Ecumene

Martedì, 16 Marzo 2010 23:03

Il buddismo tibetano. Il Risveglio nel paese delle Nevi (Philippe Cornu)

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Al Buddismo indiano, introdotto nel sec. VII, il Tibet ha integrato le sue antiche credenze con  degli insegnamenti tantrici.  Storia di una diffusione.

Certamente il buddismo tibetano è complesso. Ma, a eccezione della scuola Bon-po, tutte le sue scuole si rifanno al buddismo indiano. Il buddismo tibetano non è soltanto tantrico: con il suo monachesimo deriva dal buddismo antico e con la filosofia e l’etica appartiene al Grande Veicolo. Lungo i tempi, le scuole sono emerse e, con esse, l’originalità di questo buddismo che ha saputo integrare le credenze antiche del Tibet, senza perdere nulla della sua autenticità.

Secondo la leggenda un reliquiario buddista sarebbe disceso dal cielo nel 333 e il re Lhathothori, non comprendendone in significato, lo avrebbe piamente conservato. Ma storicamente il buddismo penetra nel Tibet sotto il regno di Songtsen Gampo (569 – 650), attraverso matrimoni, specialmente con la principessa cinese Wencheng. Vengono edificati due templi a Lhasa, il Jokhang e il Ramotché, e il ministro Thonmi Sambhota crea una grammatica tibetana per tradurre i testi buddisti. Ma le credenze e l’antico culto regale assicurato dai sacerdoti shen e bon non vengono rigettati.

Una religione di stato

Il buddismo diviene religione ufficiale nel Tibet solo nel sec. VIII. L’imperatore Trisong Detsen (742 – 797) vuole edificare un monastero a Samié, presso Lhasa, e affida il compito al sacerdote indiano Shantarakshita.  Ma di fronte agli ostacoli spirituali e temporali, il sacerdote suggerisce di invitare Padmasambhava, un maestro tantrico dell’Oddiyana  (la valle di Swat, in Pakistan) famoso per la sua capacità di soggiogare le forze negative. Padmasambhava riesce, si dice, a eliminare gli ostacoli. Dopo la sua consacrazione verso il 774, Samié diviene un grande centro di cultura buddista: Shantarakshita vi ordina i primi sette monaci tibetani e uno di essi, Pagor Vairocana, organizza i gruppi di traduttori. Diviso fra i buddisti e i partigiani della religione antica, Trisong Detsen abolisce il Bon regale e proclama il buddismo religione ufficiale. I suoi successori continuano lo sforzo di traduzione e rafforzano il potere dei monasteri. Senza dubbio troppo, infatti alla metà del sec. IX Langdarma sale al trono deciso a reprimere il potere monastico. Dopo un breve regno è assassinato nel 842 e la dinastia crolla. Ne segue un secolo di oscure lotte politiche che segnano la fine della prima diffusione del buddismo nel Tibet, chiamata delle “traduzioni antiche”, caratterizzata della traduzione di numerosi testi canonici  e dalla diffusione dei primi tantra e del dzogchen o Grande Perfezione.

La formazione delle scuole

All’Ovest, sostenuto dal re del Gugué, il traduttore Rinchen Zangpo (958-1055) inizia la “seconda diffusione” del buddismo, ispirata da nuovi tantra scoperti in India. Criticati o accusati di lassismo disciplinare dai nuovi adepti monastici di questo buddismo indiano giudicato più ortodosso, i lignaggi sparsi di yogin laici usciti dall’antica tradizione  vengono a raggrupparsi in una scuola che si chiama ormai Nyingmapa, “gli anziani”, e si riconoscono nella figura fondatrice di Guru Rinpoche (Padmasambhava). Alcuni eruditi come Rongdzom Mahapandita (1012-1088) e Longchenpa (1308-1363) sistematizzano i loro insegnamenti  e ne dimostrano l’ortodossia. Con la fondazione del monastero di Kathok (sec. XII) la scuola si dota di un ordine monastico.

Nel 1040 Rinchen Zangpo invita Atisha, un maestro indiano di grande influenza. Il suo discepolo, Dromton fonda la scuola Kadampa, “il lignaggio dei Consigli Orali”, nota per la rigorosa disciplina monastica e il suo allenamento spirituale alla compassione (lodjong). Questa corrente, la primissima delle scuole dette “nuove” (Sarmapa), si attenuerà a poco  a poco nelle altre scuole nuove al punto di scomparire nel sec. XIV. Drokmi Shakya Yeshe, un altro traduttore tibetano del sec. XI riporta dall’India “La Via e il frutto” (lamdré). Il suo discepolo Khon Kontchok Gyalpo (1034-1102) fonda nel Tibet centrale un monastero chiamato Sakya, che dà nascita alla scuola Sakyapa, tradizione scolastica e insieme tantrica. Sakya Pandita (1182-1251), nel tempo in cui i Mongoli minacciano di abbattersi sul Tibet, diviene maestro del capo dei Mongoli, Godan Khan, e salva il Tibet dalla distruzione. Suo nipote Tchogyal Phagpa (1235-1280) è maestro di Kubilaï Khan, l’imperatore fondatore della dinastia mongola degli Yuan in Cina, che fa di lui il primo sovrano insieme spirituale e temporale del paese delle Nevi.

Sempre nel sec. XI, Marpa il traduttore si reca in India e riceve dagli yogin Naropa e Maitripa i Sei Yoga di Naropa e il Mahamudra. Il suo discepolo prediletto Milarepa, celebre yogin e poeta, fonda la scuola Kagyupa. Gampopa (1079-1173), allievo di Milarepa, integra gli insegnamenti Kadampa alla scuola. I suoi discepoli sono all’origine delle varie ramificazioni della scuola. Fra di esse i Phakmo sono un tempo re del Tibet al seguito dei Sakyapa, e il ramo Karma Kagyu diretto dai Karmap, un tempo alleato a dei capi mongoli, riuscì a prendere  il potere prima di cederlo ai Guelugpa dopo due secoli di aspre lotte (sec. XV – XVI). Infine il ramo Drukpa Kagyu, “l’Ordine del Drago” si impianta nel Butan nel sec. XVII e vi domina ancora oggi il panorama religioso.

L’ultima scuola, quella dei Guelugpa, “i Virtuosi”, nasce nel 1409. Ispirato dai Kadampa, Djé Tsongkhapa (1357-1419) fa la sua propria sintesi partendo dalle scuole antecedenti e fonda il monastero di Ganden, instaurando un ordine esclusivamente monastico. Dopo aver lottato per il potere con i Karma Kagyu, la scuola Guelugpa trionfa nel sec. XVII grazie al capo mongolo Gushri Khan che intronizza il grande V° dalai lama, Ngawang Lobsang Gyatso (1617-1682). Quest’ultimo si dimostra un grande uomo politico e un mistico visionario, che incoraggia il rinnovamento della scuola Nyingmapa, pur imponendo il potere dei Guelugpa nel Tibet.

 Philippe Cornu *

* Incaricato di antropologia religiosa all’Inalco e presidente dell’università buddista europea, è l’autore del Dictionnaire encyclopédique du bouddisme (Seuil, 2006).

(da Le monde des religions, n. 30, pp. 22-23)

 

Letto 3712 volte Ultima modifica il Domenica, 28 Gennaio 2018 15:38
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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