Alcuni passaggi di un'omelia di Martin Luther King, Vigilia di Natale 1967 nella chiesa battista di Ebenezer ad Atlanta.
L’uccisione di un uomo da parte di un altro costituisce la massima violazione dei significati più profondi inscritti nell’atto creativo e questo monito vale, a pieno titolo, anche quando si sopprime legalmente la vita di un assassino.
Nel corso dei secoli il Nuovo Testamento è stato usato per giustificare la costruzione della pace ma anche le crociate, sia il pacifismo sia la brutalità.
La filosofia della pace è qualcosa di più che un'osservazione passiva; è anche una partecipazione attiva al dinamismo della realtà e per questo richiede un cuore puro, altrimenti qualsiasi interferenza è violenta e disturba la pace.
La nonviolenza come noi l'intendiamo è la più grande e sistematica offensiva, la lotta infaticabile contro le ideologie superstiziose che hanno canonizzato la guerra come strumento di giustizia e di pace.
Ciò che caratterizza, in gran parte, ogni dibattito sulla nonviolenza è il fatto che questa non ha un posto rilevante nel nostro passato. Ciò giustifica la nostra prima reazione che non può che essere di diffidenza, di scetticismo, nonché d'ironia, ora bonaria ora cattiva. Perciò si tratta di rendere chiaro questo dibattito, al di là di ogni equivoco, di ogni malinteso e di ogni confusione.
Il frequente riferimento del magistero e dei credenti alla pace mostra, talora, una scarsa profondità teologica. Il saggio di E. Benvenuto attraversa la storia della teologia e gli scritti più recenti (Jüngel, Molari, Moltmann, Westermann, Weizsäcker, ecc.) per cogliere diversità e consonanze.