Comincio indicando brevissimamente alcuni punti che andrebbero sviluppati ampiamente, cosa che eventualmente potrei fare in un secondo tempo.
Il primo punto riguarda la nostra ricerca di quei segni della presenza nel mondo dell’azione dello Spirito Santo, del Regno di Dio che, man mano che vengono accolti e considerati con attenzione, iniziano a rivelarci qual è il disegno di Dio, come dice Paolo nella lettera agli Efesini di ricondurre tutto sotto a Cristo, come capo.
La ricerca dei segni per poter scorgere nel concreto, nella realtà in cui viviamo, il disegno di Dio.
Un secondo passo è quello di cercare di rivolgere la nostra attenzione al popolo cristiano, alla Chiesa, popolo di Dio, e al tempo stesso al popolo dei musulmani – loro credono in Allah – e a tutti i popoli qualunque sia la loro religione, la loro moralità, la loro esperienza; e considerando tutti questi popoli vedere come in tutti c’è la stessa ricerca, anche se con parole e modalità diverse, per via degli itinerari diversi, di qualcosa o di qualcuno che ci trascende, di una salvezza per ognuno di noi e per tutti che venga da qualcuno che è al di là di noi, delle nostre esperienze più concrete, quotidiane; la ricerca della trascendenza, di un Altro, la ricerca di Dio.
Possiamo rileggere nella dichiarazione del Concilio sulle relazioni della Chiesa con le religioni cristiane: “Gli uomini delle varie religioni attendono la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana che ieri come oggi, turbano profondamente il cuore dell’uomo: la natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene, il peccato, l’origine e il fine del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte. Infine l’ultimo ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo”. Penso che si possa anche esprimere questa realtà semplicemente dicendo che in tutti quanti è presente, in qualche modo, la ricerca di senso e, quindi, una qualche esperienza della misteriosità della condizione umana, una qualche esperienza del mistero.
A questo punto mi sembra che la pace tra gli uomini, tra i singoli, tra i gruppi, fra le popolazioni, tra le nazioni, vada soprattutto ricercata nella comune esperienza della ricerca di senso della vita e della morte, nella comune esperienza di mistero. Spesso ci si ferma a riflettere su quale possa essere un’etica universale nella quale tutti i popoli, tutte le esperienze si possono ritrovare. Stando la serietà e l’importanza di questa ricerca ritengo che, ai fini della pace, sia più importante cercare di conoscere ed evidenziare l’esperienza profonda di ricerca di senso, quindi di mistero dell’esistenza umana. Passando a un linguaggio più teologico può anche spaventare alcuni ma è profondamente vero che la pace fra gli uomini, i gruppi, i popoli, si può trovare sul piano della mistica più che sul piano dell’etica o, se volete, sul piano di un’etica fondata sulla mistica.
Alla luce di queste premesse, forse siamo aiutati a riconoscere il Vangelo come la rivelazione del Mistero Infinito di Dio, del Mistero di Gesù Cristo, la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione: il Mistero Infinito rivelato nel Mistero Pasquale; cosa abbastanza ovvia ma, al tempo stesso, raramente praticata perché oggi, specialmente nei discorsi correnti anche nei media, quando si parla del Vangelo lo si considera come un’etica e si propone un’etica fondamentalmente naturale elaborazione della nostra intelligenza come se fosse veramente l’essenza del Vangelo; cosa, tra l’altro, che potrebbe apparire subito un po’ aberrante se si considera il Discorso della Montagna, le beatitudini con quello che segue, e si capisce che non si tratta di un’etica che può essere condivisa sul piano solamente della ragione; anzi, sul piano della ragione, come dice S. Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, questa sapienza, rivelata da Dio appare come una follia per l’uomo. Per questo, a mio avviso, è sempre molto importante rileggere i primi tre capitoli della prima lettera di S. Paolo ai Corinzi.
Se quindi il Vangelo è essenzialmente rivelazione del Mistero Infinito di Dio nel Mistero Pasquale allora si comprende un po’ di più il significato della celebrazione eucaristica, il memoriale che nella fede si fa della morte e della risurrezione del Signore.
Eccoci quindi al punto centrale di questa comunicazione che risulta dall’esperienza di fede di chi crede nel Signore, Gesù Cristo, la celebrazione eucaristica, la messa che, come dice il Concilio, è “fons et culmen” di tutta l’esperienza cristiana o la sorgente della vita cristiana ed è il compimento anche della vita cristiana e della Chiesa.
Tante volte celebriamo la Messa in ricordo di questa o quella persona che ci ha lasciato o per ottenere questa o quell’altra grazia straordinaria o anche semplicemente per dare una dimensione religiosa, un andamento religioso, alla celebrazione di altre cose, altri eventi; cose che, se degne di rispetto, non hanno nulla a che fare con la memoria della morte e risurrezione del Signore che è appunto la celebrazione della Messa.
La Messa sul mondo è il titolo di un bellissimo scritto, breve (una ventina di pagine) del padre Pierre Teilhard de Chardin, è la realtà della Messa, perché il Signore è morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini, per la salvezza della storia che, in qualche modo geme e partecipa a questa redenzione, operata da Cristo, come dice Paolo nel capitolo ottavo della lettera ai Romani; anche se Paolo non poteva sapere quello che è dato a noi di sapere sul numero immenso delle galassie e delle stelle che in ogni galassia ci sono, sulla grandezza dell’universo. Comunque ciò che lui ci rivela riguarda per noi appunto questo universo, questo cosmo in tutta la sua grandezza, come del resto riguarda tutta l’incomparabile ricchezza della storia umana, dell’esperienza umana, non solo dei personaggi che si trovano nelle enciclopedie, ma dei popoli e di tutte le singole persone che fanno parte dei popoli e, in particolare, alla luce del Vangelo, anche dei più piccoli, poveri, sofferenti, emarginati. Questa quindi è l’essenza della Messa, di essere il momento in cui, nella fede, viviamo la coscienza dell’universalità, della dimensione cosmica della salvezza operata dal Signore.
E veniamo all’oggetto principale di questo suggerimento che cerco di rivolgere a un parroco, cioè la Messa domenicale che è il momento in cui il popolo cristiano in modo più numeroso si incontra e si ritrova. Come il popolo di Dio partecipa alla Messa domenicale, con quale animo, penso lo sappia solo lo Spirito di Dio che opera in ognuno di noi; le nostre valutazioni possono riguardare il comportamento esteriore e in qualche modo anche quello che nell’animo di ognuno avviene e che si manifesta; da un comportamento esteriore sia di chi presiede la celebrazione eucaristica che di tutto il popolo; che evidentemente non ha solamente un compito passivo, di ascolto ma in qualche modo un ruolo attivo: tutti siamo sacerdoti, partecipiamo al sacerdozio di Cristo anche se solo alcuni sono chiamati al servizio ministeriale, proprio dei sacerdoti ordinati per questo.
Vorrei passare a un momento propositivo di questa comunicazione a un parroco che riguarda l’itinerario da compiere per poter celebrare la domenica e nei giorni festivi la Messa sul mondo. Il primo itinerario è ovviamente quello di capire, conoscere quello che è la Messa; itinerario di catechesi liturgica. Per questo vorrei suggerire che si possono anche ridurre il numero delle messe, sia in settimana che la domenica; anzi, in questo senso, sarebbe preferibile, possibilmente, che nelle parrocchie ci sia “una” Messa e che si dia più spazio e più tempo a una catechesi liturgica in cui si spieghi il significato della Messa, delle sue varie parti ma soprattutto di questa valenza universale del Mistero che in essa celebriamo, della morte e risurrezione del Signore.
Oserei anche suggerire che durante la settimana si dia spazio alla catechesi liturgica in preparazione della Messa che viene celebrata, poi, la domenica.
Insieme a questo itinerario liturgico mi sento di dover suggerire un itinerario per conoscere che cosa succede nel mondo: per celebrare l’Eucaristia sul mondo conoscere cosa succede nel mondo, non con una semplice conoscenza astratta, ma con una conoscenza, quella biblica, che è compartecipazione, condivisione, coinvolgimento, crescita del senso di responsabilità verso gli altri, verso la società, verso tutto quello che succede. E qui farei una distinzione, forse più utile che necessaria: conoscere quello che avviene in quel pezzo di mondo che è il territorio assegnato ad una parrocchia; e le cose che avvengono nel mondo, in tutto il mondo, in tutto il pianeta.
Riguardo alla conoscenza del territorio della parrocchia un primo passo penso sia quello di conoscere le gioie, le speranze, le sofferenze, le ansie che ci sono nel territorio, pensando e indicando le sofferenze senza trascurare le gioie; cercare di conoscere, sentirsi partecipi delle sofferenze dei malati, degli anziani, specialmente le persone sole o gli emarginati, le sofferenze dei giovani che non trovano nella famiglia e, in particolare, nella scuola qualcosa che risponda di più alla loro vitalità giovanile; e poi, soprattutto, dei giovani che non trovano lavoro, un lavoro decente, onesto, proporzionato alle loro capacità, al bene che possono compiere nella società. La sofferenza che rimane spesso nascosta è quella di chi, in situazioni di povertà, deve ricorrere all’usura, forse molto più sviluppata di quanto si pensi (di natura sua è un fenomeno sempre occulto). Conoscere, quanto è possibile, personalmente quanti nel territorio soffrono di più e cercare di capire le cause; accostarli, quanto è possibile, personalmente per aiutarli e confortarli, ma anche per imparare da loro che cosa è la vita e cosa è la società: è la cattedra dei piccoli e dei poveri che è estremamente importante per la realizzazione della vera caritas cristiana e anche ovviamente della Caritas come associazione, organizzazione. Sempre rimanendo sul territorio, cercare di conoscere tutte le gioie, le soddisfazioni per poter condividere e, come S. Paolo, piangere con chi piange e gioire con chi gioisce.
La seconda parte di questo itinerario di conoscenza del mondo in preparazione della celebrazione della Messa riguarda le cose che succedono, gli eventi più importanti. Va premesso che l’informazione di quel che succede ci arriva attraverso i mezzi di informazione di massa e bisogna fare molta attenzione a due cose: primo, i media sono sempre strumentalizzati da parte di chi ne è proprietario e li gestisce e quindi rappresentano della realtà quello che fa comodo a chi li presente; e poi che, comunque vedere le cose attraverso la televisione non significa vedere la realtà, ma vedere delle immagini, selezionate della realtà, che sono due cose diversissime. Se abbiamo sperimentato qualche volta di assistere a delle violenze inflitte a delle persone, vedendo a un metro di distanza da noi (ricordo, per esempio, un uomo massacrato a calci in testa da un gruppo di persone accanto a dove ero parcheggiato con la macchina, tanto che non potevo nemmeno uscire per andare a prendere qualcuno che arrivava alla stazione), credo ci coinvolga in un’esperienza profonda cento volte più di tutto quello che uno può vedere attraverso la televisione.
Il suggerimento che, in preparazione della Messa domenicale, si faccia un itinerario, anche proprio nella parrocchia, da parte di chi ci sta, cominciando con le persone che sono più disponibili per capire cosa sta succedendo nel mondo, di brutto, triste, ma anche di bello. Quel che è successo ad Haiti dovrebbe essere conosciuto e partecipato ulteriormente: è una cosa che potrebbe segnare in profondità la nostra coscienza in modo tale da tenerla presente nel momento principale della nostra vita che è la celebrazione eucaristica.
L’attacco che adesso si sta svolgendo in Afghanistan per cercare di ridurre in qualche modo la violenza dei talebani; ma oltre a questa ci sono innumerevoli situazioni di povertà, di sfruttamento, di violenza che dovremmo cercare di tener presente aiutandoci a questo sempre in preparazione del celebrare l’Eucaristia con più consapevolezza.
Come concretamente questo si può realizzare? Non può essere un’iniziativa solo del parroco, ma è necessario che sia un gruppo di persone, insieme al parroco, che cerchi di fare questo itinerario di apertura al mondo; si potrebbe parlare di Lectio Mundi, fatta con lo spirito della Lectio Divina. Un gruppo di persone che si aiutano a vicenda per prendere coscienza di quello che succede nel mondo e comunicarlo poi agli altri secondo le strade che via via potranno presentarsi possibili. Per questo penso possa essere opportuno ricorrere a persone che aiutino questo gruppo a conoscere quello che succede nel mondo; o perché sono persone che si trovano in situazioni particolari, penso a tanti immigrati extracomunitari che sanno da dove vengono, come vivono e come sono accolti qui, e penso a persone che studino queste situazioni, che abbiano delle competenze acquisite attraverso l’informazione e lo studio serio, e poi forse queste persone possono indicare delle fonti anche scritte da leggere per un’informazione seria; penso (non me ne intendo) anche a quello che si può trovare via internet. Questo gruppo parrocchiale penso che dovrebbe coinvolgere anche qualcuno che fa parte di un’altra parrocchia o che non fa parte di nessuna parrocchia, o al limite anche persone che non condividono la stessa fede cristiana ma che capiscono il significato di questo itinerario.
D’altra parte quello che vorrei suggerire riguarderebbe come, di fatto, nella celebrazione eucaristica portare il frutto di questo itinerario di apertura, coscientizzazione verso quello che succede nel mondo. Una delle prime cose che sono a disposizione e che spesso vengono anche realizzate è quello delle “intenzioni di preghiera”; questo è già proposto dalla liturgia. Forse c’è qualche altra cosa da ricercare proponendo anche nella celebrazione eucaristica la necessità di questa apertura al mondo, nel senso del territorio e nel senso di tutta l’umanità; e eventualmente pensare ad altri momenti di informazione, di lettura di fede di quello che succede nel mondo sempre finalizzati al momento fondamentale della celebrazione eucaristica della domenica.
Questi suggerimenti che ho cercato di comunicare nascono anche dall’esperienza sofferta, abbastanza diffusa, di trovarci a vivere in una società, quella italiana, che mi pare di poter delineare come una società “sedotta e sedata” nella coscienza politica nazionale. Essendo il 150° anniversario dell’indipendenza dell’unità dell’Italia, una coscienza politica nazionale è ancora inedita, come avrebbe detto P. Mario Castelli, e di tutto questo c’è anche una responsabilità di chi, pur avendo ricevuto la Buona Notizia del Vangelo, forse non è riuscito a viverla e trasmetterla come sarebbe stato necessario.
P. Pio Parisi, nato a Roma nel 1926, gesuita, vive dal 1967 con studenti universitari fuori sede nel popolare quartiere romano di Pietralata. Dal 1958 al 1965 è stato cappellano dell’università “La Sapienza” di Roma e dal 1976 al 1999 è stato assistente spirituale delle ACLI. Nel corso degli anni ha sviluppato un’interessante riflessione su Dio e la politica.