Ecumene

Sabato, 10 Maggio 2008 21:13

Dossier Buddha, Gesù. Le ambiguità del buddismo occidentale (Dennis Gira)

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Il buddismo offre attraenti metodi di lavoro su di sé. Ma è sempre ben compreso dagli Occidentali che tendono ad applicarvi delle categorie che non sono necessariamente le sue?

Gli Occidentali possono davvero comprendere il buddismo? La domanda mi è stata posta molte volte in questi ultimi anni. Non posso rispondere con una negazione: ho troppi amici occidentali che si nutrono autenticamente del buddismo. Eppure più di trent'anni di studi buddistici, prima in Giappone e poi in Francia, mi impediscono di rispondere un “sì” deciso. Mi sembra che la verità sia che il buddismo, anche se non è evidentemente incomprensibile per gli Occidentali, rimane molto spesso incompreso per motivi legati sia alle disposizioni di coloro che vi si interessano, sia alla complessità di questa tradizione antica di più di venticinque secoli e ricca di tutti i suoi contatti con le diverse culture e spiritualità dell'Asia.

La prima ragione per cui gli Occidentali rischiano di non cogliere quello che è al cuore del buddismo è la difficoltà di riconoscere ciò che è veramente unico,e dunque differente, in questa tradizione. A questo proposito penso spesso a certi amici americani che venivano a trovarmi in Giappone e che volevano a tutti i costi visitare una casa giapponese tradizionale. Per fortuna conoscevo una persona disposta ad aprire la sua casa ai miei visitatori. Entrati, gli amici mi guardavano un po' disorientati e domandavano timidamente dove fosse la tavola. Da sé sola questa domanda li metteva nell'incapacità di aprirsi alla bellezza straordinaria di un luogo di abitazione di cui si comprende la coerenza interna senza la presenza di una tavola! Insomma è estremamente difficile resistere alla tentazione di cercare in primo luogo dagli altri quello che da noi ha senso; e ciò a tutti i livelli.

Non confondere le tradizioni

Così ci succede spesso di cercare in primo luogo nel maestoso edificio che è il buddismo degli elementi essenziali alla tradizione interna della nostra propria tradizione o visione del mondo. I cristiani, per esempio, sono spesso convinti che debba esserci nel buddismo una realtà corrispondente a Dio, a un Dio personale che è amore, e che contemporaneamente è dell'ordine dell'assoluto. Non c'è nulla di più “naturale” perché nel cristianesimo nulla si spiega senza questo Dio, e tanto meno il fenomeno dell'uomo. Eppure nel buddismo tutto si spiega senza Dio. E in fin dei conti, a causa dell'importanza che essi accordano all'esistenza di Dio, i cristiani rischiano, lo avvertano o no, di ristrutturare la coerenza interna del buddismo. Essi cercano, talora disperatamente, uno spazio per ciò che sembra loro indispensabile per ogni cammino spirituale, cioè l'incontro con Dio. In questo modo l'edificio buddistico comincia ad assomigliare a poco a poco all'edificio cristiano, che invece è realmente strutturato da tale incontro.

Questa tendenza a ricercare nel buddismo quel che per noi è essenziale non si limita ai cristiani. Così molti Occidentali che non credono più per niente in Dio riconoscono nel buddismo una tradizione “atea” proponendo una via interiore tracciata da millenni da maestri qualificati. Ma i buddisti nati nei paesi buddisti non sono “atei”; e non apprezzano che gli Occidentali li obblighino in qualche modo a porsi davanti a un problema che non è il loro: quello di Dio.Di fatto questo problema non li sfiora neppure: non sono “atei”, né “agnostici”, né “credenti”, sono altrove. la vera sfida consiste nello scoprire questo “altrove”, a entrarvi e a comprenderne la coerenza. E non sempre è facile.

Tradurre è tradire

Un'altra grande difficoltà con cui si scontra un Occidentale che si interessa al buddismo è legata alla lingua. Tutto si riassume nell'adagio “tradurre è tradire”. Le lingue del buddismo(il pali, il sanscrito, il cinese, il giapponese, il tibetano) sfuggono spesso a tutti i nostri sforzi di traduzione! Per esempio come comprendere l'insegnamento del Buddha quando, secondo le nostre traduzioni, egli afferma che tutto è “sofferenza” (la prima della Quattro Nobili Verità) e che l'origine di questa sofferenza è il “desiderio”? Non si può dimenticare che queste espressioni, e tante altre che usiamo per parlare dell'esperienza e dell'insegnamento del Buddha, sono tributarie della nostra tradizione (giudeo-cristiana, greca, latina…). Per comprendere veramente che cosa è il buddismo è importante farsi sempre coscienti dello sfalsamento considerevole che esiste fra l'esperienza del Buddha e le parole che noi usiamo per parlarne. Senza questa lucidità di base le possibilità di malintesi si moltiplicano all'infinito.

La terza difficoltà è la tentazione di confondere una parte della tradizione buddista con il suo tutto. In Occidente si mette un accento forte sulla meditazione, a detrimento della disciplina morale o etica molto esigente, che pertanto fa parte anch'essa della via buddista. I precetti che riguardano il rispetto della vita, l'uso della parole, il posto accordato ai beni materiali, la vita sessuale, ecc. sono spesso lasciati tranquillamente da parte. Ed è peccato, perché proprio vivendo secondo tali precetti i buddisti integrano alla loro vita quel che comprendono grazie alla loro pratica della disciplina mentale.

Questa difficoltà può arrivare anche a una confusione fra il tipo di buddismo che si pratica, o al quale ci si interessa, e la grande tradizione buddista.Si può ben capire che colui che pratica lo zen sia convinto che tale forma di buddismo sia per lui la migliore. Ma dovrebbe conservare nella mente il fatto che l'edificio buddista è molto più vasto della “sala zen” che ne fa parte. Solo con lo sforzo di comprendere gli “altri buddismi” potrà approfondire la sua conoscenza del buddismo che pratica.

La chiamata a un cambiamento radicale

Comprendere il buddismo in profondità non è dunque facile per gli Occidentali. Ma bisogna riconoscere che non è facile neppure per coloro che vivono nei paesi buddisti! Perché infine il buddismo esige da ciascuno una vera conversione interiore, un abbandono di sé, un cambiamento radicale della maniera di pensare e di essere in questo mondo. E a nessuno piace questo! D'altronde è proprio la resistenza a questa metamorfosi che costituisce la difficoltà più grande per tutti quelli che vogliono entrare pienamente nell'esperienza del Buddha.

Dennis Gira

(da Le monde des religions, 18)

 

Letto 4590 volte Ultima modifica il Domenica, 28 Gennaio 2018 22:47
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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