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Sabato, 19 Giugno 2004 11:58

La bibbia, un libro ispirato (Joseph Moingt)

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La Bibbia, un libro ispirato
di Joseph Moingt *


prima parte


Solo un credente di tradizione biblica può affermare che la Bibbia è un libro ispirato da Dio, solo un cristiano vi integra gli scritti del "Nuovo Testamento", come se formassero un solo libro con quelli dell’ "Antico" di cui essi compiono la rivelazione, e rifiuta di inserire altri libri posteriori alle origini cristiane, perché essi distruggerebbero l’unità di questo libro spezzando la sua "chiusura". Quando dicono che la Bibbia è "ispirata", i cristiani comprendono che Dio ne è l’autore, nel senso che Dio stesso vi si esprime, vi si rivela, per comunicare agli uomini la sua verità e le sue promesse di salvezza, e quindi che il contenuto di questo libro è la "Parola di Dio", come la liturgia domanda ai fedeli, presentando loro il Libro sacro, di acclamare il passo che è appena stato loro letto.


Il dogma cristiano vuole significare ancora di più, e cioè che Dio ha voluto che la sua Parola fosse messa per iscritto, che questo libro fosse scritto come or ora è stato letto, per essere trasmesso a tutti gli uomini fino alla fine del tempo. Vi sono due grandi difficoltà per comprenderlo. Anzitutto la Bibbia non è un libro, ma una Biblioteca, un insieme di molti libri, appartenenti a disparati generi letterari, espressi in lingue diverse, la cui composizione si estende su una decina di secoli, la cui riunione in biblioteca e in Bibbia si è fatta nel tempo a partire da molteplici centri redazionali ed editoriali e per diversi motivi politici e religiosi. Inoltre ciascuno di questi libri (almeno in moltissimi casi), non è stato composto in un solo momento, da un solo e stesso scrittore, ma sulla base di tradizioni orali sparse e di redazioni parziali di diversa provenienza, e attraverso molteplici riscritture e complessi rimaneggiamenti ripresi in periodo molto lunghi.


Si pone allora al teologo un importante domanda: Chi ha scritto la Bibbia? Se egli giunge con sufficiente facilità a rappresentarsi, in un quadro analogo alla regola delle tre unità, di tempo, luogo e azione, che Dio "coopera" con lo scrittore sacro che per lui è uno "strumento", pur rispettando la sua piena libertà intellettuale (cioè la sua "ispirazione" personale, il che è meno facile da dimostrare!), è molto più difficile spiegare come Dio sia l’unico autore decisivo, redattore, compositore, editore tanto di un insieme letterario così composito, lungo e disperso, quanto di ciascun libro che spesso costituisce, da solo, una lunga storia che, in conclusione, non può essere decisa. È vero che i lettori della Bibbia, ebrei e cristiani, si richiamano, ciascuno per quanto lo concerne, all’unità di un progetto editoriale divino che sarebbe, per gli uni, l’Alleanza secondo la Legge, per gli altri, la venuta di Gesù. Questi presupposti dogmatici non risolvono veramente la difficoltà al livello più propriamente redazionale dell’unità di ciascuno scritto né della loro unificazione in un solo libro ritenuto di origine divina, ma essi forniscono un principio per elaborare una risposta a questa domanda, cosa che io cercherò di fare, ovviamente dal solo punto di vista cristiano.



* Professore emerito presso la facoltà dei Gesuiti di Parigi


(da Il mondo della Bibbia – 66, Gennaio-Febbraio 2003, n.1)



Seconda parte
La memoria di Gesù



Riassumerei questa risposta dicendo che la Scrittura è ciò che costituisce la memoria di Gesù , che ha formato la propria autocoscienza, e il ricordo collettivo e vitale che la Chiesa ha conservato di lui, che è all’origine del fatto di essere cristiani Nel primo senso, evidentemente, la Scrittura designa soltanto i libri del Primo Testamento che Gesù leggeva secondo il canone usato dal giudaismo del suo tempo; tuttavia essi non rappresentavano per lui un insieme da conservare, o da rinnovare o da completare, né il passato globale del suo popolo, ma semplicemente il suo passato, presente e futuro, che egli doveva riscrivere e rieditare assumendolo e vivendolo nel proprio corpo. Egli non citava molto le Scritture e non le commentava alla maniera degli scribi, né si riferiva con compiacimento ai grandi eventi del passato: esse non erano per lui né una raccolta da conservare né un repertorio. Questo non impedisce che costituissero il fondo vivo e l’orizzonte materiale del suo pensiero. "Tutte le Scritture parlano di me", diceva: in esse, giorno dopo giorno, egli scopriva e costruiva la sua identità più profonda, quella che gli veniva dalla sua discendenza da Abramo, certamente, ma molto più quella che gli veniva dalla sua relazione con Dio, prendendo consapevolezza che era "uscito da Dio e venuto in questo mondo" attraverso le Scritture "da Mosè e dai profeti", così come insegnerà ai suoi discepoli a comprendere "secondo le Scritture" tutto ciò che doveva, dall’inizio dei tempi, capitargli.


Se si tratta ora della memoria di Gesù che è nella Chiesa, da lui creata, la Scrittura designa (oggi, per noi) in primo luogo gli scritti evangelici ed apostolici che si riferiscono alla persona e alla venuta di Gesù, ed indirettamente i libri antichi a cui egli stesso faceva riferimento per definire la sua identità. I ricordi di Gesù che hanno valore di testimonianze autorizzate sono quelli raccolti e trasmessi da testimoni scelti da Dio e da Gesù e suscitati dallo Spirito Santo per annunciare al mondo la risurrezione e il vangelo di Cristo, e non quelli che hanno potuto fissarsi spontaneamente nello spirito dei suoi contemporanei. Essi rappresentano dunque quello che Gesù stesso ha fatto scrivere nello spirito e attraverso la penna di questi testimoni, e sono simbolo e perpetuazione della sua presenza vivente nella fede della sua Chiesa. La Chiesa non assume i libri dell’ Antico Testamento per rafforzare la fede dei suoi fedeli nelle loro radici ebraiche – come taluni propongono con tanta superficialità oggi – ma perché così li trova e li rilegge riscritti e reinterpretati nella propria memoria e nella carne di Gesù. Su questi due sensi della memoria di Gesù e sui loro due versanti si elabora il lavoro di ispirazione e di composizione da parte di Dio di ogni libro e dell’intera Bibbia, e che Dio può essere pertanto compreso come l’unico e completo autore ed editore del tutto e di ogni parte.


Dio si rivela nella storia preparandovi la venuta del suo figlio e donandogliela in eredità quando viene per manifestarsi finalmente in lui. La scrittura della rivelazione è la raccolta, a monte e a valle, delle tracce di questa venuta e dei ricordi di questa manifestazione. La rielaborazione della memoria di Gesù – attraverso cui egli si appropria di questa storia come del passato della sua incarnazione, venendo da Dio, e la prolunga, ponendo la Chiesa nel mondo come il suo corpo totale generato dalla sua carne e dal suo Spirito – è l’attività che tesse l’unità di ogni libro e che li collega tutti in un unico e stesso libro, la Bibbia. Di fatto Gesù riferisce a se stesso tutto quello che Dio gli rivela come scritto di lui nella diversità dei tempi e dei luoghi, e lo Spirito, riunendo la Chiesa, testimonia al suo interno che essa è veramente il corpo di colui che doveva venire. L’edizione della Bibbia cristiana non è fatta a pezzi, per aggiunte successive attraverso i tempi, dal passato verso il futuro; essa si costruisce in senso inverso, secondo il tempo, ma anche ripercorrendo alla rovescia, dalla costituzione della Chiesa verso la venuta di Cristo nel quale essa prende e riconosce la sua origine, e di Cristo verso il suo passato che si identifica nel suo presente sino ad esserne completamente rivestito, affinchè l’unità della lettera avvenga attraverso l’unità dello spirito che le dà significato.


L’attività editoriale di Dio si consuma nell’atto attraverso il quale egli esprime la sua Parola nella carne di Cristo per generare da questa una moltitudine di figli, la Chiesa. Nell’unico istante (eph’apax) della pubblicazione o edizione del corpo totale di Cristo si compie l’edizione completa del suo corpo strutturale (come diceva Origene), di tutto ciò che la pazienza di Dio ha scritto nella profondità dei secoli. "Carne di Cristo, cardine della salvezza", scriveva Tertulliano: essa è il punto nodale della intera storia della salvezza, la riunione di tutti i racconti della salvezza in uno solo. Questo atto di edizione costituisce la conclusione della Bibbia, la delimitazione di un corpus di scritti destinati ad un corpo di lettori. Ma il termine dell’atto dello scrivere non è il termine della rivelazione, che continua in ogni atto di lettura, perché la rivelazione non è perfetta- atto di comunicazione effettivo e riuscito – se non facendosi accogliere come interpellanza personale di ognuno attraverso la parola di Dio, ed ogni rilettura, guidata dallo Spirito nella Chiesa, rinnova inesauribilmente la vetustà della Scrittura facendola fiorire di sensi nuovi sino alla fine dei tempi.


(da Il mondo della Bibbia – 66, Gennaio-Febbraio 2003, n.1)



Terza parte
La Bibbia delle Nazioni





Rileggendo la Scrittura secondo il rinnovamento di senso che essa prende nel rinnovarsi del tempo, la Chiesa la strappa dalle sue chiusure, passate e presenti, etniche e religiose, consegna la parola di Dio al mondo, ne fa la Buona Novella per ciascuno e per oggi, la rende universale, ne fa la Bibbia delle Nazioni, di tutti gli altri credenti e "gentili" di ogni specie invitando gli uomini divisi di ogni paese e di ogni cultura a scoprire nell’unità del Libro ispirato, aperto a tutti grazie all’alterità che lo abita e che lo rende un bene per tutti, ispirazione del loro cammino verso l’unità e verso la pienezza dell’umanità. Il lavoro di esegesi biblica universitaria, qui esposto, studiando la Scrittura secondo le esigenze della razionalità critica e scientifica del nostro tempo, si impegna a metterla a disposizione di tutti gli spiriti, affinchè sia veramente ispirante per coloro che la leggeranno alla ricerca della verità che ne promana.



(da Il mondo della Bibbia – 66, Gennaio-Febbraio 2003, n.1)


 

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