L’INQUIETUDINE DEL CREDENTE
· Il dubbio, l’opportunità di crescita per il credente e strada che porta alla ricerca · Gesù non respinge chi ha dubbi, ma lo invita a trovare delle risposte attraverso il dialogo e l’ascolto fiducioso degli altri · Assillo del credente è la ricerca della parola di Dio, senza arroganza, senza mai cessare di desiderare · Vivere l’inquietudine in maniera positiva, sapendo che Dio è sempre "oltre", anche alle teologie, e crescendo nella capacità di confronto.
Prima parte
La nostra educazione cattolica, almeno nel sud dell'Europa, era indirizzata a dare certezze. L'avere dubbi era considerato una mancanza di fede. Non si potevano avere domande perché le risposte c'erano già tutte; anzi, perché non sorgessero domande, si obbligava la gente a non leggere certi libri, a non frequentare certi spettacoli, a non dialogare con persone di diversa religione o non credenti. E se per caso, da vari incontri, o per altri motivi, sorgevano domande che scuotevano le convinzioni religiose dovevano essere semplicemente respinte come tentazioni a cui ci si doveva opporre con tutte le forze e con tutta l'anima. E quando la cultura esterna sembrava mettere in discussione, o semplicemente interrogare, le affermazioni di fede, veniva respinta decisamente senza per nulla domandarsi se qualcosa di vero vi si potesse annidare. Siccome il mondo cosiddetto "laico" non poteva non porre problemi e domande al mondo credente, sempre più esso è stato rifiutato, e tra i due mondi si è scavato un fossato sempre più profondo: tra i credenti e quelli che si interrogavano è nato così un dissidio, se non una lotta. Eppure anche nell'ambiente cattolico sono sorte delle voci che guardavano alle domande sulla fede e addirittura ai dubbi come opportunità per crescere come credenti. Ma queste voci sono state messe a tacere come devianti e come conturbanti la fede dei semplici o la fede in se stessa. Non possiamo non ricordare tra gli altri Antonio Rosmini, Romano Guardini, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, che tentavano di comporre fede e ragione, fede e storia.
Seconda parte
La verità è nomade
Romano Guardini scriveva: "La fede adulta è quella che sa sopportare i dubbi". Questa affermazione contiene almeno due significati. Il primo: nella fede non tutto è chiaro. Credere non è vedere, è cercare nella vespertinità la verità. Ci si deve togliere la presunzione di arrivare alla verità in maniera frettolosa, sicura, totale. Il modo per avvicinarsi alla verità è il non volerla padroneggiare, ma servire. E il servire la verità comporta l'atteggiamento non solo dell'ascolto, ma anche dell'ammissione dei propri sbagli e dei propri errori. La fallibilità fa parte di questo cammino. Il pretendere di non sbagliare presupporrebbe l'evidenza della verità e di Dio. E se Dio fosse evidente, e quindi afferrabile e catturabile, non sarebbe più Dio. Lo stesso Giovanni Paolo II ammette questo cammino tortuoso verso la verità. Ha avuto il coraggio di ammettere questi errori: "Come tacere delle tante forme di violenza perpetrate anche in nome della fede? Guerre di religione, tribunali d'inquisizione e altre forme di violazione dei diritti delle persone... Bisogna che anche la Chiesa, alla luce di quanto il Vaticano II ha detto, riveda di propria iniziativa gli aspetti oscuri della sua storia valutandoli alla luce dei principi del Vangelo... Ciò non danneggerà in alcun modo il prestigio morale della Chiesa che anzi ne uscirà rafforzato per la testimonianza di lealtà e di coraggio nel riconoscere gli errori commessi dagli errori suoi e, in certo senso, in nome suo". Il secondo significato: i dubbi sono la strada che porta alla ricerca. La fede cresce attraverso i dubbi. Anche la scienza si è sviluppata attraverso le domande e i dubbi. Il dubbio può essere definito come un interrogativo forte che pone in discussione una verità, ma ponendola in discussione il credente è spinto alla ricerca e questa condurrà inevitabilmente a pulirla da false incrostazioni, oppure ad approfondirla e allargarla. Il filosofo viennese Karl Popper, conosciuto come il filosofo della fallibilità, nel senso che, secondo lui, la vita è un processo verso la verità attraverso gli errori, così si esprimeva: "Noi dobbiamo considerare il mondo come un luogo meraviglioso che noi, come giardinieri, possiamo ancora migliorare e coltivare, usando però la modestia di un giardiniere esperto il quale sa che molti dei suoi tentativi falliranno. Il futuro, però, è aperto sia biologicamente che culturalmente. C'è sempre del nuovo sotto il sole, perché il futuro non sarà mai come il passato. Il peggio che si possa avere a scuola - dice sempre Popper - è educare in maniera autoritaria: educare alla infallibilità. La mente dei bambini non va considerata un recipiente, ma una facoltà creatrice di sensi, e produttrice di critica. La pedagogia del versare nella mente il sapere, è la pedagogia delle risposte senza domanda. Prima, invece, ci devono essere le domande"
Terza parte
Gesù è dalla parte delle certezze?
Di solito viene interpretato l'episodio di Tommaso apostolo, che non si fida dei suoi compagni i quali affermano di aver visto Gesù, come un'accusa verso chi dubita. E il personaggio di Tommaso è stato descritto come l'emblema contro la cultura "del sospetto", non disponibile ad accettare supinamente le concezioni teologiche e filosofiche rassicuranti del passato. Egli sarebbe la condanna della nostra attuale cultura che dà più rilevanza alla disobbedienza che all'obbedienza, alla coscienza più che all'autorità. È del tutto aderente al testo questa interpretazione? Tommaso non si fida dei suoi amici: possiamo dire, con linguaggio moderno, che egli vive la cultura del sospetto e del dubbio ante litteram. Vuole rendersi conto di persona, dà spazio alla sua coscienza. E come si comporta Gesù di fronte a questo atteggiamento poco obbedienziale verso i suoi amici e verso Pietro che ne era il capo? Gesù dice: "Tu hai creduto perché mi hai veduto. Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno". Non è una frase facile da capire. Comunque Gesù non rimprovera Tommaso; il fatto stesso che riappaia e offra all’apostolo i riscontri che cercava vuol dire che Tommaso non era in una posizione distorta o scorretta. Ciò che Gesù in parte rimprovera a Tommaso, è il voler arrivare alla verità da solo, anziché anche attraverso l'ascolto degli altri. Gesù dunque non respinge la persona che ha dubbi, vuole solo marcare che, per fugare i dubbi e cercare risposte, occorrono disponibilità al dialogo, la fiducia anche negli altri. Mi sembra dunque che vadano evitati i due estremi: quello dell'obbedienza cieca e conformista, e quello dell'individualismo autosufficiente. Se uno abbraccia il conformismo, deve abdicare alla sua coscienza e rinunciare ad interrogarsi: questo è un atteggiamento oggi emergente, in quanto c'è nella gente la voglia di certezze e di sicurezze. Il singolo individuo preferisce perdere la sua irriducibile singolarità per non navigare nel mare del rischio e dell'incertezza. C'è in molti il fascino della consolatoria certezza e della anestetizzante sicurezza. Il credente invece è chiamato ad andare continuamente: "Parti e va", è l'invito che Dio rivolge ad Abramo. Il cristiano è chiamato ad essere un incessante viandante, perché, come si diceva, la verità è nomade: dovrebbe dunque il cristiano, più di ogni altro uomo, essere appassionato del relativo, dell'incerto, perché dentro si può intuire progressivamente l'emergere della verità. Chi si conforma al passato, a leggi, decreti, travedi più pace, tua noti crescerà nell'intelligenza della verità. Il credente è autentico quando è inquieto. Essere appassionati del relativo, essere esposti all'incertezza, non vuol dire però cedere all'indifferenza; anzi, è vero il contrario: chi vive il relativo e l'incerto è chiamato a leggere il presente e ad assumere le proprie responsabilità, ad impegnarsi con la propria intelligenza e capacità.
Certamente questa volontà di sottrarsi all'esistenza come destino, questo rifiuto della fatalità per abbracciare invece l’impegno di decifrare e di cambiare l'esistenza, non devono portare all'individualismo autosufficiente. Solo insieme, però con coscienze vive, i credenti possono interpretare la storia per poi modificarla.
Quarta parte
La fede come ricerca del pensiero di Dio
Il problema che dovrebbe assillare e impegnare il credente è la ricerca del pensiero di Dio. Si dà troppo per scontato di conoscerlo e poi di imporlo con una sicurezza che rasenta l'arroganza. Chi può presumere di sapere ciò che Dio pensa su nuovi e interroganti problemi senza la fatica della ricerca e senza riconoscere l'oscurità o l'ascondità in cui sono avvolti i suoi disegni? La "nube" è uno dei simboli biblici più densi per indicare Dio. Egli è una presenza, ma avvolta nel mistero. Penetrare questa nube è il desiderio e il compito del credente, ma senza che egli possa pretendere di cogliere con assoluta certezza l'inesauribile ricchezza e alterità dei pensieri di Dio. Un alone di modestia dovrebbe avvolgere la ricerca dei credenti e soprattutto le decisioni di ogni Chiesa e di ogni religione perché è sempre possibile scambiare per il pensiero di Dio ciò che è semplicemente un pensiero umano.
Nel romanzo "Danny l’eletto" un giovane e intelligente rabbino rivolgendosi ad un suo amico afferma: "Io credo in Dio, ma non so che cosa pensi". Lévinas stesso, rivolgendosi ai cristiani con un sobrio piglio polemico diceva: "Voi credete di conoscere Dio perché vi appoggiate a Cristo. Anche Cristo non svela totalmente Dio e comunque non dà risposte ai problemi attuali". Come non rilevare come spesso anche la Chiesa si è contrapposta aspramente a dottrine e ad affermazioni di filosofi o di scienziati ritenendolo fuorvianti dal pensiero di Dio, mentre poi sono state rivalutato ed accolte? Come discernere il pensiero di Dio? Certamente la preghiera può essere il luogo privilegiato, purché per preghiera si intenda l’uscire dai propri pensieri per ascoltare "altri" pensieri. È sempre indiscusso il rischio di fermarsi su ciò che si è conquistato anche positivamente. Una riforma della Chiesa da tempo sognata: poi finalmente realizzata, tende a trattenere il cuore tanto da impedire di sognare altro. Questo vale anche nel matrimonio e nella famiglia: certe scelte fatte a cui si è attaccati possono a volte togliere lo slancio per andare oltre. Anche il popolo ebraico e gli apostoli erano così attaccati a Mosè e ad Elia, cioè alla legge del passato e ai messaggi dei profeti, da pensare che lì ci fosse tutto. Non volevano, o non sapevano, accettare Gesù che proponeva di andare oltre Mosè ed Elia. Gesù, invece, va oltre perché nella preghiera col Padre scopre altri orizzonti e altre prospettive. Solo Dio è assoluto, solo Dio è infinito, ogni altra cosa, ogni altra scelta è sempre finita e parziale, sempre da rivedere, da modificare, da perfezionare. La preghiera è aprirsi a questa capacità di relativizzare ogni esperienza e conquista, per continuare a desiderare ed esplorare. Di fronte a Pietro che tende a fermare l'esperienza delta trasfigurazione, Gesù invita a "scendere dal monte". Il vero e più profondo peccato dell'uomo è cessare di desiderare. Insistere a pregare è ostinarsi a desiderare altro.
Forse ad Abramo, ricco di parentela e di benessere, non bastava il presente, egli covava nel suo animo qualcosa di più. Dentro questo suo desiderare, Dio trova la via per manifestarsi e per portare a compimento il sito desiderio, anzi per mostrare un modo di essere tra gli uomini che supera i desideri stessi dell'uomo. Pregare è cogliere i desideri di Dio per desiderare alla sua alta maniera. La persona orante è quella che si apre agli orizzonti di Dio.
Quinta parte
Come vivere l'inquietudine in maniera positiva?
Pensare che Dio è altro. Nessuno può dire di conoscere Dio pienamente, perché egli è sempre oltre, sempre di più. La fede è un cammino di ascolto di Dio, di ricerca di Dio che non cessa mai di svelarsi e di rivelarsi. Occorre avere, quindi, l'atteggiamento della sorpresa e della meraviglia per accorgersi di questo incessante venire di Dio. Ci si scandalizza perché la Chiesa cambia: essa deve cambiare, perché è una Chiesa pellegrinante, viandante. È mancata, purtroppo, l'educazione al cambiamento e all'accoglienza del nuovo. Dio è diverso dalle nostre logiche, dal nostro modo di pensare. Dio non è la maggiorazione delle nostre idee e dei nostri progetti. Dio abita, invece, un'altra terra, è di un altro paese. Occorre lasciare la nostra terra per andare verso un'altra terra: è un continuo spaesamento, come lo fu per lo stesso Abramo.
. Nessuno può dire di conoscere Dio pienamente, perché egli è sempre oltre, sempre di più. La fede è un cammino di ascolto di Dio, di ricerca di Dio che non cessa mai di svelarsi e di rivelarsi. Occorre avere, quindi, l'atteggiamento della sorpresa e della meraviglia per accorgersi di questo incessante venire di Dio. Ci si scandalizza perché la Chiesa cambia: essa deve cambiare, perché è una Chiesa pellegrinante, viandante. È mancata, purtroppo, l'educazione al cambiamento e all'accoglienza del nuovo. Dio è diverso dalle nostre logiche, dal nostro modo di pensare. Dio non è la maggiorazione delle nostre idee e dei nostri progetti. Dio abita, invece, un'altra terra, è di un altro paese. Occorre lasciare la nostra terra per andare verso un'altra terra: è un continuo spaesamento, come lo fu per lo stesso Abramo.Non vivere le idee religiose come assolute. Il biblista Ortensio da Spinetoli ha svolto, in un convegno dal titolo "Né maestri né padri", promosso dalle comunità di base italiane, il tema: "Le religioni: la prepotenza degli assoluti". Egli distingue tra fede-teologia-religione. Sostiene che solo Dio è assoluto: teologia e religioni sono strade che spingono ad avvicinarsi a Dio, ma non possono sentirsi scompigliare dai fatti dove Dio continua a parlare. L'intransigenza di certe teologie o di certi principi impedisce a Dio di parlare, come è avvenuto per Gesù di Nazareth.
Il biblista Ortensio da Spinetoli ha svolto, in un convegno dal titolo "Né maestri né padri", promosso dalle comunità di base italiane, il tema: "Le religioni: la prepotenza degli assoluti". Egli distingue tra fede-teologia-religione. Sostiene che solo Dio è assoluto: teologia e religioni sono strade che spingono ad avvicinarsi a Dio, ma non possono sentirsi scompigliare dai fatti dove Dio continua a parlare. L'intransigenza di certe teologie o di certi principi impedisce a Dio di parlare, come è avvenuto per Gesù di Nazareth.Crescere nella capacità di ascolto e di confronto. Oggi, giustamente, si sta riscoprendo il valore della coscienza, e si deve riconoscere che questa è obbligante anche se erronea. Però la parola "coscienza" deriva da "consentire". Essa è chiamata a "consentire" alla verità, ma la preposizione "con" indica che questa ricerca va fatta insieme. Il dialogo, l'ascolto reciproco è l'essenziale in questo cammino d'approccio alla verità. Sappiamo poco ascoltare: ascoltiamo, spesso, per ribadire o per difendere le nostre idee. Questo atteggiamento è indice di non libertà. Si ascolta veramente quando si pensa che il pensiero dell'altro può essere più ricco del proprio. Il "fare Chiesa" dovrebbe essere il modo in cui ci si incontra per ascoltarsi reciprocamente, per insieme cercare il volto di Dio. In questo incedere c'è la presenza dell'autorità a cui va riconosciuto il carisma di guida, di stimolo, di accompagnamento. Dovrebbe, quindi, rinascere un dialogo più aperto e leale tra fedeli e coloro che sono rivestiti di autorità nel decifrare i pensieri di Dio e nel cercare insieme nuove soluzioni dei problemi attuali, perché lo Spirito è consegnato non solo ad alcuni, ma a tutta la Chiesa.
. Oggi, giustamente, si sta riscoprendo il valore della coscienza, e si deve riconoscere che questa è obbligante anche se erronea. Però la parola "coscienza" deriva da "consentire". Essa è chiamata a "consentire" alla verità, ma la preposizione "con" indica che questa ricerca va fatta insieme. Il dialogo, l'ascolto reciproco è l'essenziale in questo cammino d'approccio alla verità. Sappiamo poco ascoltare: ascoltiamo, spesso, per ribadire o per difendere le nostre idee. Questo atteggiamento è indice di non libertà. Si ascolta veramente quando si pensa che il pensiero dell'altro può essere più ricco del proprio. Il "fare Chiesa" dovrebbe essere il modo in cui ci si incontra per ascoltarsi reciprocamente, per insieme cercare il volto di Dio. In questo incedere c'è la presenza dell'autorità a cui va riconosciuto il carisma di guida, di stimolo, di accompagnamento. Dovrebbe, quindi, rinascere un dialogo più aperto e leale tra fedeli e coloro che sono rivestiti di autorità nel decifrare i pensieri di Dio e nel cercare insieme nuove soluzioni dei problemi attuali, perché lo Spirito è consegnato non solo ad alcuni, ma a tutta la Chiesa.BATTISTA BORSATO
Teologo- Vicenza
Da "famiglia domani" 4/99