La costruzione del Regno,
futuro affidato al perdono
di Giovanni Salvini
Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (Rm 14,17).
Tutte le branche del sapere sono alla ricerca di un linguaggio adeguato al tempo di oggi e comune agli uomini di oggi. Anche Gesù cercava - trovandolo - un simile linguaggio per parlare agli uomini del suo tempo, ma anche per disporre la sua chiesa a parlare agli uomini di ogni tempo. In particolare l'annuncio del Salvatore prende un termine della tradizione di Israele, ne fa il centro del proprio dinamismo di salvezza e lo rielabora completamente, rendendolo capace di tradurre in un'espressione unica tutti i termini propri dell'attesa e della speranza del popolo eletto.
Questo termine è "Regno di Dio". Il regno diviene sulle labbra di Gesù la sintesi e l'approdo di tutti i vocaboli con cui Israele aveva espresso la propria identità, la propria speranza e la propria storia. Anche i termini "giustizia" e "pace" convergono in questo contenitore semantico di eccezionale portata. Il versetto della lettera di Paolo ai Romani lo dice con estrema chiarezza: giustizia, pace e gioia "nello Spirito Santo" costituiscono i contenuti precisi della categoria "Regno di Dio".
Pacificati e pacificatori
In base a questa espressione, il cristiano viene esortato non alla caccia di valori isolati (giustizia sociale, pace politica, libertà religiosa, ecc.), ma all'accoglienza e alla costruzione del valore unico del Regno. Si delinea allora un cammino preciso sia per il singolo credente che per la comunità cristiana. Un cammino che comincia dal cuore dell'uomo, dalla riorganizzazione della propria interiorità secondo la logica del Regno. Ancora più precisamente, si può affermare che il passo essenziale per intraprendere questo percorso è l'accoglienza di Gesù e della sua logica, umana e divina al tempo stesso. Gesù non solo predica l'avvento del Regno, ma lo realizza in ogni sua parola e in ogni suo gesto, fino al culmine prefetto della morte e risurrezione.
La logica del crocifisso risorto è dunque la logica del Regno. Ecco il dinamismo inaugurato dal Redentore fin dalla sera di Pasqua, articolato nei due doni pasquali: la pace e l'effusione dello Spirito, che rende la comunità pasquale in grado di proseguire la missione del Risorto portando nel mondo la radice di ogni pace, cioè la remissione dei peccati del mondo. Ogni credente e ogni comunità sono chiamati a diventare pacificati e pacificatori, affrontando il peccato (e la morte che esso semina nel mondo) con la riconciliazione. Il diffondersi del Regno di Dio coincide col diffondersi del perdono di Dio, della misericordia senza confini, dell'amore vittorioso su ogni odio e su ogni morte. Ecco di fronte a ciascuno di noi e alla chiesa di Cristo un obiettivo e uno stile da apprendere: il perdono. Cominciando dall'ambito più difficile e confuso, che riguarda il perdono di se stessi, fino a giungere al terreno incerto e dispersivo del perdono dell'intera umanità. Questo è il destino della chiesa intera. Contro l'incessante opera di divisione del Nemico, divisore per destino (il dia-bolos, accusatore instancabile dei fratelli, secondo il libro dell'Apocalisse), il Cristo risorto inaugura l'altrettanto incessante opera di ricostruzione della comunione, affidata ai credenti come comunità, unita nello Spirito e dallo Spirito.