Il risveglio
di Giovanni Vannucci
Questa realtà ci sgomenta, lo sgomento ci fa ripiegare nel sonno.
Nel sonno, come i contemporanei di Noè, non ci è dato di vedere quello che i risvegliati scorgono: «Due saranno nel campo, uno verrà assorbito dalla veniente luce, l’altro rimarrà preso dalle divagazioni dell’esistenza intorpidita. Due donne staranno macinando il grano alla mola, una sarà assorbita dalla nuova manifestazione di Dio, l’altra continuerà a ripetere lo stesso sfibrante movimento» (Mt 24, 40-41).
I non svegli rimarranno chiusi nell’indifferenza della tiepidezza, immersi in un sonno rassicurante, la loro anima non reagisce più al bene e al male e spegne in sé la scintilla divina della sua essenza personale. Il non risvegliato da questo sonno non si interessa che di se stesso; moderatamente canaglia e moderatamente buon uomo è pronto a fare il bene o il male purché non costi fatica, purché non sia rischioso. Con i paraocchi di una morale retriva e arida va per la sua strada nulla vedendo, nulla volendo vedere che non sia d’immediata utilità. I non svegli appartengono a tutte le classi, ai ricchi e ai poveri, ai borghesi e ai proletari, ai religiosi e agli atei. Nel loro quieto sonno hanno paura della vita e della morte, non vivono e non muoiono.
Il risveglio alla realtà divina e umana di Cristo fa incamminare la coscienza verso il raggiungimento della pienezza della personalità dei singoli, in maniera tale che il risvegliato non può sottrarsi a ciò che costituisce la ragione della sua presenza nella creazione, cioè il compito ascensionale, evolutivo. Il risvegliato comprende di essere sulla terra solo di passaggio, e di esservi chiamato a misurare le sue forze e a esservi giudicato, ma da questa misurazione, da questo passaggio dipende tutto per lui, per il suo autentico Io, per il suo spirito. Per questo deve tendersi come arco nell’ascesa, per scagliare la freccia del suo vero essere più in alto che può, perché dove la freccia giunge ivi rimane.
Il risveglio provocato dalla realtà di Cristo costituisce il passaggio difficile, la porta stretta, la cui traversata richiede la presa di coscienza del proprio torpore, della tiepidezza in cui sono immerse le energie ascensionali dell’uomo, dell’innocenza anteriore, e del destino di pienezza vitale, di fruttificazione delle proprie nobili qualità, dell’innocenza ulteriore. La coscienza risvegliata comprende che è chiamata a vincere tutti i possibili stati di sonno, a raggiungere il compimento di tutte le più alte speranze dell’uomo, a slanciarsi con eroico impegno alla conquista della realtà dei figli di Dio. Gesù dice: «Io sono la luce», e «Io ho vinto il mondo»: la coscienza risvegliata vince il mondo per diventare la luce. Allora entra nell’Arca di Noè, risponde alla chiamata divina, abbandona le volontà sbagliate per muoversi in conformità alla volontà divina, che è volontà di luce.
Il passaggio dal sonno al risveglio, dalla nascita terrena a quella celeste, da figlio della terra a figlio di Dio, richiede una dura e austera lotta. Essa cristianamente consiste non nel rifiuto orgoglioso del mondo e delle passioni, ma nella risposta a Colui che invita a una totale intensità di vita, risposta che esige l’affrontamento dei rischi, delle prove, per trasmutarle in principio di ascensione. Il risvegliato deve combattere le sue battaglie, le grandi e le piccole, fino al giorno in cui la pace della pienezza di vita raggiunta regnerà nel suo cuore di vincitore «Al vincitore farò prendere il posto vicino a me sul mio trono, come Io sono vicino al Padre, sul trono» (Ap 3, 21).
(in Risveglio della coscienza, CENS, Milano 1984. pp. 15-17)