Il vero digiuno
Benedettine di S. Maria di Rosano
“Perché mentre noi e i farisei digiuniamo i tuoi discepoli non digiunano?” (Mt 9,14).
Fin dal discorso della montagna il Signore aveva toccato il tema del digiuno per indicare anche a questo proposito il modo nuovo d'intendere una pratica religiosa che potrebbe facilmente ridursi ad una prassi esteriore: "...la gente non veda che tu digiuni ma solo tuo Padre che è nel segreto; ed il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà" (Mt 6,17).
Il Signore aveva pure indicato Giovanni Battista come un nuovo Elia, esempio di vita austera, capace di dominare le esigenze del corpo a favore di una piena libertà della vita dello spirito: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Un uomo avvolto in morbide vesti?..."
La posizione del nuovo maestro si delinea in modo preciso e chiaro, ma urta contro la mentalità dei più fedeli osservanti della legge, per cui si crea dapprima attrito, poi diffidenza e quindi insofferenza, finché un giorno alcuni pongono apertamente la domanda: "Perché mentre noi ed i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?".
Ogni volta che gli avversari vogliono tendere un tranello a Gesù studiano le parole con la convinzione di non lasciargli possibilità di difesa; il Signore invece, proprio perché insegna le vie di Dio e parla con le Sue parole, risponde ogni volta con tale semplicità ed evidenza che gli interlocutori ammutoliscono da se.
Il Crisostomo, nel suo Commento a Matteo, si ferma con sorpresa a considerare il tono pacato della risposta di Gesù e, forse interpretando i sentimenti dei suoi fedeli, dice: “Veramente avrebbe potuto dir loro in modo assai forte: 'Che vantaggio pretendete di trarre dal digiuno, quando la mente è colma di malizia, quando accusate e giudicate gli altri? Prima di tutto dovreste rinunciare ad ogni vano desiderio di gloria e mettere in pratica la carità, la mitezza, l'amore verso i fratelli'. Invece non dice nulla di simile, ma si limita ad affermare con tutta mansuetudine: Possono forse i compagni dello sposo digiunare finché lo sposo è con essi'?".
Anche se la gioia della presenza del Signore passa avanti all'atto penitenziale, Gesù non ha mai negato il valore del digiuno e della mortificazione, perché questo valore sta nella motivazione che lo anima più che nell'entità materiale del gesto. Dice S. Cromazio di Aquileia: "Il Signore ci insegna a digiunare non per ottenere una gloria umana - è il fine che si prefiggono coloro che sono ipocriti - ma in vista della futura speranza. È da lui che dobbiamo attenderci la ricompensa conseguente l'umiltà del vero digiuno". Ed ancora: " È ben diverso il caso di chi intende digiunare per compiere un atto di culto a Dio, di colui che ha in animo di digiunare a motivo degli altri: a questi spetta la ricompensa di una lode umana, e primo invece il merito della gloria nell'al di là".
Il santo, aderendo al pensiero di Gesù ritiene così importante la formazione interiore a proposito del digiuno, che vi ritorna anche in un'altra sua pagina: "Senza dubbio è un'usanza devota quella del digiuno, ma non può giovare all'uomo per la salvezza senza la conoscenza della verità, cioè, senza la fede nel nome di Cristo". Perciò i discepoli di Giovanni ed i farisei che digiunavano solo col corpo ignoravano il pane celeste che era venuto per nutrire i cuori dei credenti. Perciò la loro domanda era dovuta più alla presunzione che alla fede.
Nella tradizione monastica il digiuno ha sempre avuto un ruolo primario di ascesi, proprio in funzione e a sostegno dello sforzo spirituale da compiere, onde ristabilire l'ordine dei valori sconvolto dal peccato. Come ebbe a spiegare la Madre Cabitza a proposito di ogni genere di penitenza con cui volontariamente ci possiamo affliggere, esso non ha tanto valore in sé, ma è un mezzo prezioso per riparare il male fatto, è un'occasione per esercitarsi nella viltà e può divenire segno di grande amore quando con gioia si offre al Signore qualcosa di più
Se cerchiamo con attenzione lo scopo dell'insegnamento di Gesù dobbiamo riconoscere che, nell'invito a vita nuova da Lui proposto, il vero digiuno significa astenersi dal male, nelle mille manifestazioni provocate dal disordine delle passioni. Per questo continuano ad essere fonte di viva luce spirituale alcune parole di San Bernardo, rivolte ai monaci del suo tempo: "Digiuni l'occhio dagli sguardi curiosi e da ogni sfrontatezza; digiunino le orecchie, inutilmente ansiose di ascoltare, da tutte le cose che sono oziose e che non interessano per niente la salvezza. Digiuni la lingua dalla detrazione e dalla mormorazione...ma molto di più l'anima stessa digiuni dai vizi e dalla volontà propria, poiché senza questo digiuno ogni altra cosa è disapprovata dal Signore".
(Beata Pacis Visio, 7, 2003)