Mondo Oggi

Martedì, 06 Febbraio 2007 16:14

DA “PERSONA INDESIDERATA” A GRADITO OSPITE

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DA “PERSONA INDESIDERATA” A GRADITO OSPITE
“Da Papa indesiderato  è diventato un Papa che ci mancherà”. Questa l’affermazione del noto giornalista televisivo turco Mithat Bereket, che racchiude in sé il sentimento più comune nella popolazione - sia essa musulmana o cristiana – dopo la visita di Benedetto XVI in Turchia. Ed è proprio così: la sua affabilità, la sua umiltà e i suoi gesti semplici ma benevoli, nei confronti delle autorità civili e religiose ma anche della gente comune, dei fedeli cristiani ma anche dei poliziotti, hanno saputo conquistarsi il cuore di tutti. E pensare che, anche tra i cristiani, non pochi erano quelli dimostratisi diffidenti verso questo Pontefice freddo, distaccato, poco amante della Turchia e dei turchi. Nelle case e per strada era comune sentir dire: “L’altro Papa sì che era buono e sorridente, magari fosse venuto tra noi Giovanni Paolo II….Questo non lo vogliamo!” Secondo un sondaggio, del resto, solo il 10% dei turchi ne approvava la visita, il 38% era decisamente contrario, un altrettanto 38% si dimostrava indifferente e il 14% preferì non esprimersi.

Poi ci si erano messi anche i mass media e certe frange estremiste a gonfiare, a criticare, a dare un’immagine distorta e falsata di questo personaggio scomodo e invadente. Sui giornali era uno stillicidio continuo nello sminuire e calunniare questo leader del mondo cristiano, per il discorso pronunciato in settembre a Ratisbona e per aver emesso, ancora da cardinale, un giudizio “pesante” nei confronti di una Turchia che chiedeva di entrare in Europa.

Così ha attanagliato molti la paura che potesse succedere qualcosa contro di lui, che non venisse accettato né tanto meno “perdonato”, che dicesse e facesse cose che avrebbero scatenato un nuovo putiferio.

Tutti si erano già preparati al peggio e diversi cristiani hanno persino rinunciato ad andare a incontrarlo per il timore della propria e altrui incolumità. Ora sono amaramente pentiti. Tutto è andato molto meglio  delle aspettative e sono dispiaciuti di non aver potuto vedere dal vivo quest’uomo così riservato ma attento a ciascuno, sorridente e pacato; di non poter stringergli la mano e ringraziarlo per il coraggio di essersi recato nella loro terra, nonostante tante minacce e proteste.

“La libertà dei suoi gesti ha insegnato anche a non aver paura di vivere pienamente la nostra libertà”, commenta invece chi non si è lasciato intimorire e ha partecipato alla calorosa celebrazione eucaristica ad Efeso, presso la casa della Madonna, sentendosi in un clima molto familiare e sereno. Contento di aver visto quel personaggio così illustre – sempre solennemente bardato e contornato da noti personaggi ecclesiali in un’irraggiungibile Roma, celebrare con tanta semplicità, per quello sparuto gregge di cristiani radunati intorno a lui come ad un affabile parroco.

Così i cristiani – cattolici e ortodossi – si sono sentiti amati, valorizzati, rafforzati. Era proprio quello che si aspettavano e hanno capito subito la sua vicinanza dal momento in cui ha cominciato la celebrazione con il segno di croce e la benedizione pronunciata in turco. Ora ognuno è tornato alla propria quotidianità, alle proprie fatiche e preoccupazioni, ma con una grinta in più.

“Volevamo dimostrare al Santo Padre il nostro affetto e chiedevamo a lui che ce lo ricambiasse in qualche modo, che ci facesse capire che ci è vicino, che siamo nel suo cuore- commenta la giovane Rakel, con uno sguardo luminoso e un sorriso che sprizza gioia -. E ora di questo ne siamo certi. La sera del 29 novembre, quando si è affacciato alla finestra della Nunziatura, dove ci eravamo recati a sorpresa per fargli festa, abbiamo sentito il calore del suo abbraccio, del suo augurarci la buonanotte, nel dirci che sa delle nostre fatiche, ma che lui sarà con noi oggi più di prima. A molti sono venute le lacrime agli occhi. Ora abbiamo una nuova speranza per affrontare il nostro futuro”.

Anche il ritrovarsi tutti insieme – stretti più che mai – nella cattedrale di Istanbul, alternando canti in aramaico, arabo, turco, inglese e latino, ha creato una comunione che già è dono dei ponti che il Pontefice ha voluto gettare durante questa sua visita in Turchia.

Ha sorpreso tutti questa “nuova versione” di Ratzinger. Anche l’incontro con i diversi leader musulmani ha dato una nuova immagine del capo religioso  dei cattolici. Più amabile e amichevole. Ha colpito il suo far propria la frase di Ataturk, posando ad Ankara la corona di fiori sulla tomba del Padre dei turchi: “Pace in patria, pace nel mondo”; ha stupito il suo sventolare con gioia una grande bandiera turca; ha lasciato senza parole la sua preghiera silenziosa fatta alla Moschea blu, congiungendo le mani proprio come fanno i musulmani.

“Oggi va di moda fomentare lo scontro – osserva Antuan, novizio gesuita turco che con gioia ha seguito il Papa passo dopo passo in questa sua visita -. Benedetto XVI ci ha dato un prezioso esempio per comprendere come camminare sulla strada del dialogo. Molti sono ancora i passi che devono essere fatti per arrivare a una piena libertà religiosa in Turchia; sono frutti a lungo termine, ma sono sicuro che non tarderanno a maturare dopo questa visita. Il Papa – conclude – ci fa fatti incontrare e conoscere meglio, nel segno della pace e del rispetto: i cattolici con gli ortodossi e gli armeni; i cristiani con i musulmani, i turchi con gli europei. Ora penso che gli uni abbiano uno sguardo diverso nei confronti degli altri. Questo, per ora, è il frutto più bello”.

di Mavi Zambak
Mondo e Missione/Gennaio 2007

Letto 1971 volte Ultima modifica il Lunedì, 09 Aprile 2007 11:29
Fabrizio Foti

Architetto
Area Mondo Oggi - Rubrica Ecclesiale

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