I malesseri spirituali
che indeboliscono la preghiera
di Matta al-Miskin
1. Immergere i sensi in maniera incontrollata nella mondanità, nel divertimento, nello scherzo, nel riso e nelle chiacchiere inutili su argomenti morti, privi come sono di qualsivoglia legame con la nostra salvezza. Trascurare ciò che è di Dio.
«Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Giac 4,4);
2. Abituarsi a pettegolare – sia attivamente che passivamente, con il semplice ascolto – e a condannare gli altri. La rabbia, il mormorio, la critica eccessiva, il rancore per gli altri per le loro opere, le loro parole o i loro atteggiamenti senza aver timore verso Dio.
«Non condannate per non essere condannati» (Mt 7,1);
3. Immergersi nel iperattivismo, soprattutto se non ci è richiesto. Ogni lavoro va bene, se viene dopo aver cercato il regno di Dio. Inoltre far di tutto per perdere tempo può indicare che stiamo scappando dal confrontarci, nella preghiera, davanti a Dio, con il vero volto della nostra anima. Questo comportamento può essere considerato alla stregua di una disubbidienza mascherata verso Dio e rivela una debolezza nella fede.
«Ritornate, figli traviati, io risanerò le vostre ribellioni» (Ger 3,22);
4. Immergersi nelle passioni del ventre e dell’impudicizia in tutte le sue forme mentali e sensibili per soddisfare il proprio piacere. Scaricando l’energia emotiva per soddisfare i piaceri del corpo, al nostro spirito non resta alcuna forza per mettersi davanti a Dio. Inoltre, la stessa audacia dello spirito viene a mancare venendosi ad addensare sul conscio e sull’inconscio un grande sentimento di vergogna che mette a tacere la nostra preghiera. D’un tratto, è come se fossimo stati derubati della forza della fede che svanisce a causa, da un lato, della bravura del Nemico e, dall’altra, del nostro consenso. E sentiamo di aver rattristato il Santissimo Spirito di Dio;
5. Cercare di abbandonare tutti questi e altri peccati senza tagliare le loro radici: l’amore per il mondo, l’amore per il corpo, l’amore per il piacere fisico, l’autoindulgenza, il dare la colpa agli altri (e questa è la peggiore di tutte le radici). Tutte queste cose creano in noi, a poco a poco, una sorta di disperazione. Se l’uomo si blocca alla fermata della disperazione – quel buco nero che ha inghiottito milioni di persone – e si accontenta, si convince che non serve a nulla tentare ancora e che non vi è alcuna speranza di compiere una metania attiva e forte grazie alla quale possa scrollarsi di dosso tutte le illusioni e le menzogne che il demonio ha seminato nel suo cuore spacciandole per verità, allora l’uomo entrerà, di sua spontanea volontà, nell’ombra della morte dalla quale scompare il sole della vita, i suoi raggi e la sua gioia e finisce per accontentarsi di vivere nella debolezza – debolezza della fede e della preghiera – malgrado tutta la potenza divina sia a sua disposizione.
In Cristo, l’uomo può sconfiggere tutte le cose impossibili, persino la morte stessa.
(da La fede per principianti)