Essere soli può però costituire un peso qualora non derivi da una scelta personale. Sul piano sociale, sono numerosi gli esempi di questa solitudine "subita", che sempre più frequentemente si verifica anche all’interno della famiglia.
Nella società attuale i bambini trascorrono spesso troppo tempo da soli, privi della compagnia di fratellini e coetanei, aspettando il rientro di genitori che, oberati dal troppo lavoro, a volte non trovano neppure il tempo di parlare, di giocare con i propri figli. Nel contempo gli anziani, pur vivendo in famiglia, possono avvertire l’isolamento che deriva dal mancato riconoscimento della loro funzione sociale, o da un bisogno di comunicazione che non sempre trova soddisfazione negli altri membri della famiglia, producendo emarginazione e frustrazione.
Ovviamente, sono i soggetti più deboli sul piano socio-economico ad avvertire in maniera più incisiva il problema della solitudine.
Se dunque è vero che questa tipologia di solitudine va indagata perché ad essa si trovino delle risposte adeguate, è pur vero che esistono altri modi di vivere la solitudine. L’isolamento può essere infatti vissuto in maniera creativa, allorché è frutto di una scelta che l’individuo persegue per ricavarsi uno spazio di riflessione in cui ritrovare la propria soggettività al di fuori del caos quotidiano. In questa accezione, la solitudine costituisce un momento positivo, un fattore benefico di arricchimento che ci porta a riappropriarci di una dimensione di tranquillità interiore che nel mondo di oggi siamo indotti a trascurare con sempre maggiore facilità.
Prof. Maurizio Andolfi