PRIMA PARTE
APRIRSI ALL’ACCOGLIENZA
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Imparare le parole dell’accoglienza
L’ACCOGLIENZA NELLA CARITÀ
La parabola del buon samaritano
Ascoltando la parabola del buon samaritano (Luca 10,25-37) ho chiesto a Gesù: “Fa che ti ascolti bene, che colga bene quello che mi vuoi dire”.
Cercherò quindi di estrarre dal testo una serie di parole che mi hanno toccato, hanno suscitato in me una riflessione e che v’invito a trattenere nel cuore anche quando quest’incontro sarà finito.
GESÙ RISPOSE: "UN UOMO...”
L’uomo vittima dei briganti è descritto da Luca con questa semplice parola: “un uomo”, di lui non sappiamo nulla, e ancora meno sanno di lui coloro che gli passano accanto, i briganti 1’hanno spogliato e percosso e non è più possibile capire se si tratta di un uomo ricco o povero, sano o malato. Gesù ci chiede di interessarci all’altro così com’è, senza pretendere di conoscere la sua storia.
Dio, nel racconto di Genesi, quando crea l’uomo dice che ciò che ha creato è “cosa molto buona”. Nonostante il peccato l’uomo resta buono, qualunque cosa abbia fatto, tocca a noi tirare fuori da quest’uomo quello che c’è di buono; su questo punto, sia come società sia come cristiani, siamo molto deboli.
"NE EBBE COMPASSIONE"
Il samaritano ha compassione di quell’uomo e per aiutarlo si ferma, scende dalla sua cavalcatura, rinuncia alle sue sicurezze anche se corre a sua volta il pericolo di essere assalito dai briganti. Egli è riuscito a vedere in quell’uomo quello che gli altri passanti non sono riusciti o non hanno voluto vedere.
Noi confondiamo sovente compassione con emozione, ci sono molti fatti che i mass media ci propongono che suscitano in noi emozione. Ma se il nostro cuore è chiuso alla compassione continueremo a guardare l’altro con occhi di uomo e non con gli occhi di Dio, vedremo nell’uomo a terra solo le ferite, le vesti lacere, il pericolo e non “l’altro”.
“GLI SI ACCOSTÒ”
Proviamoci a mettere nei panni del samaritano: ne ha del coraggio! Quante volte noi abbiamo paura ad avvicinarci all’altro; provate a girare nella zona di Porta Palazzo1 e poi ditemi se non avete paura! Ci vuole tanta preghiera per superare la paura di avvicinare “l’uomo” perché il Signore ci chiede, come al dottore della legge, “Va e anche tu fa lo stesso”.
"VERSÒ OLIO”
Non solo il samaritano si avvicina ma lo tocca, lo cura, non ha paura di sporcarsi le mani, di rimboccarsi le maniche. L’accoglienza è partire dalle necessità e dalle esigenze della persona e non dare o fare solo quello che ci fa comodo, quando ci fa comodo.
“LO CARICÒ SULL’ASINO”
Non basta essere compassionevoli, ci è chiesto anche di condividere quello che abbiamo con l’altro; per il samaritano si tratta dell’asino, per noi si tratta di condividere il tempo, la salute, le ricchezze materiali e spirituali, ecc.
“FECE TUTTO IL POSSIBILE PER AIUTARLO”
Quando quello che facciamo non basta, allora siamo invitati a rivolgerci a coloro che lo possono meglio aiutare: nella parabola ciò è indicato dalla locanda e dall’albergatore, nel nostro caso dal parroco, dall’ospedale, dai centri di accoglienza, ecc. Ma non è ancora finito: “ciò che spenderai di più lo pagherò al mio ritorno”; non possiamo limitarci a scaricare ad altri le situazioni difficili, ci è chiesto di continuare ad amare, a pensare, ad interessarsi all’altro anche quando lo abbiamo affidato a mani più esperte delle nostre.
“AL MIO RITORNO”
Luca non ci dice cosa avverrà in questa circostanza, non ci dice se il samaritano sarà ringraziato da quell’uomo oppure no; questo è l’insegnamento di Gesù: non aspettiamoci nessun grazie per il bene che facciamo perché sappiamo che lo facciamo per Lui!
Guido Morganti, SERMIG
Domande per la Revisione di Vita
· Cosa mi frena nel donarmi? Cosa ho paura di perdere?
- Ho bisogno della gratitudine altrui per essere soddisfatto del mio operare? Quando e perché?
Brani per la Lectio Divina
· Matteo 25, 31-46 (Il giudizio finale).
1 Quartiere di Torino con una forte presenza di immigrati extra comunitari