Vita nello Spirito

Domenica, 14 Novembre 2004 11:35

La volontà di Dio

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di Luciano Manicardi

È sempre molto difficile osare una parola sulla sofferenza, sulla malattia, sulla morte.

La volontà di Dio

È sempre molto difficile osare una parola sulla sofferenza, sulla malattia, sulla morte. È difficile avere una parola all'altezza di eventi così gravi come la sofferenza e, soprattutto, la morte. È difficile pronunciare una parola umana, ma anche una parola teologicamente adeguata.

Impreparazione e improvvisazione possono portare il visitatore o l'accompagnatore di un malato a pronunciare parole non solo insensate teologicamente e non fondate biblicamente, ma anche offensive o imbarazzanti per la sensibilità del malato. Dire al malato il "privilegio" della sua sofferenza perché questa è segno della predilezione divina, oppure perché questa avvicina maggiormente e unisce misticamente a Cristo crocifisso, o dare l'impressione che la sofferenza in quanto tale sia un valore salvifico in sé, tutto questo significa sostituirsi con violenza al malato nel lavoro di interpretazione dell'evento della sua malattia e veicola l'immagine di un Dio perverso, che certamente non è il Dio narrato da Gesù Cristo nella sua vita, nelle sue parole, nei suoi atti, e infine nella sua morte

Occorrerebbe poi prestare molta attenzione al ricorso alla categoria della "volontà di Dio". Troppo facilmente e velocemente si attribuisce alla volontà di Dio un male, una malattia, una sofferenza, una morte invitando così a un atteggiamento di rassegnazione fatalistica. E così si confonde il Dio cristiano con il fato pagano.

"Bisogna accettare la volontà di Dio": questa frase detta al capezzale di un malato, che cosa rivela? L'imbarazzo di chi non sa che cosa dire e pur tuttavia si sente in dovere di dire qualcosa, quasi temendo che il silenzio possa essere una sua personale sconfitta?

Spesso il silenzio partecipe è denso di forza comunicativa molto più di qualsiasi parola! Oppure rivela una necessità ("Bisogna") a cui nessuno può sottrarsi e così chiude un discorso troppo rischioso se intrapreso e approfondito? Ma il linguaggio del "si deve", "bisogna", "occorre", "è necessario", elimina l'unica cosa veramente essenziale: la libertà dell'uomo chiamato a scegliere e a situarsi responsabilmente davanti a Dio nelle diverse contingenze e, in particolare, in emergenze così ardue come una malattia. E poi, soprattutto, il riferimento alla "volontà di Dio" che può solo essere accettata, sembra indicare qualcosa di già fissato, di prestabilito, che cade dall'alto, e che non lascia alcuno spazio alla risposta umana, al suo necessario e faticoso articolarsi soprattutto di fronte a eventi dolorosi e tragici come malattie e sofferenze.

Va qui denunciata una concezione purtroppo diffusa della "volontà di Dio" che non risponde in nulla alla rivelazione evangelica. Concezione visibile anche in rapporto al discorso della vocazione che ogni credente è chiamato a cercare e discernere. La vocazione non è un già dato, prestabilito dagli imperscrutabili disegni celesti e che il credente deve "trovare", "scoprire", quasi come per magia o per fortuna, in una logica da "gratta e vinci". La vocazione, in verità, avviene nell'incontro fra le esigenze evangeliche e la precisa creaturalità di quella persona. Così, anche di fronte ad una malattia da assumere, il "fare la volontà di Dio" avviene all'interno di un plesso di elementi quali la condizione psicofisica del malato, la sua fede, l'ambiente che gli sta accanto e il tipo di accompagnamento e di assistenza di cui gode...

In ogni caso, non risponde certo né alla lettera né allo spirito del vangelo l'affermare che Dio vuole la sofferenza dell'uomo. Dio vuole la libertà dell'uomo e la sua umanizzazione; Dio vuole la felicità dell'uomo, una felicità trovata nell'amare e nel donarsi, nello spendere la propria vita per gli altri, dunque una felicità che sa assumere anche le sofferenze e le tribolazioni. Una distorsione del messaggio evangelico diffonde l'idea che la volontà di Dio consista unicamente nella "croce", nel "rinnegamento di sé", nell"'umiliarsi", dimenticando che non queste dimensioni di per sé sono ciò che immette nella comunione con Dio, ma solo l'amore, la libertà con cui una persona sceglie di amare e donare la vita accettando anche le sofferenze (e dunque le umiliazioni, i rinnegamenti di sé, la croce) che questo comporta. Non la sofferenza, ma l'amore salva! Non la croce di per sé, che è strumento di morte, salva, ma la vita di Colui che vi è steso sopra, la quale dà anche senso alla croce.

Se ci volgiamo al Nuovo Testamento noi vediamo che ciò che Dio vuole è "la salvezza di tutti gli uomini" (lTm 2,4), è che "chiunque crede nel Figlio abbia la vita eterna" (Gv 6,40), è che "nessuno di questi piccoli si perda" (Mt 18,14). La volontà di Dio è espressa nella vita di Gesù Cristo, l'uomo secondo il cuore di Dio, che adempie l'intenzione di Dio. Così la volontà di Dio non è qualcosa che schiaccia, ma che eleva l'uomo, non è qualcosa che lo paralizza, ma che lo dinamizza, non è qualcosa che lo disimpegna, ma che lo responsabilizza, non è qualcosa che lo rende supino, ma che suscita la sua libertà, non è qualcosa che deprime la sua umanità, ma che la esalta.

Il Dio rivelato da Gesù Cristo non vuole sacrifici cruenti, ma il libero dono di sé per amore. Così il Cristo, entrando nel mondo, può dire: "Non hai voluto né sacrifici né offerta ... allora ho detto: Ecco, io vengo, per fare, o Dio, la tua volontà" (cf Eb 10,5-7). La volontà, cioè l'intenzione profonda che guida Dio nel suo rapporto con gli uomini, è la salvezza, l'amore, la preoccupazione amorosa. Certo, questo incontrare l'uomo là dove l'uomo è, dunque anche negli inferi dell'esistenza, nel male, nella sofferenza, nella morte, porta Dio stesso, nel suo Figlio, ad abitare queste realtà che ora possono essere vissute dal credente con una speranza nuova. Dio, non è un dio sadico, non vuole la sofferenza né del suo Figlio Gesù Cristo, né dei suoi figli, gli uomini. Anzi, vuole mostrare che la sofferenza e la morte non hanno l'ultima parola sull'uomo, ma possono essere risignificate in Cristo, vivificate dall'amore.

Il Cristo che al Getsemani prega: "Abbà, Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu" (Mc 14,36; cf Lc 22,42: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non la mia ma la tua volontà sia fatta"), non indica certo che il Padre voglia la morte cruenta del Figlio, ma che il Figlio, nell'amore per il Padre e nella dedizione alla sua missione, si dispone a viverne anche un esito non voluto e non desiderato facendo la volontà di Dio, cioè amando e donando fino alla fine. La croce è innalzata dagli uomini, è segno del peccato e della violenza umana, dell'inimicizia di cui gli uomini si fanno portatori contro Dio, è un evento non-divino, e tuttavia Gesù arriva a viverla nella libertà e nell'amore. Ha scritto il teologo Dietrich Bonhoeffer: "Certamente non tutto quello che accade è semplicemente "volontà di Dio". Ma alla fine comunque nulla accade "senza che Dio lo voglia" (Mt 10,29); attraverso ogni evento cioè, quale che sia eventualmente il suo carattere non-divino, passa una strada che porta a Dio". È stato così per Gesù di fronte alla croce, è così per il cristiano di fronte alle situazioni di malattia, sofferenza e morte che incontra nella sua esistenza.

Il cristiano ogni giorno prega le parole del "Padre nostro" che dicono: "Sia fatta la tua volontà", preghiera che equivale alla domanda dello Spirito santo. Infatti, lo Spirito santo, che è la volontà profonda di Dio, l'intenzione che lo muove nel suo agire per gli uomini e per il mondo intero attua e interiorizza negli uomini "la volontà del Padre rinnovandoli dalla vetustà alla novità di Cristo" (Ireneo di Lione, Contro le eresie III,17,1). La volontà di Dio, infatti, si è pienamente manifestata nella vita di Gesù Cristo, nella sua umanità, nella sua persona. E lo Spirito santo è l'energia divina che ci rende simili al Cristo.

È utile, per concludere, riflettere su queste considerazioni che sempre Dietrich Bonhoeffer rivolse nel 1941, in una lettera circolare, ai suoi ex studenti del seminario di Finkenwalde, ormai dispersi, in occasione della morte di alcuni loro compagni arruolati nell'esercito tedesco: "Di fronte alla morte, non possiamo dire fatalisticamente: " È volontà di Dio". Dobbiamo aggiungere subito il contrario. "Non è volontà di Dio". La morte dimostra che il mondo non è quel che dovrebbe essere, ma che ha bisogno di redenzione. Solo Cristo vince la morte. Nella sua morte, le due espressioni: "È volontà di Dio" e "Non è volontà di Dio" raggiungono il massimo del paradosso e dell'equilibrio. Dio accetta di lasciarsi coinvolgere in qualcosa che non è la sua volontà e da quel momento in poi la morte deve servire Dio nonostante tutto... Solo nella croce e nella resurrezione di Gesù Cristo la morte è stata ridotta sotto il potere di Dio e costretta a servire il piano di Dio. Non una resa fatalistica, ma una fede viva in Gesù Cristo, che è morto ed ancora è risorto per noi, può veramente sbarazzarci della morte" (Dietrich Bonhoeffer).

(da L'Ancora, 8/9, 2004)

La volontà di Dio nella storia della Chiesa

Il tema è quasi inesauribile, con riferimento alla vita dei santi, all'esperienza universale e concreta, ad una "esegesi" esistenziale della volontà del Padre, alle trattazioni dottrinali. Nell'età patristica il tema evolve secondo due direttrici: la prima espone il piano della salvezza e legge la presenza di un disegno provvidenziale nelle situazioni storiche; la seconda riflette sull'esistenza cristiana, contrassegnato dalla relazione immediata con il Padre grazie alla "legge nuova" dello Spirito. Per san Giovanni Crisostomo, la vita cristiana dovrebbe essere così pura da far trasparire "la grazia dello Spirito" della nuova alleanza, in cui i cuori stessi sono "scritti con lo Spirito".

Secondo gli insegnamenti di santa Teresa di Gesù, nella conformità alla volontà di Dio sta la più grande perfezione. Si tratta di rendere vero nella propria vita tutto quello che Gesù ha offerto e offre al Padre. In san Giovanni della Croce, la ricerca e la scoperta della volontà di Dio sono situate in una visuale di storia della salvezza. Cristo è rivelazione plenaria e definitiva dello volontà del Padre. La vita spirituale è orientata a Cristo-Parola e Cristo-opera perfetta del Padre. In lui, infatti, Dio ci ha dato "il Tutto" e ci ha detto tutto. La vita e il messaggio di san Ignazio di Loyola sono interamente protesi a ricercare e trovare la volontà del Padre. È questo lo scopo degli esercizi spirituali, esperienza alimentata dalla cosciente e continua tensione a scoprire ciò che è più gradito al Signore.

Fino a buona parte del secolo XX, il tema della volontà di Dio riappare soprattutto dal profilo dell'abbandono e della conformità ad essa. Il tema appare in numerosi trattati di "perfezione" redatti da Benedetto di Canfeld, S. Francesco di Soles e S. Alfonso Maria de' Liguori. In particolare l'aspetto dell"'abbandono" fu approfondito in reazione alla dottrina, erronea, del cosiddetto "quietismo". Degno di menzione è in tal senso l'opera di Jean Pierre Caussade sull'abbandono alla Provvidenza. Evitando le deviazioni quietistiche, l'autore ha definito indicazioni ancora di interesse nella ricerca di una via semplice, e insieme radicata nelle virtù teologali, per affidarsi nel quotidiano alla volontà del Padre.

(A cura della redazione di L'Ancora)

Letto 2980 volte Ultima modifica il Sabato, 11 Febbraio 2012 17:04
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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