciato le ingiustizie sociali e le deviazioni del culto in Israele e in Giuda; avevano anche annunciato l’arrivo di un giudizio divino. Marginali nella loro epoca, essi diventano immediatamente credibili dopo la catastrofe dell’esilio, che conferma i loro oracoli di sventura. L’ambiente deuteronomista, già responsabile dell’edizione dei libri dal Deuteronomio a 2Re, inizia allora a curare in particolare i libri di Amos, di Osea e di Geremia, fornendo così alla storia deuteronomista un complemento profetico. Questo complemento serve a dimostrare che il giudizio era stato annunciato molto tempo prima dai profeti, che per questo sono stati costantemente respinti dal popolo. Tuttavia l’esilio poneva anche la questione di sapere se poteva ancora esserci un avvenire per il popolo di JHWH. Di fronte all’insistenza deuteronomista sul giudizio, si sviluppa a partire dal 540 un profetismo "ottimista". Questo profetismo di salvezza si percepisce soprattutto nella seconda parte del libro di Isaia, chiamato "Deutero Isaia" (cc. 40-55).Si tratta di un gruppo di profeti anonimi, che ripubblica la collezione di oracoli del profeta Isaia risalente all’VIII secolo, attualizzandola. Il Deutero Isaia annuncia la fine dell’esilio, e presenta il ritorno nella terra sia come un nuovo esodo, sia come una nuova creazione (Is 43,18-20).


La coabitazione di una profezia di giudizio e di una profezia di salvezza, coabitazione che caratterizza il corpus profetico nell’Antico Testamento , trova così la sua origine in epoca esilica. La maggior parte della letteratura dell’Antico Testamento è dovuta agli esiliati o ai loro discendenti. In compenso, le tradizioni sui patriarchi furono veicolate dalla popolazione rurale, non deportata. Ezechiele 33,24 mostra chiaramente che Abramo era figura di riferimento per la popolazione rimasta nel paese. Questo passaggio suggerisce in realtà che la popolazione dei non esiliati si serviva del patriarca per legittimare il possesso del paese contro le rivendicazioni di un parte degli esiliati: "Abramo era solo, ed ha posseduto la terra; noi che siamo numerosi, è a noi che è stata data la terra". Al tempo dell’esilio egli era dunque già un personaggio conosciuto; ma sembra che la prima stesura in forma scritta del ciclo del patriarca sia avvenuta durante l’epoca babilonese. Il suo autore appartiene forse all’ambiente di Godolia, che i Babilonesi avevano nominato per gestire gli affari correnti del regno di Giuda. Al contrario dei testi deuteronomisti, che esigono una stretta separazione di Israele dalle altre nazioni, la storia di Abramo insiste sulla necessità di una coabitazione pacifica di tutti i popoli della Siria-Palestina, che intrattengono, secondo Genesi 12-25, numerosi legami di parentela attraverso Abramo.


La Torâ come "patria portatile"


Durante l’esilio, le tradizioni sui patriarchi si trovavano in concorrenza con la tradizione dell’esodo (Esodo 1-15) e di Mosè. Mentre il libro della Genesi non è segnato dal lavoro redazionale dei deuteronomisti, la storia di Mosè è fortemente impregnata dello stile e delle preoccupazioni di questa scuola. I primi che riuniscono in uno stesso rotolo le storie dei patriarchi, i racconti sull’uscita dall’Egitto e il soggiorno nel deserto sono degli esponenti dell’ambiente sacerdotale. Verso la fine dell’esilio o nei primi decenni della dominazione persiana, questi sacerdoti pubblicano il nucleo narrativo del Pentateuco distinguendo tre epoche della rivelazione divina (cf Esodo 6,2-4): le origini dell’umanità (quando Dio è chiamato Elohim), l’epoca dei patriarchi (quando Dio si manifesta come El Sadday) e l’epoca di Mosè (quando Dio si rivela sotto il suo nome proprio di JHWH).L’ambiente sacerdotale insiste sull’importanza del culto sacrificale (Levitico 1-9) ma considera la situazione di un popolo disperso. Gli autori sacerdotali stabiliscono il sabato (Genesi 2,1-4), le regole alimentari di base (Genesi 9,4), la circoncisione (Genesi 17) e la Pasqua (Esodo 12) prima della costruzione del santuario, e danno così agli esiliati dei riti di identità facilmente applicabili.


Ciascuno a suo modo, gli autori deuteronomisti e sacerdotali tengono conto della crisi dell’esilio. Essi si ritroveranno in epoca persiana per editare insieme il Pentateuco: il documento sacerdotale fornisce la struttura di base e il Deuteronomio, separato dalla storia deuteronomista, il finale. Il Pentateuco diventa allora una "patria portatile": perché la Torâ fosse letta e praticata sia dalla diaspora (i discendenti degli Ebrei dell’esilio, rimasti all’estero), sia dagli Ebrei rimasti in patria.


(tratto da Il mondo della Bibbia, n.1, 2003)


 


 

Letto 7572 volte Ultima modifica il Sabato, 19 Giugno 2004 13:03

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