“Cinquanta caschi blu Onu in missione di peacekeeping nei paesi a rischio sono stati puniti per abusi. Una vicenda che va dalla Costa d'Avorio ad Haiti" era il titolo con cui Peacereporter, il 17 novembre 2009, rivelava come l'Onu avesse dovuto confermare che negli ultimi tre anni almeno 50 "caschi blu" erano stati puniti per aver compiuto stupri e altre violenze sessuali. In realtà sarebbero almeno 450 i casi di abuso commessi dai soldati delle missioni di pace sparsi per il pianeta. Purtroppo l'Onu può solo indagare sulle violazioni, mentre l'azione giudiziaria è affidata ai governi nazionali dei paesi di origine del personale.
Secondo un rapporto pubblicato alcuni mesi fa da Save the Children, più della metà dei giovani intervistati ad Haiti, Costa d'Avorio e Sudan sarebbe entrata in contatto con persone che affermano di aver subito abusi da parte del personale delle missioni di peacekeeping. Si potrebbe pensare che queste truppe servano a instaurare e mantenere la pace, ma di fatto nella maggioranza dei casi aggravano il conflitto e si limitano a difendere lo statu quo. Tali missioni sono finanziate principalmente dagli Stati Uniti e dai paesi europei della Nato, mentre i soldati semplici provengono dalle nazioni del Sud del mondo. Ci sono coloro che pagano e coloro che muoiono e chi paga decide.
Secondo i dati ufficiali, i cinque paesi che nel 2008 hanno fornito il maggior numero di soldati sono stati Pakistan, Bangladesh, India, Nigeria e Nepal. I primi tre hanno coperto 1/3 dei 100.000 "caschi blu" impegnati nelle zone di conflitto. Ogni mese l'Onu paga agli Stati 1.101 dollari per soldato semplice e 1.404 per un graduato, mentre ogni governo dà alle sue truppe la somma che vuole. Questi salari (oltre ad equipaggiamento, armamento e addestramento forniti dall'Onu) consentono a paesi poveri di mantenere una modernità nei loro eserciti che altrimenti non potrebbero permettersi. Essendo la partecipazione alle missioni lucrativa, tanto per i governi quanto per i soldati impiegati, tutti hanno interesse economico e militare che il conflitto si prolunghi. I soldati del Sud del mondo, poi, hanno spesso un livello scolastico molto basso ed ignorano storia, cultura e costumi dei paesi nei quali vengono inviati. Parlano un'altra lingua, non comprendono le radici e le caratteristiche del conflitto e la loro unica o principale motivazione è il salario. In realtà sono mercenari.
In uno studio realizzato dall'Onu nel '96, Graça Machel, moglie del presidente del Mozambico, informava che "in 6 delle 12 inchieste sul campo realizzate per compilare il rapporto sullo sfruttamento sessuale di minori in situazioni di conflitto armato, l'arrivo delle forze di pace è collegato a una rapida crescita della prostituzione infantile". Durante il conflitto in Bosnia, queste forze sono state implicate in uno scandalo perché rapivano bambini per farli lavorare come schiavi sessuali nei bordelli. A questi esempi andrebbero aggiunte le violenze sessuali in Congo RD, Liberia, Sierra Leone, Somalia, Eritrea, Kosovo, Cambogia, Timor Est. La maggior parte dei casi riguarda donne e minori che, per mancanza di opportunità economiche, sono costretti a prostituirsi in cambio di cibo, denaro e/o protezione. Un nuovo rapporto di Save the Children del 2008 (dopo le visite effettuate nel 2007 ad Haiti, nel Sud-Sudan ed in Costa d'Avorio), ha denunciato che "l'abuso sessuale di minori da parte di operatori umanitari e forze di pace è frequente e gli sforzi fatti per proteggere i minori da queste aggressioni non sono adeguati". Un giovane di 14 anni che lavorava nei campi delle forze di pace in Costa d'Avorio dichiara: "Ci domandano soprattutto ragazze della nostra età. In generale da otto a dieci uomini se ne dividono da due a tre. Quando ne propongo una di età più elevata, mi rispondono che preferiscono le ragazzine".
HIV E AIDS
L'estensione delle operazioni di peacekeeping ha contributo allo sviluppo di Hiv ed Aids in Africa e il vettore chiave del virus è stato il personale militare Onu, il cui tasso di infezione è risultato significativamente più alto rispetto alle popolazioni civili, chiaro indizio del fatto che esso aveva avuto contatti sessuali con più partner e/o con partner ad alto rischio come le prostitute. Ciò è stato spesso denunciato dagli abitanti locali.
Uno studio del 1999 evidenziava come il 40¬60% dei testati appartenenti agli eserciti di Angola e Congo RD risultasse sieropositivo e tra le truppe sudafricane si raggiungesse addirittura il 60-70%. Nel 2005 si calcolava che il 50% dei militari del Malawi morisse per Aids e in Botswana uno su tre fosse sieropositivo. Il dilagare dell'infezione deriva dal fatto che il Consiglio di sicurezza dell'Onu non ha l'autorità per obbligare gli operatori di pace ad effettuare test. Durante le guerre in Liberia e Sierra Leone furono inviate decine di migliaia di "caschi blu" e si riscontrò una notevole crescita dei tassi di infezione fra le popolazioni ospiti, creando una nuova "zona calda" in una parte dell'Africa precedentemente risparmiata dal virus. Inoltre, contrassero la malattia molti soldati provenienti da paesi con bassi tassi d'infezione, divenendone vettori al rientro in patria. La correlazione fra operazione di peacekeeping e diffusione dell'Hiv in Sierra Leone è ben esemplificata dal caso delle truppe nigeriane, che rimasero nel paese tre anni , con la conseguenza che il numero di soldati infettati salì dal 7% nel primo anno al 10% nel secondo, al 15% nel terzo.
OPERAZIONI DI PACE, SFRUTTAMENTO E ABUSI SESSUALI
I rapporti 2006 e 2007 del Comitato speciale Onu sulle operazioni di mantenimento della pace evidenziavano come il 90% degli abusi consistesse in scambi di favori sessuali contro denaro, cibo, un impiego od una protezione. Il 73,4% dei casi si riferiva a rapporti sessuali con prostitute ed il 16,9% a relazioni di sfruttamento sessuale. L'intensificarsi della prostituzione come conseguenza del dispiegamento di una missione di pace è stato documentato per esempio in Cambogia, dove il numero delle prostitute è più che quadruplicato dopo il passaggio dell'Autorità provvisoria delle Nazioni Unite in Cambogia (Apronuc) nel 1992¬1993. Le operazioni di peacekeeping attirano i lavoratori del sesso. La popolazione, tanto durante quanto dopo il conflitto, vive spesso in situazioni estreme. La guerra disperde le famiglie e distrugge le strutture sociali, lasciando donne e bambini in balia di se stessi. In molti casi le donne, o le loro famiglie, arrivano alla conclusione che i corpi femminili sono la sola merce che possano vendere. Pertanto stabilire relazioni sessuali coi "caschi blu" è un modo per ottenere sicurezza per se stesse, parenti ed amici.
Lo staff delle missioni guadagna molto più della popolazione locale (spesso più di 50 volte) e il potere che esercita nell'area in cui agisce gli consente di acquistare qualsiasi cosa, compresi i favori sessuali. Accrescere il consumo sessuale è richiesto dalla mascolinità militarizzata e spesso comprare servizi sessuali e/o visitare bordelli è considerato lecito, o culturalmente accettato, fra il personale delle missioni.
Quando un soldato (o un operatore internazionale) viene accusato di violenza o di aver acquistato servizi sessuali, è difficile fornire prove. Le stesse vittime sono spesso intimidite, scoraggiate dal testimoniare. Nei pochi casi in cui un soldato venga riconosciuto colpevole, la sanzione tende ad essere delegata alla catena militare di comando e quella principale comminata dall'Onu è il rimpatrio. Se il crimine è grave, il processo si celebra nel paese di provenienza del soldato, quindi molto lontano da prove e testimonianze, e spesso le imputazioni vengono lasciate cadere. La situazione di semi-impunità riflette una noncuranza generale rispetto alla normativa sugli abusi sessuali e una mancanza di controllo da parte delle alte sfere militari sui loro soldati, quando non sono gli stessi ufficiali superiori a dare un cattivo esempio.