Quando San Francesco viaggiò nel Medio Oriente per cercare di fermare le crociate, si confrontò con guerrieri europei che portavano la croce di Cristo impressa sui loro scudi. Il Nuovo Testamento non contiene un chiaro e coerente insegnamento sulla violenza e la nonviolenza, sulla guerra o la pace. Esistono comprensibili motivi per questa lacuna. Tutti gli scritti del Nuovo Testamento nacquero in un lasso di tempo storico relativamente breve, dal 50 circa al 150 (in contrasto con le Scritture ebraiche che comparvero in un arco temporale esteso per mille anni). Durante questo periodo, né la spinta del messaggio del cristianesimo primitivo, né le circostanze nelle quali esso venne promulgato richiedevano un confronto diretto con questi problemi. La mancanza di riferimenti fondativi all'interno del Nuovo Testamento non ha evitato che esso fosse usato per duemila anni come fonte e legittimazione di mutevoli e spesso contraddittori atteggiamenti nei confronti della violenza e della nonviolenza.
Il periodo in cui venne composto il Nuovo Testamento è contraddistinto da tre caratteristiche fondamentali che forgiarono il suo contesto e il suo contenuto. La prima è il contesto politico e sociale. La seconda è il contenuto della vita e del messaggio di Gesù. La terza è l'ethos e la missione del movimento cristiano primitivo.
Il contesto in cui apparve è il periodo della Pax Romana, un momento di relativa pace e stabilità per l'intero Impero Romano, sebbene sotto la sempre occhiuta e crudele vigilanza delle legioni. In questo periodo, tranne una rilevante eccezione, vi furono schermaglie marginali, ma senza conflitti internazionali di maggior portata. Naturalmente fu uno scoppio di violenza a dar forma al messaggio del Nuovo Testamento: la rivolta ebraica contro Roma nel 68 d.C. e la conseguente spietata repressione, seguita dalla distruzione di Gerusalemme e da quella del Tempio nel 70. Tutti gli ebrei, compresi quelli che erano seguaci di Gesù, sperimentarono questo evento come un disastro titanico.
Seconda caratteristica, l'insegnamento originatosi da Gesù stesso in quest'area sembra ambiguo. Per esempio, Matteo riferisce che Gesù abbia detto: "Non sono venuto a portare pace, ma la spada" (Mt 10,34). Ma solo pochi capitoli più avanti, Gesù rimprovera un discepolo per aver sguainato la spada per non farlo arrestare: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada" (Mt, 26,52). Ancor più sconcertanti, per quanti vogliono descrivere Gesù come un pacifista coerente e impegnato, sono le istruzioni ai discepoli inviati in missione: "Chi non ha spada venda il mantello e ne compri una" (Lc 22,36).
Naturalmente Gesù non oppose resistenza a coloro che lo arrestarono. Ma la sua decisione fu dovuta a un impegno per la nonviolenza o fu piuttosto una prudente mossa tattica, data la schiacciante disparità di forze? Nessuno lo sa per certo, ma, dati i modelli della vita e dell'insegnamento di Gesù sull'amore e l'accettazione degli ultimi, sembrerebbe stato contraddittorio rivolgersi verso la violenza. Qualcuno ha sostenuto che brandendo una sferza di cordicelle per cacciare i cambiavalute dal cortile del Tempio Gesù abbia dimostrato di essere capace di un qualche genere di violenza, contro i beni se non contro gli esseri umani. La base documentaria indica, però, che, coinvolgendosi in questa azione, Gesù non stava istigando una ribellione: stava compiendo una purificazione simbolica del Tempio, atto che i profeti avevano promesso da secoli. Tutto sommato sembra chiaro che Gesù con la propria vita insegnò e mise in pratica un approccio non violento.
Terza caratteristica, il movimento cristiano dopo la morte di Gesù consisteva in una piccola setta all'interno dell'ebraismo. Non aveva speranze o pretese di voler mai acquisire un potere politico secolare e perciò non sviluppò un'etica sociale conforme o una visione coerente di violenza e nonviolenza.
I problemi riguardanti guerra e pace, violenza e nonviolenza, in quanto tali, non furono alla base dell'insegnamento di Gesù. Egli visse da nonviolento, come i suoi discepoli. Ma il suo impegno fondamentale fu quello di proclamare e dimostrare - con la parola e l'esempio - che il Regno di Dio era vicino e che gli emarginati, i poveri e i derelitti del suo tempo ne sarebbero stati i primi e principali beneficiari.
Il fatto che Gesù nel suo insegnamento non si sia concentrato sul problema della violenza è forse la ragione più importante per cui la successiva storia cristiana mostra così tanti diversi modi di pensare riguardo a questa vexata quaestio. Quanti vedono i Vangeli come fonte di ispirazione alla nonviolenza, hanno due riferimenti divenuti primari. Il primo è il Discorso della Montagna, culminante in questo famoso passo: "Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio, dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra... Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico"; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori". (Mt 5,38-43)
Questo testo ha avuto un'influenza enorme sulla storia. È il luogo classico della nonviolenza cristiana. L'altra grande fonte di nonviolenza nei Vangeli è la decisione di Gesù stesso di confrontarsi apertamente con gli occupanti romani e i loro collaboratori in Gerusalemme, ma di farlo senza violenza. In tal modo provocò sia l'ira degli Zeloti che propugnavano la forza, sia quella degli Esseni che evitavano qualunque contatto coi romani e i loro collaboratori e che si erano ritirati nel deserto per aspettare il Messia.
Per secoli, in generale, si ritenne che gli insegnamenti di Gesù e il suo esempio di nonviolenza non avessero alcuna applicazione sociale su vasta scala. Si diceva che essi fossero destinati a riguardare solo i rapporti interpersonali o ad essere messi in pratica come "consigli di perfezione" unicamente da una piccola minoranza religiosa. Ci si attendeva, comunque, che i governanti usassero una violenza misurata nell'interesse della giustizia e della stabilità, tuttavia all'interno dei parametri di una teoria di "guerre giuste" che specificassero l'opportunità e i limiti dell'uso della violenza.
Comunque, all'interno della maggior parte della storia cristiana, l'opzione pacifista continuò a venire applicata solo in ambiti ristretti. Sembrava che essa avesse una scarsa o addirittura nulla possibilità di essere applicata a un più ampio contesto sociale. Ma nel XX secolo guide come il Mahatma Gandhi e Martin Luther King fecero il grande passo di portare avanti la nonviolenza come strategia per la resistenza popolare di massa all'ingiustizia. Gandhi era ispirato sia da elementi della tradizione hindu, specialmente dalla Bhagavad Gita, sia - come scrive egli stesso - dal Discorso della Montagna e dall'esempio di Gesù. King, a sua volta, fu influenzato da Gesù e da Gandhi. Anche lui credeva che l'invenzione delle armi di distruzione di massa avesse reso la nonviolenza non già una semplice opzione tra le altre, ma l'unica forma di lotta moralmente legittima al giorno d'oggi.
Harvey G. Cox
(da Il sole 24 ore, 30 settembre 2001)