Vita nello Spirito

Venerdì, 26 Agosto 2005 22:56

La difficile lotta con se stessi (Filippo Di Giacomo)

Vota questo articolo
(0 Voti)

Quello che è vicino resta sem pre vicino e, proprio per questo, è reale, esiste. Quello che è lon tano, proprio perché è tale, ci ap pare spesso irreale e insignificante. È terribilmente più fastidioso un vicino di casa che batte sul muro di notte, della notizia di un terre moto o di un'alluvione in qualche Paese lontano.

La difficile lotta con se stessidi Filippo Di Giacomo

Quello che è vicino resta sem­pre vicino e, proprio per questo, è reale, esiste. Quello che è lon­tano, proprio perché è tale, ci ap­pare spesso irreale e insignificante. È terribilmente più fastidioso un vicino di casa che batte sul muro di notte, della notizia di un terre­moto o di un'alluvione in qualche Paese lontano. Non basta uno sfor­zo mentale, di volontà, per guar­dare il mondo con le categorie del­la Parola di Dio. Occorre esercita­re il proprio occhio, la propria mente, il proprio cuore a far en­trare nella nostra quotidianità an­che quello che ci sembra lontano e che, invece, è il nostro necessario "prossimo" .

Non bisogna essere grandi teo­logi per comprendere, anche sfo­gliando velocemente il Vangelo, che la più grande vittoria di un cristiano consiste unicamente nel vincere se stesso. Certo, è difficile superare i limiti del proprio corpo, ma restare prigionieri di se stessi non è mai stato un destino per nes­suno, e certamente non lo sarà mai per chiunque crederà al Vangelo. Certo, in questo confuso inizio mil­lennio la nostra vita quotidiana sembra fatta apposta per spinger­ci proprio alla concentrazione su noi stessi. In un mondo globalizza­to, con eccesso di informazioni, si finisce, infatti, per amplificare il proprio privato, il gioco e (la chia­mano "real tv" anche quando lo show business inventa il mondo a immagine e somiglianza del nulla) anche il lamento di sé. Accade in televisione, con i boom dei "Gran­di fratelli", le imitazioni di stili di vita al limite dell'alieno, i cento giochi per diventare ricchi in un attimo, le rubriche sulla cura del corpo e le diete. E accade in noi quando pedissequamente sviliamo l'intimità reale della nostra casa con l'irrealtà di un mondo che in­venta per comunicare e comunica inventando, cioè mentendo.

È lo strano mondo in cui vivia­mo, in Italia e in quella parte del mondo che si chiama Occidente e Nord del Pianeta, di cui noi faccia­mo parte. Viviamo, insomma, in

un mondo che si ammala di buli­mia e di anoressia, di attrazione smodata per il cibo e di rifiuto del cibo perché in rivolta con il mondo, ma senza risposte per cambiarIo. E il nostro è anche il mondo che si ammala di eccesso di carne e degli eccessi che l'eccesso di produzione di carne provoca.

Visto così sembra ben strano, il nostro mondo, ma è il nostro. È un mondo dove per dare da mangiare alle mucche che diventano bistec­che negli USA con ottimi grani e semi carichi di proteine, servono quantità di cereali e di soia che da sole sfamerebbero 450 milioni di persone nel nostro pianeta. Ed è certo ben strano un mondo dove i 250 uomini più ricchi del mondo hanno ricchezze pari al 45% del pianeta. Visto così diventa difficile un po' tutto: è difficile anche spe­rare che le rivoluzioni della biotec­nologia, quelle, che permettono di produrre alimenti che si rovinano meno, che crescono più in fretta e di più, vadano davvero a favore dei poveri che non ce la fanno a vivere. È difficile sperarIo, quando 1'80% dei brevetti, 8 su dieci, è nelle ma­ni di un'unica multinazionale e co­munque sempre nelle mani di pri­vati e in un mercato senza regole.

È per questo che, per quanto difficile sia, occorre far diventare vicino il lontano e prendere sul se­rio l'invito evangelico a «vestire gli ignudi, nutrire l'affamato, visitare e consolare l'ammalato...». A prima vista c'é un che di arcaico nel­le espressioni con le quali ancora tramandiamo l'umanissimo, e per questo fragilissimo, messaggio del­le evangeliche opere di misericor­dia corporale. Ma se leggiamo lo straordinario testo di Matteo 25, dal quale le opere di misericordia discendono, nella parabola del re o del giudizio, capiamo facilmente quanto quegli aggettivi che diventano sostantivi, con­servino la loro drammatica attualità.

Appena fuori dalla no­stra porta, e sotto l'occhio delle telecamere del nostro sistema informativo, esiste l'umanità dei rifugiati, del­le carestie, degli assediati dalla guerra, che si vestono con i sacchi degli aiuti alimentari, di foglie e corteccia di albero. Vicino a noi ci sono i bambini zingari che hanno fin dalla nascita una speranza di vita inferiore alla nostra di un quarto di secolo e i cui vestiti sono difficili da lavare in campi senza acqua. Allora: le opere di miseri­cordia corporale diventano un formidabile insegnamento a non considerare "normale" questo no­stro confuso mondo. E diventano anche un metodo per accorciare le distanze, iniziando a "vedere" e "sentire", in senso evangelico, co­loro che finora consideriamo delle ombre che camminano nelle strade in cui viviamo e che attraversiamo.

Negli anni Cinquanta, Giorgio La Pira, allora sindaco di Firenze, propose come programma elettorale una sola regola sociale: che ogni cristiano si assumesse fino in fondo la responsabilità di un povero. Quell'idea era, per qual­cuno, solo un'utopia, per altri vera e propria follia, per altri ancora "profezia".

È solo un caso se tra il gruppo di coloro che presero sul serio La Pira l'Italia ha trovato perso­naggi che hanno legittimato nella nostra cultura il pacifismo, l'obie­zione di coscienza, la libertà di scelta in campo politico e tante al­tre acquisizioni che, senza di loro, nessuno di noi potrebbe ora consi­derare "normali"? Quando Gesù pregava, narrano i Vangeli, bene­diceva il Padre perché aveva na­scosto le cose importanti ai grandi e le aveva rivelate «ai piccoli». Ed è difficile, dopo duemila anni di storia sacra e profana, sospettare che non avesse ragione. .

I dati dello scandalo

  • Un bambino su cinque in molti paesi africani muore prima di compiere cinque anni.
  • Il 20% della Popolazione mondiale consuma 1'80% delle risorse. Un cittadino ameri­cano o europeo consuma quanto 33 rwandesi.
  • Metà della popolazione mondiale, cioè circa 3 miliardi di persone, per vivere ha a disposizione meno di 2 dollari al giorno. Fra loro, 1, 2 miliardi (500 milioni nell'Asia meri­dionale e 300 milioni in Africa) vivono con meno di 1 dollaro al giorno.
  • Il miliardo di persone c"e vive nei paesi del Nord guadagna il 60% del reddito mon­diale, i 3,5 miliardi c"e vivono nei paesi a basso reddito guadagnano meno deI 20%.
  • Ogni anno, vengono spesi complessivamente più di 56 miliardi di dollari per la ricer­ca sanitaria. Meno del 10% di questa cifra viene indirizzata ai problemi che toccano il 90% della popolazione mondiale.
  • Attualmente circa 36 milioni di persone sono affette da virus HIV, di, queste oltre 25 milioni vivono in Africa.
  • In 91 Paesi è ancora presente la lebbra, una malattia che la medicina sarebbe in grado di curare. Ci sono 2000 nuovi casi al giorno, più di uno al minuto. 80.000 sono bam­bini e 250.000 persone presentano già danni permanenti.
Letto 1219 volte Ultima modifica il Giovedì, 23 Settembre 2010 22:24
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search