Vita nello Spirito

Sabato, 26 Giugno 2004 11:06

Il mistero dei tre giorni (Alessandro Ghersi)

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La Congregazione per il culto divino, nel Documento Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali (nn. 16-38) afferma che "questo spazio di tempo è ben chiamato il "Triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto" e anche triduo pasquale, perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre".

Il mistero dei tre giorni

di Alessandro Ghersi
(riduzione a cura di C. Filippini)


La Congregazione per il culto divino, nel Documento Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali (nn. 16-38) afferma che "questo spazio di tempo è ben chiamato il "Triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto" e anche triduo pasquale, perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre". Von Balthasar chiama questo periodo il "mistero dei tre giorni". È il culmine di tutto l’anno liturgico poiché l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo nel mistero pasquale. La preminenza di cui gode la domenica nella settimana, la gode la pasqua nell’anno liturgico.

 

 

 

Quaresima "porta" del triduo pasquale

 

Non si può arrivare alla pasqua senza passare per la quaresima prima e poi per la croce. Nel ciclo liturgico il richiamo costante nelle liturgie domenicali di quaresima ha messo Cristo al centro, in particolare il mistero della croce gloriosa del Cristo. Possiamo prendere spunto proprio dall’ultima domenica di quaresima, la quinta, e individuare un richiamo che possa accompagnarci in tutto il triduo e farne una chiave interpretativa e anche un segno che possa accompagnare sensibilmente le nostre celebrazioni: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,26).

 

Giovedì santo "prologo" del triduo

 

Il triduo "del crocifisso, del sepolto e del risorto" ha il suo inizio con quello che è stato considerato un "prologo". La messa del giovedì santo è la pasqua sacramentale dell’eucaristia, la pasqua rituale. L’eucaristia dell’ultima cena è il dono di sé che il Cristo fa agli apostoli, e, attraverso loro, a tutti gli uomini. Questo è un ingresso solenne e intimo come deve essere stato quel momento nel cenacola tra Gesù e gli apostoli, un momento familiare e denso di emozione; dal racconto di Giovanni appare quasi un testamento.

Tutta l’attenzione è rivolta a quel pane di vita, che Gesù prese, su cui rese grazie e spezzò e a quel calice che è la nuova alleanza nel suo sangue.

Nel Vangelo di Giovanni della quinta domenica di quaresima si ascolta: "È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo" (Gv 12,23). Gesù e gli apostoli devono prepararsi a ciò che dovrà compiersi. Così è per noi: attraverso la celebrazione del giovedì santo entriamo nell’ottica di quel dono che Gesù ha fatto per primo.

All’altare della reposizione, dopo la celebrazione dell’eucaristia, spesso accade di vedere del grano germogliato, tenuto in disparte per tutta la quaresima e che ora richiama, anche visivamente, quell’annuncio profetico della passione. Gesù è il chicco di grano. Gesù è ora quel pane di vita, frutto del persorso che tanti chicci di grano hanno subito. Gesù si è fatto nostro cibo, per questo si è offerto in sacrificio e non si è tirato indietro.

 

Venerdì santo "cuore" del triduo

 

"Cristo nostra pasqua si è immolato". La chiesa con la meditazione della passione del suo Signore entra nel cuore del triduo.

È la pasqua-passione della croce: il giorno in cui non si celebra l’eucaristia, giorno del digiuno, del silenzio, del racconto della passione, giorno in cui la chiesa intercede solennemente per i bisogni di tutta l’umanità, giorno in cui si adora la croce gloriosa. Abbiamo ascolatato: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".

L’evangelista che narra con più profondità gli avvenimenti della passione e che ci fa percorrere la via che porta al Calvario e, poi, al sepolcro, è Giovanni. Egli ci invita ad alzare il nostro sguardo e a fissarlo verso colui che hanno trafitto e di piegare le nostre ginocchia per adorare e riconoscere l’amore di Dio. Egli è stato obbediente fino alla morte di croce.

 

Sabato santo "giorno del silenzio"

 

"Il sabato santo la chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi e aspettando nella preghiera e nel digiuno la risurrezione" (Feste pasquali, n. 73).

È il giorno della sepoltura, del grande silenzio, senza eucaristia, il giorno in cui si manifesta la solidarietà più totale del Cristo con l’uomo, avendo condiviso non solo la morte, ma anche lo stato di morte. Non è facile entrare in questo silenzio così profondo, così buio, manca la Parola e mancano le parole, è il momento in cui sperimentiamo l’assenza del Signore: egli non è più con noi, è l’Assente.

Ma questa condizione è proiettata in avanti, verso ciò che deve venire, l’assenza è in ordine alla presenza di colui che deve tornare dai morti per fare trionfare la vita. I due giorni, venerdì e sabato, sono molto legati tra loro; anche le caratteristiche dell’uno continuano nell’altro: il digiuno iniziato il giorno precedente viene consigliato di prolungarlo anche al sabato, in modo che la chiesa possa giungere alla gioia della domenica di risurrezione.

"Chi ama la propria vita la perde" (Gv 12,25). Anche il senso di questa giornata ci era stato fedelmente annunciato mentre andava concludendosi il cammino quaresimale. In questo grande sabato è soprattutto attraverso la liturgia delle ore che possiamo cogliere la dimensione caratteristica dell’assenza, della solitudine e dell’attesa.

Anche il testo della I Pt 3,18-19 sembra legare i due momenti quello della morte, come offerta per liberarci dai peccati, e quello dell’annuncio ai "prigionieri" della morte, quindi quello della vittoria sulla morte.

In questo giorno in cui il Signore, deposto dalla croce, viene portato al sepolcro e la grande pietra lo chiude, siamo ancora richiamati a queste realtà dall’immagine del chicco "sepolto" nella terra. Anche il corpo ormai senza vita di Gesù è stato consegnato alla terra, quasi un grembo accogliente, proprio come per quel seme, che vede riaffiorare, rinascere in sé una nuova vita.

 

Notte di veglia in "onore del Signore"

 

Solamente dopo aver percorso tutto questo cammino possiamo entrare, in punta di piedi, come si conviene, nel mistero della pasqua-risurrezione attraverso la veglia pasquale nella notte santa. S. Agostino considera questa notte santa come la madre di tutte le sante veglie. In questa veglia, infatti, la chiesa rimane in attesa della risurrezione del Signore e la celebra con i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Il Messale romano a riguardo dell’attesa offre un’altra chiave di lettura: "I fedeli, portando in mano – secondo l’ammonizione del vangelo (Lc 12,35ss) – la lampada accesa, assomigliano a coloro che attendono il Signore al suo ritorno, in modo che, quando egli verrà, li trovi ancora vigilanti e li faccia sedere alla sua mensa". Un richiamo al ritorno ultimo, alla fine dei tempi. Così si incontrano in questa celebrazione, come in ogni altra, il passato (l’evento che si commemora), il presente (il rito) e il futuro (l’anticipazione del compimento). Gesù Cristo è l’unico Salvatore, ieri, oggi e sempre, e la sua salvezza è eterna e universale e raggiunge gli uomini di tutti i tempi in ogni luogo.

Questa è la notte che ricorda il passaggio del mar Rosso e l’esodo d’Israele nel deserto, è la notte dello splendore della colonna di fuoco; questa è la notte della salvezza, la notte di chi ha vinto la morte; questa è la notte che, sola, è stata testimone della risurrezione, la notte piena di luce; questa è la notte del fuoco nuovo, di Cristo luce del mondo, in cui i cristiani sono chiamati a seguire il Cristo che risorge; questa è la notte in cui la parola di Dio celebra l’alleanza tra Dio e l’uomo; questa è la notte in cui l’acqua del battesimo e della vita nuova ci purifica dal peccato; questa è la notte dell’eucaristia, punto di arrivo di tutto il cammino, memoriale del sacrificio della croce e presenza del Cristo risorto, completamento dell’iniziazione cristiana, pregustazione della pasqua eterna (Feste pasquali, n. 90).

Gesù sofferente sulla croce è il Cristo vittorioso sul peccato e sulla morte; viene così ricomposta quell’unità che riguarda intimamente la nostra professione di fede perché sgorga direttamente dal mistero pasquale.

 

Sacramento del Risorto

 

Siamo partiti dall’eucaristia e siamo giunti all’eucaristia. Tutto il cammino precedente ci ha portati qui, a vegliare nella notte: vegliare è un atteggiamento dal ricco simbolismo, ben compatibile con la verità del mistero che si celebra: vegliare nella vigile e operosa attesa di chi viene per farci passare dalla sua pasqua, quella del Crocifisso-Risorto, alla pasqua della chiesa-comunità, alla pasqua del singolo credente.

In questo momento anche la luce è ricca di significato, si veglia alla luce, verso la luce, con la luce.

Nella veglia non siamo semplicemente davanti ad un momento del triduo, ma a ciò che il triduo è e deve essere.

 

Il pane del vivente

 

Il pane, risultato della storia del chicco di grano, potrà apparire sulla mensa eucaristica, tappa conclusiva di tutto il nostro cammino. Per rispettare l’unità e la profondità del triduo sarà più necessario tenere conto che, arrivati qui, siamo anche ad un punto di partenza; da qui parte la cinquantina pasquale, il tempo della mistagogia.

"La celebrazione della pasqua continua nel tempo pasquale. I cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di risurrezione alla domenica di pentecoste si celebrano nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come "la grande domenica"" (Feste pasquali, n. 100). La veglia si apre al laetissimum spatium dei cinquanta giorni, punto di arrivo che porta la pasqua alla sua pienezza, al compimento, al vertice, al tempo nuovo, il tempo dello Spirito Santo, il tempo della chiesa.

(da Alessandro Ghersi, Il mistero dei tre giorni, in "Settimana", 14-15 (2003), pp. 8-9; riduzione di C. Filippini).

Letto 3620 volte Ultima modifica il Martedì, 17 Febbraio 2015 19:33
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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