La “speranza” è veramente un argomento importante per la vita di ognuno. Appena la nostra ragione a causa di una occasione felice oppure dolorosa arriva a concentrarsi su se stessi (e sottolineo a qualsiasi età questo avvenga), il pensiero corre alle ragioni più profonde della nostra vita, quanto essa durerà, quanto durerà questo momento felice o doloroso, perché la morte, da dove veniamo e dove andiamo, che futuro ci attende.
Allora anche la più serena delle vite viene turbata da mille interrogativi, talora anche angoscianti.
Ciò accade perché il primo mondo che conosciamo è quello della carne. Gli insegnamenti che quotidianamente sentiamo : “finché c’è vita c’è speranza” o “ non disperare: studia, lavora, creati un futuro migliore dell’attuale” ed altri similari possono bastarci solo per alcune conseguenze pratiche: vivrai meglio, avrai più soldi, ti potrai formare una famiglia, potrai avere una vecchiaia protetta, tutte giustificazioni corrette ma che non ci danno ragione della nostra esistenza.
Solamente un incontro con qualcuno (i nostri genitori, il bravo insegnante, la fidanzata o il fidanzato, la sposa o lo sposo, e perfino i nostri figli, qualche parente, l’ambiente in cui viviamo, un vero amico ….) che ha le conoscenze giuste e che ci ama veramente, ci introdurrà alla conoscenza di un altro mondo che è in noi: il mondo dello spirito.
Per noi cristiani il mondo dello Spirito è l’incontro con Gesù Cristo, con le Sue parole e le Sue opere.
Ad un cristiano poi che conosce le Scritture, la speranza richiama le parole dell’Apostolo Pietro contenute nella sua prima lettera (Pt. 1, 3-15): adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.
Quindi l’Apostolo ci insegna e ci invita a possedere, per quanto possibile, la “ragione della speranza che è in noi”.
Sicuramente mi domandi quale è questa “ragione” e questa “speranza”.
La “ragione” è rappresentata dalla conoscenza di Cristo che si acquisisce unicamente con la frequentazione assidua della Sua parola portata a noi dai Vangeli e la conseguente meditazione e studio. Ciò soprattutto con l’aiuto di chi ha dedicato la sua vita a questo scopo, cioè la Chiesa, i Sacerdoti. Nessuno infatti si sognerebbe di costruirsi una casa senza l’aiuto di un architetto e comunque di un esperto in grado di farlo.
E la “speranza”?
E’ la consapevolezza che la nostra adesione a Cristo figlio unigenito di Dio, morto in croce e resuscitato per noi, sconfiggendo la morte ci promette la vita eterna.
Allora vedi che il nostro vivere attuale è un breve passaggio in questo mondo della carne pieno di gioie e di dolori, diventerà invece, dopo la morte, eterno nel mondo dell’amore definitivo, quello non più soggetto alla corruzione del corpo. Questa è la consapevolezza che conquistiamo, ti ripeto, con la nostra adesione a Cristo nostro Dio. Allora forti della “speranza” sopporteremo i dolori, le vicende negative della vita, saremo in grado di godere appieno delle gioie della vita, quasi come anticipo delle gioie che ci aspetteranno nell’eternità.
L’occasione però per acquistare tutto questo ci è data una sola volta, vivendo questa vita unica e irripetibile. E’ solamente questa l’occasione che Dio ci offre. Prendere o lasciare, come si suole dire
In proposito mi viene in mente la parte finale di una meditazione di Don Benzi a commento del Vangelo Secondo Giovanni (Gv. 1, 1-16):
Che bella avventura: noi siamo nel Signore e il mondo di Dio è già dentro di noi .
Vivere questa bella avventura comporta però un cammino un po’ in salita.
Devo a proposito considerare che è veramente arduo offrire l’altra guancia a chi ti ha schiaffeggiato, amare i nemici, le pratiche del cristiano (visite ai malati, ai carcerati) comportarsi sempre all’altezza di Cristo nella nostra vita ordinaria, nei rapporti sociali, di studio o di lavoro.
Però senza questo impegno cosciente e costante come si possono accettare i dolori che incontriamo nella nostra vita terrena,come la morte dei genitori, dei fratelli, degli amici, di persone che abbiamo stimate, gli insuccessi dopo effimeri successi, la decadenza fisica della vecchiaia, le malattie gravi, insomma le disavventure che prima o poi capitano nella vita dell’uomo? Rimane solo il vuoto e la disperazione, cioè il contrario della speranza.
Coltivare la spiritualità, diventare contemplativi, è un impegno che richiede un affinamento di sé metodico e continuo (letture e studio di testi spirituali, partecipazione a funzioni religiose, ascolto della parola) e tanto amore verso il prossimo.
Non sempre tutto ciò sarà compreso da chi ci sta vicino, comprese anche le persone più care, Il nostro comportamento sarà a volte addirittura causa di aperte e gravi ostilità.
Ancora un breve appunto, desidero ricordarti che dopo la fede in Dio, la speranza è la seconda delle virtù che Dio ci dona nel suo grande amore assieme alla terza che è l’amore. Dopo la morte al mondo se avremo le coltivate in vita le tre virtù le prime due – Fede e Speranza -, non avranno più ragione di esistere, mentre la terza - l’Amore –continuerà in eterno.
Questo so dirti sulla “speranza”, sulla nostra speranza. Rendiamola partecipe della nostra vita e mostriamola agli altri armati di umiltà e fermezza, forti nella fede e nell’amore. Saremo dei buoni seminatori!
Viviamo questa “bella avventura: noi siamo nel Signore e il mondo di Dio è già dentro di noi”, come ha detto Don Benzi.
Mario Duval
laico, presta servizio come volontario presso il Centro Anziani MAMRE a Roma