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Sabato, 19 Giugno 2004 13:01

5. Pasqua del Vangelo o Vangelo della Pasqua (Ildebrando Scicolone)

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Nel precedente numero abbiamo detto che "Pasqua" è un termine con quattro significati; abbiamo visto i primi due (P. storica e P. rituale, ebraiche) e stavamo vedendo il terzo: la P. storica di Cristo.

Gesù è passato attraverso la passione e la morte, per giungere alla risurrezione. Passando dall'ebraico al greco (la lingua dei vangeli) il termine pesah (=passaggio) diventa pascha (da pasco= patire); Gesù è "passato" per la passione. In che modo la morte-risurrezione di Gesù ha "compiuto" la pasqua ebraica, siamo passati dal simbolo alla realtà?

L'annuncio dei primi discepoli di Gesù: "E’ risorto, e noi ne siamo i testimoni" sintetizzato in quei libretti che si chiamano "vangelo". Molti cristiani sanno che questa parola significa "buon messaggio". Ma se domandi loro: qual è questo messaggio, non te lo sanno dire. La "buona novella" è quella che l'angelo (da cui "ev-angelo) diede alle donne, la mattina di Pasqua: "è risorto, non è qui". Provate a pensare che tipo di notizia è quella di un morto (sepolto, con i sigilli al sepolcro e questo custodito da guardie!) che è risuscitato. E' la notizia più strabiliante della storia, che non può essere vista come un semplice fatto di cronaca, ma una notizia che riguarda tutti coloro che muoiono, e che adesso possono dire: "se un uomo è risuscitato, tutti possiamo risorgere". Questa notizia apre prospettive nuove, rivoluziona il senso del nostro vivere. Altro è vivere sapendo di finire, altro è vivere con la prospettiva di una vita da risorti.

I cristiani di oriente si sono fermati a pensare che cosa è successo, quando Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo e morto da uomo, è arrivato nel "regno dei morti", e hanno raffigurato, nell'icona dell'anastasis (=stare su, risorgere) la conclusione di questa "discesa agli inferi". Arrivato giù, Gesù fece un po' come aveva fatto Mosè quando scese in Egitto per liberare il suo popolo. Prima parlò ai suoi fratelli, invitandoli e incitandoli ad uscire. Gesù trovò tutti quelli che "sedevano nelle tenebre e nell'ombra della morte" da Adamo ed Eva in poi, e li trasse fuori. L'icona dell'anastasis presenta Cristo, che, abbattute le "porte" della morte, esce fuori dal sepolcro, tenendo in una mano la croce, ormai segno di vittoria, e trascinando fuori con l'altra mano, Adamo ed Eva e poi tutti gli altri. Egli "morendo ha distrutto la nostra morte, e risorgendo ha ridato a noi la vita".

La mattina del sabato santo, la Chiesa mette in bocca a Cristo questa sfida: "O morte, io sarò la tua morte, il tuo morso io sarò, o inferno". E il 14 settembre, festa della "esaltazione della croce", cantiamo: "O meraviglia di amore: la morte è stata vinta, quando la vita è morta sulla croce" (per chi lo capisce, è più bello in latino: "O magnum pietatis opus: mors mortua tunc est, quando in ligno mortua vita fuit!).

Diciamo sempre "A tutto c'è rimedio fuorché alla morte". Ma non è un proverbio cristiano. Gesù non è venuto proprio a portare rimedio alla morte?

Ildebrando Scicolone

 

Letto 4574 volte Ultima modifica il Sabato, 07 Aprile 2012 20:14

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