Mi vergogno di appartenere o un paese il cui governo ha varato un pacchetto-sicurezza dove clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non sia un crimine migrare, ma che, invece, criminale è un sistema economico-finanziario mondiale (l’11% della popolazione mondiale consuma l’88% delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per sopravvivere. L’Onu prevede che entro il 2050 avremo, a causa dei cambiamenti climatici, un miliardo di rifugiati climatici”. I ricchi inquinano, i poveri pagano. Dove andranno? Stiamo criminalizzando i poveri?
Mi vergogna di appartenere a un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare, ma che poi li rifiuta li emargina, li umilia con un linguaggio leghista da far inorridire.
Mi vergogna di appartenere a un paese che dà la caccia ai rom, come fossero lo feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all’Olocausto (ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano rom). Abbiamo fatto dei rom il nuovo capro espiatorio.
Mi vergogno di appartenere a un popolo che non si ricorda che è stato fino a Ieri un popolo di migranti (“Quando gli albanesi eravamo noi”): si tratta di oltre 60 milioni di Italiani che vivono oggi all’estero. I nostri migranti sono stati trattati male un po’ ovunque e hanno dovuto lottare per i loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a noi? Cos’è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere? Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi? Come possiamo accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per arrivare nel nostro “paradiso”? E’ la nuova tratta degli schiavi, che lascia uno lunga scia di cadaveri dal cuore dell’Africa all’Europa.
Mi vergogno di appartenere o un paese che si dice cristiano, ma che di cristiano ha ben poco. I cristiani sono i seguaci di Gesù di Nazareth, povero, crocifisso “fuori dalle mura”, che si è identificato con gli affamati, i carcerati, gli stranieri, «Quello che avrete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli la avrete fatto a me».
Come possiamo dirci cristiani, mentre dalla nostra bocca escono parole di odio e disprezzo verso gli immigrati e i rom? Come possiamo gloriarci di fare le adozioni a distanza, mentre ci rifiutiamo di fare le “adozioni da vicino”? Come è possibile avere comunità cristiane che non si ribellano contro queste tendenze razziste e xenofobe? E quand’è che i pastori prenderanno posizioni forti contro tutto questo, proprio perché tendenze necrofile?
Come missionario - da uno vita impegnato a fianco degli impoveriti della terra, oggi a Napoli - sento che devo schierarmi dalla parte degli emarginati, degli immigrati, dei rom contro ogni tendenza razzista della società e del nostro governo.
Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili del disastri di domani.
Vorrei ricordare, parafrasandole, le parole del pastore Martin Niemoeller della chiesa confessante sotto il regime di Hitler: «Quando le SS sono venute ad arrestare i sindacalisti, non ho protestato perché non ero un sindacalista. Quando sono venute ad arrestare i rom, non ho protestato perché non ero un rom. Quando sono venute ad arrestare gli ebrei, non ho protestato perché non ero un ebreo. Quando, alla fine, sono venute ad arrestare me, non c’era più nessuno a protestare». Non possiamo stare zitti: dobbiamo parlare, gridare, urlare. E’ in ballo il futuro del paese, dell’umanità. Anzi, della vita stessa.
Diamoci da fare perché vinca la vita!