di Fabrice Rizzoli* - “Liberation”, 4 agosto 2008
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Il 13 maggio (2008 – n.d.t.) un’ondata di violenza si è improvvisamente abbattuta sui rom che vivono nel quartiere Ponticelli di Napoli. I loro campi, i cui occupanti erano stati precedentemente allontanati dalla polizia, sono stati saccheggiati e incendiati dagli abitanti del quartiere. La popolazione di Ponticelli ha “giustificato” la rappresaglia con il tentato rapimento di una bimba di sei mesi compiuto due giorni prima da una sedicenne rumena fuggita da una casa di accoglienza per minorenni. Da rumeno a rom il passo è breve, ci sono solamente due sillabe.
In Italia, come dappertutto in Europa, i rom vivono in condizioni spaventose: i campi di fortuna installati in discariche abusive o sotto i ponti sono isole di miseria nel cortile dell’occidente. Qui come ovunque i rom vivono – o piuttosto sopravvivono - di accattonaggio e della vendita di metalli di recupero. I rom sono stanziali da ormai lungo tempo e tuttavia continuano a soffrire dei pregiudizi multisecolari che gravano sui popoli nomadi, i gitani, gli zigani, i manouche. Durante la seconda guerra mondiale i “ladri di polli e di bambini” si sono ritrovati accanto agli ebrei, sterminati nei campi nazisti.
Nel quartiere napoletano di Ponticelli oltre 1500 rom vivono all’interno di “microcampi” costituiti ciascuno da una dozzina di baracche installate su discariche illegali o sotto i ponti. Il quartiere non è immune dalle influenze della mafia. Esso è controllato dal clan Sarno. Ciro Sarno, il capo del clan, è in prigione, ma i suoi luogotenenti continuano a obbedirgli. La mafia ha autorizzato i rom a vivere sui suoi territori dietro pagamento del pizzo, un’imposta di 50 euro al mese. Il clan consente in questo modo ai rom di chiedere l’elemosina e di gestire le discariche illegali. Ogni giorno essi visitano i garage, le officine e le aziende della zona per fare incetta di batterie e di altri materiali inquinanti; le imprese pagano dai 5 ai 15 euro per sbarazzarsi di tali materiali. Il clan autorizza altresì i rom a rubare negli appartamenti. In compenso è stato loro interdetto il centro di Ponticelli, là dove gli uomini della camorra vendono droga. Cos’ha spinto gli abitanti di Ponticelli a prendersela con i rom? Dietro la popolazione c’è ancora una volta la mafia: fra le persone fermate dalla polizia in occasione delle manifestazioni e dei disordini comparivano le donne di mafiosi e alcuni complici della camorra dalla fedina penale pulita. È sufficiente che si presenti una buona occasione (il tentativo di rapimento, i cui contorni rimangono peraltro da chiarire) perché la mafia passi all’azione. Un’azione assai proficua sotto diversi punti di vista. Innanzitutto la mafia mette in ridicolo lo stato italiano, che si rivela incapace di proporre soluzioni concrete al problema dell’immigrazione rumena. Agli occhi della popolazione, inoltre, il clan – correndo in aiuto di una bimba rapita e liberando il quartiere dai “ladri di galline” – si pone come garante della giustizia. La mafia ha ulteriormente aumentato il proprio capitale di consenso sociale a Napoli. Ma queste espulsioni in chiave mafiosa potrebbero nascondere un’operazione di speculazione immobiliare. Le terre bruciate durante i disordini del 13 maggio fanno parte di un piano di urbanizzazione. Da meno di un mese sono state indette gare d’appalto per la costruzione di residenze, appartamenti, scuole e ospedali. Un finanziamento di 7 milioni di euro è già disponibile. Ma, se i lavori non dovessero iniziare prima di agosto, alcune persone perderebbero denaro. Chi?
* Fabrice Rizzoli è consulente di criminologia presso il “Centro francese di ricerche sull’informazione”.