Ecumene

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

I disturbi psichici sono delle affezioni che colpiscono la sfera affettiva, cognitiva, comportamentale e relazionale di una persona in modo sufficientemente forte da rendere problematica la sua integrazione sociolavorativa causandole anche grave sofferenza personale.

Il disturbo psichico non gode di molta accoglienza e comprensione nella cultura odierna. Prevalgono pregiudizi nei confronti di quanti manifestano la fragilità psichica, quali: «È un tipo un po' strano»; «È pazzo», o nei confronti dei familiari: «Se è così, sarà colpa loro»: «E una persona bizzarra come sua madre». Di conseguenza queste persone sono evitate, perché considerate potenzialmente pericolose, o emarginate, perché ritenute incapaci di una convivenza umana.
Lo stigma, la paura e l'ignoranza hanno di fatto portato ad isolare quanti manifestano forme di disagio mentale. Il disturbo della mente si può manifestare in forme lievi, quali la difficoltà a gestire la frustrazione, disturbi d'ansia, fobie e depressioni passeggere, o in forme gravi, quali un rapporto molto alterato con la realtà (es. disturbi maniaco-depressivi, schizofrenia, allucinazioni) o forti conflittualità interne (es. ossessioni, isteria, disturbi nevrotici, deviazioni sessuali).

Interventi per alleviare la sofferenza psichica

La malattia psichica è legata all'intensità, durata e frequenza di reazioni che investono la sfera cognitiva (percezione distorta delle cose e della realtà), la sfera affettiva (conflittualità e deterioramento delle relazioni, spesso con le persone più care), la sfera comportamentale (atteggiamenti ossessivi, maniacali, mutismo o isolamento).
È difficile stabilire con accuratezza le variabili che contribuiscono al disagio psichico. Per alcuni, predomina l'influsso della mappa genetica o fattori ereditari da cui si può rintracciare la presenza di disturbi che hanno colpito genitori, nonni, zii, bisnonni e così via.
Per altri, l'insorgere di un disturbo mentale è più legato di fattori esterni, quali la perdita di una persona significativa, l'abuso sessuale, i rapporti conflittuali con figure in autorità, il fallimento scolastico, lavorativo o matrimoniale, la difficoltà a instaurare rapporti, il vivere in ambienti contrassegnati dalla violenza o dall'inquinamento acustico.
Per altri ancora, incidono maggiormente fattori personali legati a personalità spigolose, difficoltà a gestire lo stress, paure paralizzanti, atteggiamenti autolesivi, forte cedimento dell'autostima o della dignità personale.
A seconda dell'entità e gravità del disturbo, chi soffre il disagio psichico può essere aiutato attraverso la somministrazione di farmaci, la psicoterapia individuale o di gruppo, il ricovero in strutture residenziali o in reparti di psichiatria.
Il volontario è entrato in punta di piedi nei reparti psichiatrici, guardato a vista dal personale.
Ma si è guadagnato presto la stima e il riconoscimento di psichiatri, psicologi, infermieri e assistenti sociali per l'effetto benefico che la sua presenza ha prodotto negli ospiti del reparto.

Volontari in psichiatria: requisiti e contributi

Il volontario che sceglie di esercitare il suo servizio nelle unità psichiatriche deve possedere una sensibilità particolare verso questo tipo di sofferenza, un atteggiamento rilassato e creativo per porsi in sintonia con gli interlocutori, la capacità di adattarsi al mondo delle diverse persone e situazioni, la disponibilità a gestire con umorismo e saggezza eventuali provocazioni o rifiuti apparenti, lo spirito di collaborazione per operare in unità di intenti con gli operatori del reparto.
Il contributo della sua presenza abbraccia vari orizzonti: l'ambito comunicativo (interagisce con gli ospiti, aiuta a ridimensionare il loro isolamento, ascolta i loro pensieri e considerazioni, anche se strani, cercando delicatamente di interrompere circoli viziosi, soprattutto si sforza di prestare attenzione ai loro sentimenti): l'ambito fisico o sportivo (passeggia con loro, li motiva a prendersi cura della propria igiene, esplora i loro interessi sportivi, li fa parlare dei loro cibi o hobby preferiti); l'ambito ricreativo (li coinvolge in attività ricreative, quali il gioco delle carte, attività ludiche, visite a luoghi di interesse, piccoli progetti per lo sviluppo delle loro potenzialità creative); l'ambito spirituale (esplora valori o credenze, li accompagna a incontri liturgici.esplora le loro risorse spirituali, li sostiene nella preghiera).
Il volontario attraverso la sua presenza si sforza di dare un piccolo contributo alla guarigione interiore di chi soffre nella consapevolezza che, come diceva Seneca: «Il male che ci tormenta non è nel luogo in cui ci troviamo, ma è in noi stessi».

Arnaldo Pangrazzi

(tratto da Missione e Salute, n. 2, 2015, p. 64)

 

La seconda benedizione è chiamata in Berakhot, II b «benedizione per la Torah». Al ringraziamento a Dio per la creazione segue l'espressione della riconoscenza per il dono della Legge.
Nel rito sefardita la preghiera comincia con le parole: «Con amore eterno»; nel rito ashkenazita con: «Con amore grande». Tale divergenza di prassi risale ai tempi del Talmud, cfr. Berakhot, II a.

«Con amore eterno hai amato la Casa d'Israele, Tuo popolo; ci hai insegnato la Torah, i precetti, gli statuti e le costituzioni. Perciò, Signore Dio nostro, concedi che quando ci corichiamo e quando ci alziamo, meditiamo sui precetti della Tua volontà, e fa che ci rallegriamo e gioiamo in eterno nelle parole dell'insegnamento della Tua Torah, dei Tuoi statuti e precetti. Poiché essi sono la nostra vita e (ci danno) longevità; essi mediteremo giorno e notte.
Il Tuo amore non allontanare da noi in eterno. Benedetto Tu, Signore, che ama il Suo popolo Israele».

 

 

Venerdì, 08 Marzo 2024 08:23

IV domenica Quaresima. Anno B

IV domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  2Cr 36,14-16.19-23

Dal secondo libro delle Cronache

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 136

Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

Seconda Lettura Ef 2,4-10

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Canto al Vangelo (Gv 3,16)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Gv 3,14-21

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

OMELIA

Con buona pace dei profeti di sventura cristiani, sponsor funesti d’inferni impossibili e punizioni divine, Giovanni ricorda che Dio non è venuto né per condannare (v. 17), e tanto meno per giudicare (cfr. Gv 8, 15), ma solo per salvare, ossia a fare in modo che l’uomo giunga alla pienezza di sé. E se proprio vogliamo parlare di ‘giudizio’ di Dio, questo altro non è che la croce, «giudizio del giudizio» – come dice Massimo il Confessore – che prende su di sé il male del mondo per distruggerlo trasformandolo in vita.
La spazzatura dispersa nell’acqua la sporca, gettata nel fuoco ne aumenta il calore e la luce.
Dio giudica amando e ama perdonando.
Condanna salvando e si vendica perdonando.
Non toglie vita a chi lo rifiuta ma dà vita a chi gliela toglie.
Esiste un solo modo per ‘essere condannati’ – ossia per fallire la vita – non portarsi alla luce (v. 20), non sbocciare, non costruirsi in grado di vincere la morte e non credere all’amore (v. 18); non accettare di lasciarsi raggiungere da quella luce che è venuta nel mondo (v. 19) per splendere su tutti: sui cattivi e sui buoni, sui giusti e gli ingiusti (Mt, 5, 45) e spendere la vita senza illuminare qualcuno: unico modo per spegnerci anche noi.
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 02 Marzo 2024 10:23

III domenica Quaresima. Anno B

III domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Es 20, 1-17

Dal libro dell'Esodo

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.Non commetterai adulterio.Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 18

Signore, tu hai parole di vita eterna.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell'oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Seconda Lettura 1 Cor 1, 22-25

Dalla prima Lettera di san Paolo Apostolo ai Corinti

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Canto al Vangelo

Gloria e lode a te, o Cristo!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.

Gloria e lode a te, o Cristo!


Vangelo Gv 2, 13-25

Dal vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.

OMELIA

Gesù ha sgretolato quella ‘religione’ fondata sul commercio con una divinità, sul baratto del dare e avere, del sacrificarsi per ricevere qualcosa in cambio, perché sa che il Dio della vita non gradisce ‘sacrifici ed offerte’ (cfr. Sal 40, 7) ma se ne potrà fare esperienza ogniqualvolta si vivrà la misericordia: ‘Misericordia io voglio, non sacrifici’ (cfr. Mt 9, 13).
Gesù fa pulizia dei mercanti che ci abitano quando ci lasciamo ferire dai sensi di colpa perché vediamo trasgrediti gli impegni assunti verso noi stessi, quando ci prende la tristezza del dover corrispondere sempre alle attese della divinità e la frustrazione di non sentirsi mai adeguati e puliti dinanzi a un dio giudice severo.
Gesù è venuto a purificare il tempio del nostro cuore dai fantasmi del ‘migliorismo’, del dovere di sentirsi a posto, facendoci comprendere che Dio non vuole servi migliori ma solo figli amati.
A quel punto «molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome» (v. 23).
La fede non si nutre di miracoli, ma di ‘segni’.
Il segno indica sempre oltre, è l’indice che indica la luna. Questo è il compito di ogni religione: indicare oltre. Va da sé che innamorarsi del segno è follia; fermarsi alle liturgie, ai riti, ai precetti da ottemperare, è accontentarsi del mezzo senza mai poter progredire in umanità. Il rapporto con la divinità è infatti sempre tensione in avanti, mai godimento di un oggetto, o il raggiungimento di una meta.
Le persone matura spiritualmente sanno di essere nella Verità senza però possederla, e senza poterla definire in quanto la divinità è la vita stessa, nel suo dispiegarsi, nel suo scorrere dirompente, che continuamente si trasforma compiendosi.
«Noi gli diamo delle cose perché lui ce ne dia delle altre, facciamo dei sacrifici perché ci faccia dei favori, facciamo opere buone perché ci dia il premio. Concepire Dio in termini di legge, di obbligo, di dovere, di debito, di paga, di castigo, di premio invece che in termini di amore, di risposta, di alleanza, di nozze, è stravolgere la religione e Dio morirà per questo. L’ipotesi che sembra più vera è che Dio non è morto per i peccatori, per i peccatori non occorreva morire – bastava dire: Siete salvati! – è morto per i giusti, per convincerli del loro peccato, il peccato di avere un’ipotesi così cattiva su Dio. E Dio deve proprio morire in croce per dire: non sono così!» (Silvano Fausti).
Paolo Scquizzato
 

“Il condannato Navalny dopo la passeggiata si è sentito male, poi si è svenuto. Subito sono arrivati i medici, poi è stata chiamata la brigata del pronto soccorso che – dopo tutte le cure necessarie che non hanno dato un risultato positivo - è stata costatata la morte del condannato”.

Così nel linguaggio della menzogna ufficiale è stato comunicato il decesso del più conosciuto oppositore del regime. Lo scopo di questa notizia è ovvio: creare il quadro della “normalità” - delle cure, del pronto soccorso, ecc. senza nessuna intenzione d’essere creduto. Come se il carcere russo fosse simile a quello norvegese. Navalny è morto nel ШИЗО, cioè nella corsia d’isolamento più severo, nella prigione dentro la prigione dove le passeggiate semplicemente non possono esserci, ma ci sono solo le torture della fame, del freddo, dei muri grigi che ti schiacciano. Nemmeno è possibile di restare sdraiato sul letto perché il letto è adossato al muro per tutta la giornata o sedere sulla sedia, non si può avere le cose personali… una tortura, insomma, anche senza il freddo e la fame per una decina di giorni. Per Navalny questa punizione era già la ventesima dopo aver passato lì in totale 10 mesi.

Navalny prima di tutto è stato conosciuto come combattente contro la corruzione. Nella Russia d’oggi combattere la corruzione significa affrontare il regime mafioso. La Fondazione da lui creata ha svelato tantissime ricchezze, lussuosissimi yacht, ville private disperse in tutto il mondo che appartenevano (e appartengono anche oggi) ai funzionari di Stato di più alto rango. È diventato famoso il suo film sulle proprietà di Medvedev, all’epoca primo ministro, il cui il costo è uguale al corrispettivo di circa 1300 anni del suo stipendio ufficiale. Il film è stato guardato da più di venti milioni di spettatori russi, ma nessuno nella Duma o sulla stampa ha osato chiedere l’indagine. La Russia d’oggi è così. Ma quando Navalny ha mostrato il palazzo personale di Putin, fantastico per la grandezza, il lusso ed il prezzo, tanta gente cominciava aspettare la reazione.

E la reazione non è tardata, Navalny è stato avvelenato durante un volo ed è giusto scampatoalla morte solo perché l’aereo ha fatto una fermata non pianificata. Poi è stato trasportato in Germania, dove è guarito quasi per miracolo. È tornato in Russia, ed è stato arrestato subito alla frontiera per dei crimini inventati dal regime. Una condanna è seguitaall’altra: 9 anni per le truffe, 19 anni per la creazione di una società sovversiva, cioè la sua Fondazione. Navalny non ha perso il suo coraggio, l’intelletto, il suo carisma e neanche il suo senso dell’umorismo. Di più: anche nel carcere ha continuato l’attività politica. Dal carcere uscivano gli appelli alla resistenza. Su internet è facile trovare la sua foto in carcere, con l’iscrizione: “Io non ho paura, non l’abbiate neanche voi”. È difficile non avere paura nella Russia di oggi dove per le semplici parole “No alla guerra” qualsiasi cittadino può essere preso e condannato. Per cosa? Per calunnia all’esercito o addirittura per terrorismo. È chiaro che quest’uomo è diventato il volto della resistenza quando ogni volto umano è offuscato dalla paura.

Adesso è arrivato l’ultimo contraccolpo. Navalny è morto. Anzi è stato ucciso. Per il momento nemmeno il suo corpo è stato rilasciato ai suoi cari. Il Cremlino ha già dichiarato che la morte di Navalny si stata una provocazione dei servizi segreti ucraini per recare danno all’immagine della Russia o qualche cosa del genere. Bisogna essere davvero drogati dalla propaganda per prendere sul serio una simile versione.

La vita di Navalny è finita. Adesso sta per partire una altra vita, quella della memoria e quella dell’immagine che entrano nella storia. La memoria e l’immagine hanno una forza incredibile che senza dubbio faranno il proprio lavoro in quel paese libero e giusto che la Russia, forse, diventerà un giorno. Oggi essa è spaccata in due, con uno scisma così profondo simile a quello della guerra civile di più di cento anni fa e nel centro di questa spaccatura si trova la guerra che è in corso. Non solo la guerra, ma tutto ciò che si nasconde alle sue spalle. Ma la nostalgia dell’URSS, anche staliniana, la dittatura senza vergogna, la corruzione senza limiti non sono il destino eterno della Russia. Un sacrificio così nobile, come quello di Navalny, così pieno di senso deve rimanere per sempre nel cuore della Russia. Navalny non è soltanto un eroe – cosa che è ovvia – ma un eroe profetico. Navalny ha trovato il nucleo, il motivo principale, la radice della sua azione proprio nella fede cristiana, da poco scoperta. “Faccio tutto, - lui disse all’ultimo processo di due anni fa nella sua maniera abituale che sfiorava lo scherzo, - secondo l’istruzione. La mia istruzione è il Vangelo dove è scritto «Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati»”.

Vladimir Zelinskji

 

 

Lunedì, 26 Febbraio 2024 08:47

II domenica Quaresima. Anno B

II domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 22, 1-2. 9. 10-13. 15-18

Dal libro della Genesi

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va' nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 115

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.

Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.

Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.


Seconda Lettura Rm 8,31-34

Dalla Lettera di san Paolo Apostolo ai Romani

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

Canto al Vangelo

Lode e onore a te, Signore Gesù

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, l'amato: ascoltatelo!».

Lode e onore a te, Signore Gesù


Vangelo Mc 9, 1-9

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

OMELIA

«La nascita non è la vita; è solo un’opportunità che ti viene data per creare la tua vita» (Osho).
La vita è cammino di trasfigurazione, lento processo di metamorfosi verso il compimento.
«Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto» (Rm 8, 22). E noi nella creazione. E questo è bello, come dice Pietro: è bello partecipare a questo difficile e faticosissimo parto, sapere che portando alla luce la nostra umanità Dio si rivelerà, la Vita prenderà carne, la Bellezza assumerà volto, l’Amore si manifesterà in una forma.
Il ‘Senza nome’ è sempre in procinto di venire al mondo, ha solo bisogno che glielo si permetta.
La Fonte della vita non sta fuori di noi, ma risiede nella parte più intima di noi stessi. Quando impareremo a riposare silenziosamente in essa, udremo anche noi una voce che ci sussurrerà: “Tu sei la mia manifestazione prediletta”.
La creazione intera, ciascuno di noi è manifestazione, rivelazione della divinità, così come la materia è manifestazione dell’energia.
Gesù ne prese coscienza esclamando: ‘Io e il Padre siamo una cosa sola’.
Quando ne prenderemo consapevolezza anche noi, comincerà per ciascuno una vera e propria trasfigurazione che non avrà fine.
«Dio è quell’infinito Tutto, di cui l’uomo diviene consapevole d’essere una parte finita. Esiste veramente soltanto Dio. L’uomo è una Sua manifestazione nella materia, nel tempo e nello spazio. Quanto più il manifestarsi di Dio nell’uomo (la vita) si unisce alle manifestazioni (alle vite) di altri esseri, tanto più egli esiste. L’unione di questa sua vita con le vite di altri esseri si attua mediante l’amore. Dio non è amore, ma quanto più grande è l’amore, tanto più l’uomo manifesta Dio, e tanto più esiste veramente» (Lev Tolstoj, Parole dettate alla figlia. Diari).
 
Paolo Scquizzato
 
Lunedì, 19 Febbraio 2024 16:26

Due serate ecumeniche 4 e 11 marzo

Si segnalano due serate a carattere ecumenico che si terranno a Roma, il 4 e 11 marzo 2024.

Il 4 marzo p. Vladimir Zelinskij, teologo e prete ortodosso, presenterà gli scritti di Faustino Ferrari, marista.
Seguirà la lettura scenica di un'antologia di testi di Faustino Ferrari, curata dall'attore Pavel Zelinsky.
La lettura dei brani sarà intervallata da un accompagnamento musicale.

La sera dell'11 marzo Faustino Ferrari, dei padri maristi, presenterà gli scritti di p. Vladimir Zelinskij.
Seguirà la lettura scenica di un'antologia di testi di Vladimir Zelinskij, curata dall'attore Pavel Zelinsky.
La lettura dei brani sarà intervallata da un accompagnamento musicale.

Le due serate si terranno presso la cappella della parrocchia di Santa Francesca Cabrini, con ingresso da Via Salento 46 (Roma).
Via Salento è raggiungibile con bus 61 - 310 - 544 e con Metro B - fermata Bologna.

L'ingresso alle due serate è libero. La prenotazione obbligatoria.

Faustino Ferrari e Vladimir Zelinskij sono entrambi collaboratori del sito Dimensione Speranza.

Lunedì, 19 Febbraio 2024 16:17

I domenica Quaresima. Anno B

I domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 9,8-15

Dal libro della Genesi

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall'arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».
Dio disse:
«Questo è il segno dell'alleanza, che io pongo tra me e voi
e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future.
Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell'alleanza tra me e la terra.
Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l'arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 24

Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Seconda Lettura 1 Pt 3,18-22

Dalla prima lettera di san Pietro

Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l'annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua.
Quest'acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

Canto al Vangelo

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!


Vangelo Mc 1, 12-15

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

OMELIA

«E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano» (v. 12).
Prima o poi la Vita ci sospingerà nel deserto. Laddove ogni cosa perderà di significato, dove mancheranno punti di riferimento e non ci sarà altro che vuoto. Dove perderemo tutto, e percepiremo l’inconsistenza di quel mondo verso cui abbiamo riposto tante speranze.
Una cosa è certa: il deserto è luogo di morte. Ma di una morte necessaria, trasformatrice. Quella dell’io.
Rinunciare all’io è in fondo un gioioso rito funebre: morto come qualcuno rinasco come nessuno.
Morendo a me stesso m’apro all’Amore che sono.
Solo una cosa sarà richiesta in quello stato esistenziale: stare! Una volta nel deserto non è dato disertare.
Dentro un uragano esiste un punto di pace, di quiete, in cui niente si muove. Bisogna solamente non fuggire, avere il coraggio di restare lì, resistere e trovare quel punto. Perché se lo si trova la vita si rovescia, e quella situazione nella quale sentivamo di perderci, in realtà ci permetterà di ritrovarci, ma in un luogo diverso, con un punto di vista nuovo.
“Quando vi ritrovate con le spalle al muro, rimanete immobili e mettete radici come gli alberi, affinché da una fonte più profonda non arriva la chiarezza che vi permette di vedere oltre quel muro” (Carl Gustav Jung).
Gesù nel vangelo di oggi in questo deserto ci sta quaranta giorni, un tempo simbolico, completo, necessario. E lì si trasforma, matura tanto da divenire Uno col mondo degli angeli e con quello delle bestie selvatiche, ossia senza separazione, la medesima esperienza che vivrà san Francesco e tanti altri personaggi trasformati dalla via del distacco.
Quando impareremo a stare con le nostre ‘bestie selvatiche’, quelle interiori, potremo avere dalla nostra parte il Cielo di Dio. Infatti è dando un nome, abbracciando, addomesticando – senza il bisogno di uccidere – i nostri mostri interiori, che possiamo fare esperienza dell’Altrove.
«Se i miei demoni mi lasciano, temo che anche i miei angeli se ne andranno» (Rainer Maria Rilke).
«Nella vita ho raggiunto la certezza che le catastrofi servono a evitarci il peggio. E il peggio è proprio aver trascorso la vita senza naufragi, è essere sempre rimasti alla superficie delle cose. Non essere mai stato scaraventato in un’altra dimensione. L’autunno, spogliando i rami, lascia vedere il cielo». (Christiane Singer)
Il deserto, la crisi, una vita interiore adulta, non contribuirà a cambiare il mondo in cui ci si trova, ma trasformerà noi, i nostri occhi e il nostro cuore per vedere e percepire quel mondo in maniera diversa. Abitabile e possibile.

 
Paolo Scquizzato
 
Mercoledì, 14 Febbraio 2024 13:01

VI domenica Tempo Ordinario. Anno B

VI domenica Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Lv 13,1-2.45-46

Dal libro del Levitico

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”.
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 31

Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!

Seconda Lettura 1 Cor 10,31-1,1

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia.

Vangelo Mc 1, 40-45

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

OMELIA

Condannati a vivere fuori dai centri abitati, i lebbrosi erano semplicemente dei morti viventi. Esclusi dalla famiglia, dal contesto sociale e soprattutto dal mondo religioso, vivevano da castigati da Dio, in quanto la lebbra era l’impietosa visibilizzazione dei loro peccati (Nm 12, 9-10; 2Sam 3, 2).
La lebbra è il nostro limite, gli spazi d’ombra che facciamo fatica ad accogliere, la ferita che ci separa da noi stessi e dagli altri. Siamo lebbrosi in quanto ci sentiamo sporchi e inadatti, sbagliati e non amabili.
Il vangelo di oggi ci rammenta che proprio ciò che reputiamo motivo di separazione è piuttosto possibilità dell’unione con l’Amato.
«Lo voglio» (v. 41b). Bellissimo. Il Dio di Gesù vuole solo ‘figli guariti’, a differenza del dio della norma e della religione che vuole unicamente ‘servi migliori’.
Il potere religioso distingue da sempre le persone tra pure ed impure, separando i giusti dai peccatori, gli osservanti dai trasgressori. Per troppo tempo abbiamo bandito dalla Chiesa quelli ritenuti, chissà poi in nome di chi o di che cosa, lebbrosi e perciò intoccabili: chi la pensa diversamente, chi obbedisce unicamente alla propria coscienza, le donne, i malati di mente, i mancini, gli omosessuali, i divorziati risposati e l’elenco potrebbe continuare… In nome di un dio fittizio e diabolico, ovvero separatore, abbiamo diviso l’umanità in due parti, una destinata a cadere sotto il suo agghiacciante giudizio, l’altra destinata alla beatitudine eterna. Ma ciò che chiamiamo Dio non è un giudice celeste, ma forza vitale che si espande all’interno dell’umano – qualsiasi umano – perché questo possa giungere a compimento della propria bellezza e alla pienezza dell’essere. Non siamo perfezione decaduta, ma semplicemente povertà in via di compimento.

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 03 Febbraio 2024 20:11

V domenica Tempo Ordinario. Anno B

V domenica Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gb 7, 1-4. 6-7

Dal libro di Giobbe

Giobbe parlò e disse:
"L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d'illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: "Quando mi alzerò?".
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.
I miei giorni scorrono più veloci d'una spola,svaniscono senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:il mio occhio non rivedrà più il bene".

Salmo Responsoriale Dal Salmo 146

Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.


Seconda Lettura 1 Cor 9, 16-19.22-23

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!
Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io.

Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.

Alleluia.

Vangelo Mc 1, 29-39

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: "Tutti ti cercano!". Egli disse loro: "Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!".
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

OMELIA

«E subito usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni» (v. 29).
Dalla sinagoga alla comunità dei credenti in Gesù. Questo è l’esodo-passaggio che secondo la prima comunità cristiana Gesù fa compiere ai suoi: dalla sinagoga alla Chiesa (qui rappresentata dalla casa di Pietro). Non più un luogo dove celebrare l’incontro con Dio nell’attenta osservanza di Leggi e precetti, ma spazio quotidiano dove vivere relazioni fraterne e cura della fragilità.
È infatti nella ‘nuova casa’ che vi si trovano due coppie di fratelli – simbolo della fraternità ristabilita – intente alla cura della suocera di Pietro. Per Marco ora il luogo preposto all’incontro con il Mistero è quello dove si vivono relazione fraterne volte al bene degli altri. Se Dio è Amore (1Gv 4, 8) allora se ne fa esperienza anzitutto amando.
Come la coppia di fratelli assume una valenza simbolica, anche la suocera di Pietro può essere qui letta in modo paradigmatico. Questa donna anziana e inferma non è altro che la Chiesa malata. E a quanto pare malata fin dalle sue origini. È prostrata, incapace di stare in piedi, ma soprattutto di svolgere il suo compito precipuo: servire. Qui infatti si sta facendo servire. (cfr. Mc 10, 45).
Gesù le si avvicina prendendole la mano (v. 31). Quella mano che Eva all’origine usò per catturare, strappare e fagocitare la vita, e che secondo un’antica leggenda subito dopo le si rattrappì. Eva/suocera/Chiesa è la condizione in fondo dell’umanità intera: illudersi di poter vivere di potere, di cose e successo.
Ora Gesù guarisce quella mano aprendogliela e portando questa creatura alla sua autentica natura: possibilità d’accogliere e donare: la vedova infatti “si alzò” (in greco viene usato il medesimo verbo della risurrezione), mettendosi a servizio dei presenti (v. 31b).
Questa è la guarigione che Gesù è venuto a portare all’uomo di sempre: capacità di mettersi a servizio degli altri, ossia vivere da risorti: «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita [e dunque risorti] perché amiamo i fratelli» (1Gv 3, 14).
Gesù poi al mattino presto ‘scompare’ alla vista dei suoi e si ritira. Venuto nel mondo per insegnarci che l’unico modo per poter vivere da risorti è l’amore e la cura verso l’altro, egli sarà per sempre il ‘presente’ indisponibile. Non un ‘distributore automatico’ utile ai nostri bisogni, ma dono da accogliere.
«Tutti ti cercano» gli dicono (v. 37), e lui va altrove.
L’amore che si dona non accetta poi che gli amanti dipendano da lui. Infatti l’amore non crea dipendenza e costrizione; lascia liberi. Anche di perdersi.

 
Paolo Scquizzato
 

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