Vita nello Spirito

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Giovedì, 02 Dicembre 2004 00:17

Introduzione (Mervyn Duffy)

Le Chiese dell'oriente cristiano

Introduzione
di Mervyn Duffy


Molti cristiani occidentali sono meravigliati  dalla complessità dell'est cristiano, che in effetti appare come un conglomerato, poco chiaro, di chiese nazionali e di giurisdizioni etniche, questa perplessità ovviamente riguarda una mentalità occidentale e cattolico-romana. Lo scopo di questa esposizione è quello di  fornire una descrizione  delle chiese orientali a delle persone ne’ specialiste, ne’ competenti nel settore.

Ogni chiesa sarà considerata nel suo contesto storico, geografico, dottrinale e liturgico.  Con un particolare riguardo per i territori anglofobi, perché negli anni, vicissitudini complesse hanno portato molti cristiani di rito orientale ad emigrare.

La parola chiave che sarà usata in questo libro per parlare delle chiese sarà quella di “COMUNIONE”. Descriveremo cioè essenzialmente i gruppi di chiese che sono in completa comunione tra loro.

Questo metodo prenderà in considerazione  quattro distinte COMUNIONI di cristiani orientali separati:
(1) La chiesa Assira dell'est, che non è  in   comunione con  altre chiese;

(2) Le sei chiese ortodosse orientali, che, anche se ciascuna è indipendente, sono in comunione  completa tra loro;

(3) La chiesa ortodossa, che è una comunione di chiese nazionali o regionali, che riconoscono il patriarca di Costantinopoli come punto di unità e che gode di determinati diritti e privilegi; 

(4) Le chiese cattoliche orientali, che sono  in comunione con la chiesa di Roma e con il suo Vescovo, il Papa. L'ordine in cui queste quattro comunioni sono elencate non è di particolare importanza; riflette soltanto la sequenza cronologica in cui sono emerse come entità distinte.
Unica eccezione  al principio della comunione per la classificazione delle chiese è  costituita dalle chiese ortodosse di condizione irregolare. Le abbiamo incluse come sottocategoria della chiesa ortodossa, ma non sono in comunione completa con essa. Tutte sono di origine ortodossa, ma oggi l'ortodossia le considera come non completamente scismatiche ma anche come non canoniche.

Questa presentazione non è e non vuole essere di parte quindi non prende posizione sui  problemi sospesi e non chiariti tra le varie chiese.

Ad esempio abbiamo elencato le chiese nell'ordine riconosciuto dal Patriarcato di Costantinopoli e dalla maggior parte delle altre chiese ortodosse ed abbiamo aggiunto la chiesa ortodossa d’ America, che è stata riconosciuta come autocefala dal Patriarcato di Mosca ma non da quello di Costantinopoli I quattro patriarcati antichi sono seguiti dai cinque patriarcati di origine più recente e poi  dalle altre chiese autocefale che non hanno il rango di patriarcato.

Una parola deve dirsi circa la condizione della Chiesa Ortodossa d’America (OCA), che abbiamo incluso fra le chiese ortodosse autocefale. Ma Costantinopoli e la maggior parte delle altre chiese ortodosse non riconoscono l'OCA come autocefala. perciò non può partecipare ad attività come i dialoghi internazionali con altre chiese cristiane. Tuttavia, funziona come chiesa autocefala e la  sua ammissione al congresso permanente americano dei vescovi ortodossi canonici indica che ha raggiunto un qualche livello di legittimità tra altre chiese ortodosse negli Stati Uniti.  Abbiamo incluso questa chiesa fra le chiese ortodosse autocefale, con una descrizione della polemica circa la situazione, ma senza prendere posizione.

Le statistiche  dei membri  di queste chiese devono essere trattate con grande attenzione. Molte chiese orientali esistono in zone dove nessun censimento è stato effettuato o dove   una indagine statistica sui membri di quella chiesa potrebbe avere implicazioni politiche esplosive.
Alcuni dati statistici sono stati tratti dai dati in possesso del Consiglio Mondiale delle Chiese, altri dalla Enciclopedia  “Cristiani nel Mondo”, altri dall’Annuario Pontificio .
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Ma che cos'è questo stress di cui tanto si parla? Sostanzialmente si tratta di un adattamento "forzato" dell'organismo (e della mente) a sollecitazioni particolarmente forti ed intense che provengono dall'ambiente esterno.

Spiritualità Marista 

di Padre Franco Gioannetti
 




Ventisettesima parte

Per poter scrivere del Carisma Marista è necessario iniziare facendo riferimento al Concilio Ecumenico Vaticano II.

Infatti questo ha riconosciuto alla vita religiosa nella Chiesa il ruolo di segno profetico (vd. Perfectae Caritatis 1a, 12a, 13a); quindi allo stato di vita religiosa spetta un carattere particolare di segno (vd. Lumen Gentium IV 31b (ed esso è un carisma conferito da Dio alla Chiesa (vd. Lumen Gentium II 12,13).

Questo Carisma fondamentale si specifica poi nella grande famiglia delle Congregazioni religiose secondo accenti diversi ed esperienze diverse.
Ma in base a cosa avviene questa specificazione?

In base al legame della singola congregazione con il mistero della Chiesa ed alla sua funzione di rivelare al mondo un aspetto della santità inesauribile di Cristo.

Quindi il Carisma è l’intuizione profonda donata dallo Spirito Santo al fondatore di una congregazione religiosa unitamente al discernimento della fede per comprendere le esigenze del vangelo.

Cercheremo dunque di prendere in esame delle espressioni del P. Colin che ci permettano di esplicitare il Carisma Marista.


L'incarnazione, la presenza di Dio fra gli uomini non finisce con la vicenda terrena di Cristo. "Divinizzazione" è una parola con la quale i Padri della Chiesa hanno espresso la loro convinzione che «se Dio si è fatto uomo è perché l'uomo diventasse Dio».

Il dialogo interreligioso
Tante note per una sinfonia
Intervista a Raimon Panikkar





AHN: Come condirettore del Parlamento delle Religioni, che bilancio traccerebbe del dialogo interreligioso?
Raimon Panikkar: In primo luogo, ho il vantaggio di essere stupido e di conseguenza di non fare bilanci. Tutto si può "bilanciare" positivamente e negativamente, sottolineando una cosa o un’altra. Tutto il mondo è paese. Ma, tutto sommato, il bilancio non è negativo.
Dal punto di vista sociologico, anzi, è molto positivo. Finora abbiamo vissuto sempre più in compartimenti stagni. Si parla molto di globalizzazione, ma non di un incontro umano di una certa profondità.
La mia critica è che non si è ancora arrivati dove io avrei voluto che si arrivasse: a un incontro, non solamente di cuore, cordiale, ma umano in senso profondo, di menti e cuori allo stesso tempo. Non per dire tutti le stesse cose, ma per comprendersi e amarsi con un po' più di intelligenza e di profondità. Non si tratta di una concordia esterna. Non andiamo a parlare solo perché l'altro non dispone di armi atomiche e non intende distruggermi, si tratta di qualcosa di più.
A mio modo di vedere, questo qualcosa di più non è uniformità, ma la possibilità di godere dell'arcobaleno. Io non voglio che il verde sia rosso né che il rosso sia giallo, ma voglio poter godere della sinfonia di colori anziché di una melodia monocolore. Il fatto è che, lo vogliamo o no, siamo ancora monoculturali, soprattutto l'occidente. Non si può essere multiculturali, cioè essere al di sopra di coloro che hanno una sola cultura. Bisogna essere interculturali, cioè aprirsi alla fecondità mutua tra gli uni e gli altri. La metafora è duplice, spirituale e sessuale. Io posso apprendere molto dall'altro, sempre che io permetta anche all'altro di fecondarmi e apprendere da me. C'è una certa inculturazione tra coloro che vogliono apprendere molto dagli altri, per essere migliori di loro. Ma il movimento deve prodursi in entrambe le direzioni perché ci sia una vera comunicazione.
E di questo si stanno ponendo le basi. Perché, avendo toccato il fondo, siamo arrivati a un punto in cui appare chiaro che così non si può continuare. Questa è la mia opinione paradossalmente ottimista. Non è uguale litigare prendendosi a pugni o farlo con le bombe atomiche. Se non cambiamo, presto o tardi arriveremo a questo. E poiché siamo disposti solo a porre cataplasmi, palliativi e iniezioni di acqua fresca, non arriviamo al fondo delle cose. Ma il mondo sì che ha toccato il fondo. La riforma non serve, bisogna realizzare una trasformazione (metamorfosi, in greco) e aiutare la gente a prendere coscienza del fatto che con i palliativi non si va da nessuna parte.
Se il rimedio deve essere efficace, ci deve coinvolgere completamente. E, a volte, non siamo disposti a correre il rischio. Predicare sì, sappiamo farlo d'avanzo. Ma essere l'incarnazione di quello che predichiamo, cioè lasciar da parte tutte le sicurezze, già è più difficile. Siamo ossessionati dalla sicurezza ma, per valutare l'importanza delle idee, bisogna assumere i rischi. 'Il signore delle Carte', Cartesio, era ossessionato dalla ricerca della verità. Ma oggi, dall'ossessione di Cartesio per la certezza, siamo passati alla patologia della sicurezza, che ci rovina la vita. Bisogna correre il rischio di essere vulnerabili. Puoi portare un pugnale nascosto per uccidermi o avere qualsiasi altra intenzione occulta, ma se io sono sospettoso dall'inizio non esiste più relazione umana. Senza fiducia, non si può essere felici.

AHN: Si è riusciti a generare questa fiducia qui nel Forum, nel Parlamento delle Religioni?
RP: C'è molta simpatia, c'è scambio di conoscenze. Quando ho cominciato a difendere l'Islam, molta gente ha riconosciuto che da questa religione non c'è da temere tanto. Si è rotto una specie di tabù e molti fraintendimenti sono caduti. Gli stessi cattolici si sono resi conto che non ogni cattolico deve essere inclusivista, si può essere cattolici senza aver questo atteggiamento. Io credo che si sia ottenuto abbastanza, ma mi piacerebbe passare dal sociologico al metafisico.

AHN: Assenze significative come quella del Dalai Lama crede che lancino un messaggio al Parlamento delle Religioni?
RP: Non c'è male da cui non venga un bene. Il Dalai Lama è un mio intimo amico. L'ho conosciuto nel 1959 in un piccolissimo paese accanto a Benares (una delle sette città sacre della religione hindù, presso il Gange), come piccolo monaco buddista. Quando venne qui, 10 anni fa, tutti volevano conoscerlo, perché emana una grande luce, e alla fine l'ho presentato io, che non sono nessuno...

AHN: Negli incontri delle e sulle donne del Parlamento, in cui c'è un grande scambio di energie, si notano tutte le differenze rispetto agli incontri maschili in cui si parla in modo solenne. Quanto è necessario secondo lei il contributo femminile alla soluzione dei problemi di questo mondo?
RP: Provengo, per parte di mio padre, da una società millenaria in cui comandano le donne. E, per me, la cosa più importante è che le donne non imitino gli uomini. Una donna indigena mi disse molto tempo fa che provava compassione per gli uomini, che avevano lasciato alle donne la cosa più importante che è la casa e la famiglia, mentre loro si dedicavano solo al lavoro. Ma nella società attuale questo non funziona, perché le donne hanno voluto imitare gli uomini e lavorano anche loro.
È necessario sviluppare l'aspetto femminile di ogni uomo. Gli uomini non posso monopolizzare la mascolinità, tutti siamo maschi e tutti abbiamo la metà dei cromosomi femminili. Non possiamo diventare uguali, dobbiamo confrontarci. La complementarità deve essere pacifica e amorevole. Al momento, abbiamo una società ad egemonia maschile. Ed ecco vediamo dove stiamo andando. Non credo nella competizione tra donne e uomini, perché nelle circostanze attuali sono le donne che perderanno. Questo non porta da nessuna parte. C'è bisogno di un'altra cosa: la complementarietà, l'amore...
Questo nuovo stile di vita necessita del contributo femminile, ma non solo quello della donna. Ci sono donne maschiliste. C'è una specie di razzismo sessuale (non di genere, che è un'invenzione linguistica). Fortunatamente, le donne oggi si stanno ribellando.
Le donne che rappresentano la femminilità (quando la rappresentano senza impiegare i mezzi dialettici maschili dello scontro) devono aiutarci a creare una società più umana, più amorevole, più duttile, più flessibile. C'è un'arte che gli uomini hanno smarrito, mentre per le donne è quasi innata: l'arte di sedurre con semplicità. Non è vanità, è umanità.
Con la lotta non si ottiene niente. Si ottiene solo che gli altri si ripieghino in se stessi, si induriscano e diano battaglia. Allora si perdono. Io sono tanto maschile quanto femminile, senza essere omosessuale né altro. C'è una dimensione femminile in tutti noi che bisogna coltivare e risvegliare.

AHN: Melloni ha detto che la società secolare sta adottando una dimensione sempre più trascendente, che è sempre più credente. In che modo le società occidentali possono avvicinarsi non più alla religione ma al sentimento religioso?
RP: Non lo esprimerei in questo modo. Lo avranno riportato così i giornali, ma io non leggo la stampa, non ascolto la radio, non vedo la televisione e, naturalmente, non ho l'automobile. Vedo gli amici, parlo con la gente e leggo libri e studi che gli autori hanno passato molto tempo ad elaborare. Leggo solo "Le Monde Diplomatique" che dà un informazione meno immediata e più analitica. Oggi ho sfogliato "El Paìs" e, dopo due minuti, già non ne potevo più. Leggendo solo di assassinii, suicidi, attentati che visione possiamo avere del mondo? È questo il mondo? Sì, anche, ma non è totalmente né essenzialmente così. La visione che lentamente stiamo facendo passare è basata solo sull'eccezionale e l'eccezionale non è categorico.

AHN: Nella sua "Lettera a un giovane" raccomandava ai giovani di scegliere quello che amano non quello che si vuole loro imporre. Direbbe loro lo stesso oggi?
RP: Sì, ma senza amarezza. Il massimo dono della vita è la vita, che abbiamo già. Io non mi sento scoraggiato dall'ingiustizia che vedo, per quanto la denunci e lotti contro di essa. Arriva però a spaventarmi. Perché Solzyenitzin era il nemico numero uno dei sovietici? Solo perché era antisovietico, come la maggior parte dei russi? Perché era lento? No. Perché con i suoi romanzi faceva in modo che la gente scoprisse che anche in un campo di concentramento si può essere umani. Questo fa sì che perdano il potere di spaventarti, di minacciarci. Se non ho paura, non cado nella paranoia della sicurezza. La vita è rischio.

AHN: Cosa vede per il futuro? Come lo immagina? Esiste?
RP: Il futuro è una proiezione mentale, non esiste. Quando arriva, è già presente. Per questo ho inventato la parola "tempernità", che non è tempo ora ed eternità dopo, ma l'unione del tempo e dell'eternità

(da Adista n.70, 9 ottobre 2004)


Martedì, 30 Novembre 2004 01:43

Pregare imprecando (Faustino Ferrari)

Pregare. Imprecare. La radice dei due termini è la medesima. Semanticamente, nella nostra lingua, esiste una profonda correlazione tra questi due atti umani.

La tragica stupidità della guerra
presente-prossima-ventura
di don Gianfranco Formenton



Se qualcuno ricorda la polemica del crocifisso di qualche mese fa potrà ancora meglio comprendere la tragica sequenza che da sempre accompagna le guerre e i disastri mondiali. Ricordate? Uno sconosciuto fondamentalista-estremista islamico chiede provocatoriamente alla competente autorità di rimuovere un crocifisso da una scuola materna di un qualunque paese italiano. Immediatamente, nel Paese del "lei-è-favorevole-o-contrario?", si scatenano i fondamentalisti-estremisti cristiani, calano dal nord le squadracce di Ordine Nuovo, intervengono i politici, il presidente della Repubblica, il papa... Il vicepresidente del Senato si applica un crocifisso da prete al bavero della giacca, Bossi fa la sua professione di fede cattolica-tradizionalista, Bruno Vespa organizza la sua liturgia notturna invitando il gotha della cultura televisiva... e inizia la sagra della stupidità.

Nascono sempre così le guerre, quando la ragione viene obnubilata dalle ideologie e dalla stupidità. Esattamente così abbiamo marciato verso la tragedia della seconda guerra mondiale quando dopo due decenni di farneticazioni fondamentaliste-fasciste-naziste, logicamente si è arrivati ad un bagno di sangue epocale. C'è sempre un crocifisso di plastica, un velo islamico, un muro israeliano, dietro le tragedie di questa umanità e la tragedia è che le voci libere vengono messe a tacere, chi si ostina a credere che questa stupidità è pura follia, a chiedere: "Ma di che cosa stiamo parlando?"... non trova patria nella politica tutta tesa ad organizzare il grande duello.

È esattamente la tragedia che stiamo vivendo. Oramai ci siamo. La strage è stata programmata, i crocifissi di plastica, i veli islamici, i muri israeliani sono pronti a fare da bandiera per la nuova barbarie. Il presidente del Senato della nostra Repubblica ha indetto la nuova crociata, un "patto per l'occidente", quella guerra tra civiltà già pronosticata da Silvio Berlusconi. Il grande condottiero dell'impero Statunitense ha lanciato il grido: "Vinceremo!". Il governatore della California cita Terminator-se stesso e risponde: "l'America è tornata!". Il nuovo zar di Russia fa eco: "Non ci arrenderemo mai!"... Quasi improvvisamente udiamo di nuovo urla di guerra preventiva, le stesse da secoli, da millenni... lugubri presagi di stragi annunciate.

La guerra nasce quando si arriva al punto di non ritorno. I fondamentalisti-estremisti islamici od occidentali hanno questo di tragico, che sono convinti di possedere la verità e costringono milioni di persone a dover scegliere, ad un certo punto, se stare dalla parte della loro verità o dalla parte della verità degli altri fondamentalisti-estremisti. In questo il fondamentalismo-estremismo occidentale non è diverso da quello islamico. L'Occidente delle democrazie totalitarie non si differenzia dal fondamentalismo-estremismo degli ostaggi uccisi e degli aerei abbattuti. Non c'è nessuna differenza, se non nelle parole e nelle proporzioni, tra un terrorismo degli eserciti regolari e un terrorismo fatto di bande armate al servizio di qualche mente malata. Uccidono, inesorabilmente, implacabilmente, gli uni e gli altri. Gli uni con bombe da duecentocinquanta chili, con attacchi mirati, con le guerre preventive, con le torture "comprensibili", gli altri con i coltelli, i Kalasnikov, gli aerei, le bombe nelle scuole e i kamikaze. Gli uni e gli altri hanno bisogno di alimentarsi da ideologie mascherate di ragionevolezza (i valori occidentali, la democrazia, la libertà, un dio della violenza e della guerra...) Non a caso una delle prime operazioni di guerra in Iraq si chiamava: "Colpisci e terrorizza"!

Per le vittime, sempre le stesse, sempre gente che non c'entra niente, sempre bambini, sempre innocenti... nessuna pietà se non quella formale dei telegiornali e delle candeline accese nella notte, ma nessun rispetto per la loro vita, né da parte di chi li sequestra né da parte di chi fa i blitz per "liberarli" a costo della loro morte... liberi da morire per l'orgoglio dei cesari di turno! E ogni volta le stesse dichiarazioni folli: la lotta al terrorismo globale! La parola d'ordine che giustifica ogni nefandezza in nome dei valori occidentali. "Loro" sono i cattivi... E televisioni a iosa per le vittime "occidentali" del terrorismo, nessuno a testimoniare il martirio quotidiano della gente che ogni giorno muore sotto le bombe della guerra democratica e per un sistema economico folle che pianifica, con folli politiche sancite dal Fondo Monetario Internazionale, la morte per fame di milioni di persone ogni giorno.

Non è più tempo di candeline e di fiaccolate, di ipocrite riunioni di "unità nazionale", di equilibrismi politici, di palloncini di solidarietà lanciati verso il cielo... È tempo di dire la verità sulla guerra presente-prossima-ventura, sulla violenta, cieca, ignorante politica guerrafondaia degli Stati Uniti d'America e dei suoi vassalli, valvassori e valvassini sparsi in tutto il mondo, sulle farneticazioni dei giornalisti di guerra, sui calcoli dei politici in cerca di legittimità, dei personaggi dello spettacolo...

Qualche giornalista e intellettuale, ogni volta che si parla di Cecenia, o di Ossezia, o di Iraq, o di Sudan... ci spieghi la storia di queste nazioni, il terrore quotidiano delle innocenti vittime di questi Paesi e di tutti i Paesi che giacciono sotto il giogo dell'oppressione economica e politica dell'Occidente, ci dica chi sono queste donne vedove che si fanno uccidere pur di vendicarsi di chi gli ha ucciso il marito, o costrette da falsi valori islamici, ci parli dei petrolio, del colonialismo russo, della folle tirannia dei mercati, delle borse e dello strapotere delle multinazionali...

Il male è la guerra, la stupida, inutile, ideologica guerra che è seguita allo stupido, inutile, folle, ideologico undici settembre. Il male è la violenza che si erge come sistema di governo globale e che nasconde gli interessi di pochi e la tragedia di molti. I criminali-terroristi sono tra le grotte delle montagne dell'Afghanistan e tra i palazzi del potere occidentale. Gli uni e gli altri si alimentano a vicenda. Sì, proprio criminali e terroristi... sia gli oscuri personaggi barbuti di Belsen sia i folli reggitori della politica-mercato di questo villaggio globale. Non c'è nessuna differenza tra i bambini immortalati dalle televisioni e i bambini che muoiono nel silenzio della povertà normale per la maggioranza dell'umanità.

Baldoni, Simona e Simona... non si meritano questa sagra della stupidità, questa fiera di banalità. Non sono "pacifisti" come intendono "Libero" e "Il Giornale". Sono operatori di pace, gente che se ne fregava del perbenismo nazionale di questi "integralisti nazionali" e hanno messo sul conto che il loro impegno comprendeva anche la morte. In questo sono grandi, hanno rifiutato le logiche nazionalistiche, l'ideologia della violenza e della guerra. Hanno accettato la logica dell'essere "con" e "per" e non "contro"...

Risparmiategli, per favore, quest'ultima offesa alla loro integrità morale che è l'esatto contrario dell"'integralismo" dei loro defilati e vigliacchi detrattori.

Che Dio-Jawhe-Allah ci liberi dai crocifissi di plastica, dai veli islamici e dai muri israeliani, dai fondamentalisti-estremisti cristiano-occidentali, dai fondamentalisti-estremisti islamici, dai fondamentalisti-estremisti israeliani, dagli scrittori accecati dalla "rabbia e l'orgoglio", dai giornalisti ignoranti e rozzi e dai politici senza memoria storica e senza cultura.

(da Adista n. 66, 25 settembre 2004)


Martedì, 30 Novembre 2004 01:26

I salmi dei malati (Luciano Manicardi)

All'interno del Salterio vi sono alcuni Salmi pronunciati da uomini malati.

Letture diverse nel numero 150 di "Servitium"
Il problema della fedeltà alla parola.



È possibile rimanere fedeli alla Parola, evitando da una parte il rischio di dissolverla con interpretazioni radicali e, dall’altra, la possibilità di tradirla con una nefasta lettura fondamentalista? La domanda, oggi acuta più che mai, è affrontata in molti ponderosi libri per specialisti ma raramente in maniera concisa e nel contempo accurata. Ma è proprio quest’ultima la strada scelta da Servitium — Quaderni di ricerca spirituale nel numero 150 di novembre-dicembre 2003: che perciò rappresenta un punto di riferimento utile per chi voglia farsi un’idea sintetica sì, ma corretta, di una problematica che, pur nella diversità delle situazioni, tocca tutti i libri rivelati, a cominciare da quelli dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’Islam.

Il numero tratta soprattutto della Bibbia, e il teologo Armido Rizzi sintetizza lo “status questionis” delle odierne interpretazioni di questo libro in campo cristiano: quella “fondamentalista” (che ignora la storicità del testo), quella “liberista” (che tenta di recuperare la “lontananza” del testo con l’interpretazione di esso), e quella ermeneutica “storico-critica” (che situando l’agiografo nei limiti del suo tempo, cerca di distinguere il messaggio profondo del testo dalle incrostazioni inevitabilmente legate alla cultura di chi scrisse il libro). Quest’ultima lettura, precisa Rizzi, “può essere detta (anche) laica: accoglie la Bibbia come parola di Dio e perciò con radicale disponibilità alla oboedentia fidei (obbedienza nella fede); ma sa che essa è anche interamente parola umana, parola di uomini in carne e ossa, che di Dio hanno avuto ed espresso un’esperienza eccezionale, destinata a fondare una comunità di fede, ma che l’hanno recepita ed espressa dentro il crogiolo di altre esperienze umane, di categorie mentali e moduli linguistici e conoscenze approssimative di un determinato tempo e spazio vitale, nonché dentro lo stesso loro impasto biografico di mentalità e di passioni”.

Dopo questa premessa generale, apporti diversi trattano questioni specifiche: Marinella Perroni, docente presso la facoltà teologica di sant’Anselmo a Roma, affronta la “lettura femminista della Bibbia”; don Cesare Bissoli, docente all’istituto di catechetica del Pontificio ateneo salesiano di Roma, a partire dalla Dei Verbum (la costituzione del concilio vaticano II sulla divina rivelazione) parla delle comunità cristiane a contatto con la Bibbia; P. Eugenio Costa, membro del gruppo di revisione della traduzione ufficiale della Bibbia voluta dalla Conferenza episcopale italiana, illustra il problema delle traduzioni, “tra le remore dell’ufficialità e le libere (quasi) invenzioni”; il gesuita Pino Stancari riflette sulla “lettura spirituale, quando lo scriba diventa discepolo del regno”; e Paolo Naso, direttore della rivista Confronti, su “Sognare l’Armagheddon”, la terza ondata del fondamentalismo cristiano nordamericano.

Oltre che su quelle cristiane, il numero di Servitium apre uno squarcio sulle interpretazioni ebraiche della Bibbia (Primo Testamento) e anche su quelle musulmane del Corano, dischiudendo problematiche in parte — per i nostri specialisti — nuove. Sul primo tema intervengono Alberto Mello, fratello della comunità di Bose ma residente a Gerusalemme, con “Libertà e fedeltà. La lettura ebraica della Scrittura”, e Marco Ballarini, docente di spiritualità e letteratura presso la facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano, e ricercatore alla biblioteca Ambrosiana, con “Testo sacro e letteratura cristiana. Il Giobbe di Roth”. Sul secondo Paolo Branca, docente presso l’università Cattolica, con uno studio sui musulmani moderni e l’interpretazione del Corano.

(da Adista 31 gennaio 2004)


Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima...e il prossimo tuo come te stesso.

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