Un'impresa Usa si è comprata 400mila ettari a Juba, capitale del Sud Sudan, mentre dai paesi del Golfo arrivano a Khartoum proposte di partnership agricola strategica. La molla è l'aumento dei prezzi dei prodotti agricoli. E anche il possibile mutamento degli equilibri politici, che mette a rischio il business del petrolio.
E se in Sudan la terra diventasse più redditizia del petrolio? Potrebbe suonare paradossale,in quello che era uno dei più poveri paesi africani e che oggi - dopo dieci anni di boom economico, trainato dalle esportazioni di petrolio - sta rifacendo il volto alla capitale e attirando investimenti dal mondo intero, prima di tutto dalla Cina.Stiamo parlando di una nazione che ha un tasso di crescita del prodotto interno lordo tra l’8 e il 10% annuo.
Eppure,alcuni fatti recenti autorizzano un’ipotesi suggestiva:i grandi investitori stranieri stanno puntando sull’agricoltura. In gennaio,un’azienda americana, Jarch Management,ha acquistato il 70% di una azienda di Juba,Leac for Agricolture and Investiment Company. Jarch Management è un gruppo,registrato nelle isole Vergini e con base a Hong Kong,emanazione della società Jarch capital,ai cui vertici si trovano un ex ambasciatore americano in molti paesi africani(Joseph C. Wilson IV,in veste di vicedirettore)e alcuni ex funzionari del Dipartimento di stato e della Cia.
La Leac è controllata da Gabriel Matip, il primogenito di Paulino Matip, comandante nuer dell'Spla (Esercito di liberazione del popolo del Sudan), che durante la guerra civile tra Nord e Sud (durata dal 1983 al 2005) ha ripetutamente cambiato schieramento, ottenendo ogni volta vantaggi. Matip nel novembre 2007 era entrato a far parte dei consiglieri della Jarch.Con questa mossa la Jarch ha ottenuto di poter sfruttare in Sud Sudan 400mila ettari per produrre cereali, piante oleose, frutta, verdura e fiori. Un terreno enorme: più grande di tutta la provincia di Firenze, per fare un paragone italiano. Il quotidiano inglese FinanciaI Times il 9 gennaio ha scritto che si tratta del più vasto terreno venduto tra privati nella storia dell'Africa indipendente; l'accordo è un esempio di come l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari spinga gli investitori a comprare terreno coltivabile in Africa. Nel febbraio 2003 - due anni prima della pace tra governo di Khartoum e Spla//Splm che avrebbe posto fine alla guerra civile - la Jarch aveva firmato un importante accordo con l'Splm per l'esplorazione petrolifera nel blocco B. Dunque, oggi l'azienda ritiene più remunerativo investire in prodotti agricoli che non in petrolio. Essa ha seguito l'esempio della White Nile, un'azienda inglese che in dicembre ha annunciato di abbandonare il settore petrolifero in Sud Sudan per dedicarsi a quello agricolo. La White Nile nel 2005 aveva ottenuto concessioni per cercare petrolio in Sud Sudan, Kenya e Etiopia. Di fatto, era una joint-venture con esponenti dell'Splm che avevano forti agganci con il governo del Sud Sudan. Quest'anno ha cambiato nome e si chiama Agriterra; inoltre, ha allontanato dal consiglio di amministrazione Edward Lino e Lual Deng, membri dell'Splm e vicini all'azienda petrolifera di stato del Sud Sudan, Nile-Pet.
Questa nuova corsa alla terra non ha a che vedere solo con motivazioni economiche congiunturali, quali il calo del prezzo del petrolio e l'aumento di quello dei prodotti agricoli: riguarda anche il processo politico in corso in Sudan Entro la fine di quest'anno dovrebbero svolgersi le elezioni, le prime libere in tutto il Sudan dal 1983. L'attuale governo di unità nazionale è composto dai due ex nemici, che si sono combattuti per vent'anni: il National Congress (Nc) , del presidente Ornar EI-Bashir, e il Movimento di liberazione del popolo del Sudan (Splm), del primo vicepresidente Salva Kiir, che è anche presidente del Sud Sudano Nc e Splm, con l'accordo globale di pace del gennaio 2005, si sono spartiti non solo il potere politico, ma anche le risorse economiche, in particolare le rendite petrolifere. Le elezioni di quest'anno però potrebbero cambiare gli equilibri, politici ed economici, a Khartoum.Inoltre, per il 2011 è previsto un referendum per decidere se il Sud rimarrà nel Sudan, seppure con una grande autonomia, o se diventerà uno stato indipendente. La decisione ha una valenza economica non indifferente, visto che la maggior parte dei pozzi petroliferi si trovano nel Sud e, non pochi, in territori contesi. Le principali raffinerie e lo sbocco delle esportazioni (a Port Sudan) si trovano invece nel Nord. Un'eventuale indipendenza del Sud Sudan potrebbe complicare la gestione del business petrolifero. Anche per questi motivi il settore agricolo attrae sempre più investimenti. Nel Sud come nel Nord: la scorsa estate un gruppo d'investimento con sede a Dubai ha firmato con il governo di Khartoum un accordo del valore di 300 milioni di dollari per costruire una raffineria per trattare 100mila tonnellate di zucchero l'anno e produrre 20 milioni di litri di etanolo. Il Kuwait ha ufficialmente promesso di avviare nel settore agricolo «una partnership strategica» e di investire somme importanti, dopo che nell'agosto 2008 il governo sudanese - durante una conferenza a Londra - ha cercato di attrarre investimenti per oltre un miliardo di dollari da parte dei paesi arabi e medio-orientali. L'obiettivo di Khartoum è potenziare 17 grandi progetti agricoli, tutti nel Nord Sudan, per aumentare le esportazioni di cereali, frutta e verdura. La superficie complessiva coinvolta sarebbe di 880mila ettari. Anche la Giordania ha promesso d'investire nell'agricoltura sudanese. La Fao stima che in Sudan - il più vasto paese africano, otto volte l’Italia - il terreno coltivabile sia pari a circa 100 milioni di ettari. Solo meno del 7% del terreno arabile è però lavorato, anche se l'agricoltura occupa quasi 1'80% della forza lavoro e contribuisce alla creazione di oltre un terzo del prodotto interno lordo. I margini di incremento del settore agricolo sono, in ogni caso, enormi. In particolar modo nel Sud: anche se è più piccola del Nord Sudan, la regione ha in proporzione molta più terra da coltivare (circa il 70% del territorio).
Il parlamento del Sud Sudan il 26 gennaio 2009 ha approvato la legge che regolamenta l'utilizzo della terra e il ministro dell'agricoltura del Sud Sudan, nell'ottobre scorso, ha deciso d'investire nella settore agricolo circa un miliardo e mezzo di dollari per iniziare un massiccio programma di aiuto alle esportazioni. Se il Nord, dunque, punta a essere un mercato di frutta e verdura per i paesi arabi, il Sud potrebbe sviluppare il potenziale finora non sfruttato. Rimane un dubbio: se la priorità sarà l'agricoltura destinata all'esportazione, come potranno migliorare le condizioni di vita di mi-lioni di sudanesi ancora costretti a lottare contro la fame?
di Diego Marani
Nigrizia