LA CONDIZIONE GIOVANILE IN EUROPA
Istruzioni, lavoro, benessere, salute, valori, partecipazione politica sono alcuni dei temi presentati l’11 dicembre 2002 a Milano in un convegno organizzato da Assolombarda e dallo Iard dal titolo: "I giovani in Europa: dal Libro bianco alle politiche locali".
La pubblicazione del Libro bianco sui giovani dell'Unione europea, ha preso le mosse dalla precedente ricerca transnazionale dell'Istituto di ricerca Iard sulla condizione giovanile e sulle politiche che alcuni Paesi europei hanno elaborato nei loro confronti. Questo studio ha visto coinvolti 18 Paesi europei e ha fornito importanti linee guida per definire e attuare nuove politiche sociali a favore dei giovani.
La permanenza dei giovani nei canali educativi è sempre più lunga e sempre minore è la percentuale di coloro che lasciano precocemente la scuola. L'interconnessione tra l'età giovanile e lo status di studente è talmente forte che quando le due condizioni non convergono, questo viene ritenuto problematico. Anche se la maggior parte dei Paesi ha attuato riforme per aumentare la frequenza scolastica, vi sono notevoli differenze nei modelli formativi, nella partecipazione, nelle opportunità e nei risultati educativi (la scuola dell'obbligò ha un'età variabile dai 14 ai 18 anni e variabili sono anche il tasso per l'istruzione secondaria superiore: 70%-100%). Questo innalzamento dell'età di istruzione ha prodotto una riduzione del numero dei giovani nella coorte dei lavoratori, provocando la necessità di integrare il percorso formativo sempre più qualificato con l'esigenza di anticipare l'ingresso nel mondo del lavoro.
Gli "imperativi" individuati per l'attuazione di una politica educativa che possa ridurre le disuguaglianze sociali, sono diversi. Il primo consiste nel limitare l'uscita precoce dalla scuola e i comportamenti dei giovani che impediscono il conseguimento di qualifiche formative di base; infatti, mai come oggi, i giovani con bassa istruzione sono ad alto rischio di disoccupazione. Il secondo è incoraggiare nei giovani l'acquisizione di competenze avanzate; il terzo è migliorare la relazione tra credenziali educative e opportunità del mercato del lavoro, mediante un forte legame tra istruzione e lavoro, ripensando la scuola e i percorsi formativi.
Avere buone opportunità di occupazione, è un aspetto indispensabile per la transizione all'età adulta ma, negli ultimi vent'anni, la condizione lavorativa ha subito un peggioramento: i tassi di occupazione dei giovani di 15-24 anni sono mollo più bassi mentre aumentano quelli della disoccupazione dei giovani tra 15-24, rispetto ai 25-64 anni; se, infatti, nel 2000 il tasso di disoccupazione nei Paesi europei era dell'8,4%, quello dei giovani al di sotto dei 25 anni era del 16,1%. Nei Paesi mediterranei, e soprattutto in Italia, le credenziali educative hanno una minore rilevanza nel determinare la rapidità nel trovare la prima occupazione; avere delle buone qualifiche non garantisce infatti un'occupazione. È aumentata tra i giovani la percentuale di quelli che lavorano con contratti atipici (contratti formazione lavoro, lavoro interinale), e i loro guadagni all'inizio di carriera stanno sempre più diminuendo, rispetto agli adulti.
Le disuguaglianze intergenerazionali, sempre più manifeste, rendono più fragile la solidarietà facendo diventare i giovani sempre meno disponibili a favorire l'integrazione sociale e il benessere delle generazioni precedenti.
Tra le misure attuate per aumentare i tassi di occupazione giovanile c'è la riduzione del costo del lavoro, il sostegno all'auto-imprenditorialità promuovendo corsi per sviluppare le capacità imprenditoriali e fornendo prestiti agevolati per iniziare le attività di produzione. Rendere più agevole la transizione scuola-lavoro è un altro obiettivo non trascurabile.
È utile rilevare che la fonte principale di reddito per i giovani è diversa nei differenti Paesi europei. In Austria, Germania, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Svezia, Paesi Bassi, Danimarca e Regno Unito, il mercato del lavoro rappresenta la fonte più importante di reddito per i giovani, mentre in Belgio, Spagna, Grecia e Italia, è la famiglia la fonte economica principale. Questa spaccatura può essere ricondotta ai diversi modelli di formazione delle nuove famiglie. Infatti in Spagna, Italia e Grecia è più probabile che i giovani vivano all'interno della fa miglia d'origine, visto che è il matrimonio l'occasione per costruire una nuova famiglia. Nei Paesi protestanti del Nord Europa, invece, lasciare la famiglia d’origine è considerato un aspetto fisiologico della transizione all'età adulta.
Quello che accomuna tutti i Paesi europei è la diminuzione del tasso di fertilità che vede nella Spagna e nell'Italia i Paesi dove questo decremento è particolarmente accentuato. Per quanto riguarda i valori, si delinea la tendenza dei giovani a essere più interessati a valori che riguardano la qualità della vita piuttosto che quelli legati al benessere economico. La famiglia è considerata importante dalla maggior parte dei giovani; il lavoro è più importante in Norvegia, Regno Unito, Irlanda e Italia e meno importante in Finlandia e Germania; gli amici, infine, sono importanti nei Paesi dove i giovani godono maggiore indipendenza dalla famiglia (Svezia, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi).
Per affrontare il problema del calo della natalità risulta decisivo fornire un sostegno ai nuovi nuclei familiari, incentivando le nascite e tutelando le giovani madri.
Emanuela di Gesù
Da "Famiglia oggi" 2/2003