Vita nello Spirito

Martedì, 23 Gennaio 2007 00:22

Scienza e religione (Albert Einstein)

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Nel corso dell'ultimo secolo, e in parte del precedente, era opinione diffusa che esistesse un conflitto insanabile tra conoscenza e fede.

Scienza e religione

 di Albert Einstein 

Nel corso dell'ultimo secolo, e in parte del precedente, era opinione diffusa che esistesse un conflitto insanabile tra conoscenza e fede. Tra le menti avanzate dominava l'opinione che la fede dovesse ormai essere sempre più rimpiazzata dalla conoscenza; la fede che non si fondasse sulla conoscenza era superstizione, e in quanto tale andava contrastata. Secondo tale concezione, la sola funzione dell'istruzione era aprire la strada alla riflessione e alla conoscenza, e la scuola, come organo eminentemente deputato all'istruzione del popolo, doveva servire soltanto a quel fine.

Probabilmente capiterà di rado, se mai capiterà, di vedere espresso il punto di vista razionalistico in forma tanto grossolana; perché chiunque abbia giudizio vedrà subito quanto sia unilaterale formulare in tal modo la posizione. Ma tanto vale enunciare una tesi in maniera nuda e cruda, se ci si vuole chiarire le idee sulla sua natura.

È vero che le convinzioni si possono sostenere meglio con l'esperienza e la chiarezza di pensiero. Quanto a questo, non si può che concordare senza riserve con il razionalista estremo. Il punto debole della sua concezione è, tuttavia, il seguente: le convinzioni necessarie e determinanti per la nostra condotta e il nostro giudizio non si trovano solo lungo la solida strada della scienza.

Perché il metodo scientifico non può insegnarci altro che l'interconnessione tra i fatti e il loro reciproco condizionamento. L'aspirazione a una tale conoscenza oggettiva appartiene alle più alte aspirazioni dell'uomo, e voi non sospetterete di certo che io intenda sminuire le conquiste e gli eroici sforzi dell'uomo in tale direzione. Tuttavia è parimenti chiaro che la conoscenza di ciò che è non apre direttamente la porta a ciò che dovrebbe essere. Si può avere la più limpida e completa conoscenza di ciò che è, e tuttavia non essere in grado di ricavarne quale dovrebbe essere il fine delle nostre aspirazioni umane. La conoscenza oggettiva ci fornisce strumenti formidabili per il conseguimento di certi obiettivi, ma la meta finale in se stessa e il desiderio di raggiungerla devono provenire da un'altra fonte. E non è quasi il caso di argomentare a difesa della concezione che la nostra esistenza e la nostra attività acquisiscono significato soltanto attraverso la fissazione di una tale meta e dei corrispondenti valori. La conoscenza della verità in quanto tale è meravigliosa, ma così poco adatta a fungere da guida da non riuscire a dimostrare nemmeno la motivazione e il valore dell'aspirazione a questa stessa conoscenza della verità. Ecco che ci troviamo di fronte, perciò, ai limiti della concezione puramente razionale della nostra esistenza. (...)

Ma il pensiero da solo non può darci conto dei fini ultimi e fondamentali. Chiarire tali fini e tali valutazioni fondamentali, e collocarli in modo saldo nella sfera emotiva dell'individuo, mi sembra precisamente la funzione più importante che la religione debba svolgere nella vita sociale di un uomo.

Letto 1188 volte Ultima modifica il Giovedì, 23 Settembre 2010 23:28
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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