Ecumene

Mercoledì, 30 Aprile 2008 01:43

Il documento finale approvato a Sibiu (Andrea Pacini)

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Dialogo ecumenico

Il documento finale approvato a Sibiu

di Andrea Pacini

Su temi etici centrali è emersa la distanza rispetto a una posizione comune delle Chiese.

Soltanto sul finire del mese di settembre è stato reso pubblico il messaggio finale dell’Assemblea ecumenica europea di Sibiu. La pubblicazione è avvenuta dopo una lunga attesa, tenuto conto che l’Assemblea si è conclusa sabato 8 settembre, e che il documento era stato approvato la sera dell’ultimo giorno. Le ragioni di questo procrastinare e i suoi esiti meritano di essere conosciuti e sollevano alcune riflessioni. In primo luogo occorre osservare che, mentre lo sviluppo dell’insieme dei lavori dell’Assemblea di Sibiu ha offerto spazi minimi al coinvolgimento assembleare, non altrettanto è avvenuto per l’itinerario di estensione del documento finale. In questo caso si è in effetti partiti da uno schema molto sobrio, che è stato presentato all’Assemblea per riceverne pareri e integrazioni. Questa fase di ascolto assembleare è stata decisamente ampia e bisogna dare atto alla commissione di redazione di aver accolto ed elaborato in modo articolato le istanze presentate.

Questo processo ha portato alla redazione di una bozza di documento finale, che è stato ulteriormente discusso in Assemblea, per poi arrivare a una versione definitiva che è stata pubblicamente letta e approvata. È in quest’ultima fase delicata e conclusiva che si è verificato un reale inconveniente: al momento della lettura del testo proposto all’approvazione, l’Assemblea è stata esortata a porre attenzione al testo proclamato oralmente, che in un paio di punti non corrispondeva al testo scritto distribuito. La discrepanza tra testo scritto e testo orale è stata giustificata dai tempi ristretti di lavoro, che avevano richiesto la stampa del testo scritto, prima che la discussione sul testo stesso si fosse definitivamente conclusa in tutti i suoi dettagli. In effetti l’Assemblea ha approvato il documento proclamato oralmente, anche perché gli incisi "nuovi" – solo un paio – sono stati bene evidenziati dal lettore e non sono passati inosservati. A questo punto è interessante chiedersi quali fossero le "novità" intercorse nell’ultima stesura proclamata oralmente. In effetti la vera "novità" consisteva nell’accoglimento di una proposta presentata nella fase assembleare di consultazione, che suggeriva di inserire un inciso in cui si affermava l’urgenza di tutelare la dignità della vita umana dal concepimento alla sua fine naturale. Questo inciso, effettivamente letto nel documento finale e non pubblicamente rigettato da nessuna voce al momento finale dell’Assemblea, è comparso in alcune versioni scritte con alcune varianti. Evidentemente tale inciso è stato poi impugnato da alcuni delegati per vie esterne ai lavori assembleari. Questo "ricorso" ha provocato la ripresa del documento finale da parte della commissione di redazione e la sua pubblicazione solo dopo parecchi giorni. Nel documento finale, formalmente posto in circolazione, l’inciso in questione è scomparso. Al suo posto è stata inserita una nota in calce nel paragrafo relativo al rispetto della vita umana in cui si spiegano le difficoltà incontrate nella stesura del messaggio.

Il paragrafo suona così: «Riteniamo che ogni essere umano sia stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,27) e meriti lo stesso grado di rispetto e amore nonostante le differenze di credenza, cultura, età, sesso, origine etnica». Nella nota in calce si aggiunge: «A questo punto, durante la lettura del messaggio all’Assemblea è stata presentata oralmente la frase "dal concepimento alla morte naturale" che è stata successivamente tradotta in – "dalla nascita alla morte naturale" – "dall’inizio della vita fino alla morte naturale". Nessuna di queste formulazioni è parte del testo ufficiale del messaggio». Che cosa dire di tutto questo? Certamente l’idea di far approvare un documento la cui versione orale – che si era invitati a considerare quella definitiva – differiva da quella scritta e distribuita non è stata una scelta felice. Ma ci si può chiedere se sia stata una scelta felice approvare in Assemblea un documento – senza che alcuna voce sollevasse eccezioni – per poi ritornare sulla sua redazione riguardo a un punto di valore non certo secondario.

È chiaro che l’inciso proposto mirava a promuovere una comune convergenza di tutte le Chiese su temi quali la lotta contro l’aborto, la tutela dell’embrione, fino alla condanna dell’eutanasia; tutti problemi aperti nell’Europa contemporanea. Ma proprio su questi temi è emersa la distanza rispetto a una posizione comune, con una sostanziale opposizione tra dottrina cattolica e ortodossa da un lato e visione di alcuni ambiti protestanti dall’altro. Senza volere assolutamente proporre istanze di rigorosa omogeneità in tutti gli ambiti, ci si può però ragionevolmente chiedere non solo se queste diversità profonde su nodi etici centrali non scavino nuovi solchi di divisione tra le Chiese, ma anche se questa incapacità di proporre una visione teologica comune dell’uomo con le sue conseguenze fondamentali di ordine morale non riduca alla radice la possibilità per le Chiese nel loro insieme «di immettere energie spirituali nel dialogo» con le istituzioni europee, secondo gli auspici del documento.

In altre parole si apre l’interrogativo su quali siano i contenuti prioritari rispetto ai quali si gioca l’apporto spirituale che le Chiese intendono dare all’Europa, perché quest’ultima non sia solo uno spazio politico ed economico, ma anche di valori condivisi cristianamente ispirati, anzi «direttamente ricavati dal Vangelo», come si dice nella nona raccomandazione del documento; quest’ultima fa a sua volta eco a un paragrafo iniziale in cui si afferma di essere convinti che «la famiglia cristiana debba anche cercare un consenso più ampio riguardo ai valori morali derivati dal Vangelo e uno stile di vita credibile che testimoni nella gioia la luce di Cristo nel nostro esigente mondo laico moderno, nella sfera privata così come in quella pubblica».

L’opposizione messa in atto contro l’inciso sulla tutela della dignità della vita umana nella sua integralità – al di là della modalità confusa con cui era stato introdotto – ci porta inevitabilmente a prendere atto che le considerazioni di ordine generale sul consenso riguardo ai valori evangelici da proporre in Europa stentano a trovare formulazioni specifiche su punti centrali del dibattito etico odierno.

Non può non essere fonte di tristezza notare che per le Chiese è stato più facile arrivare a posizioni comuni sulla salvaguardia del creato o sulla lotta a varie forme di ingiustizia – tutte cose assai buone – che dire una parola autorevole e illuminata su un punto essenziale che riguarda il significato trascendente della persona umana e della sua vita, nodo essenziale della fede cristiana e della visione di uomo a essa inerente. Di fronte a questo esito non certo entusiasmante, alcuni rappresentanti protestanti hanno invocato ancora una volta la ragione del pluralismo: le Chiese parlano all’Europa in modo plurale. Ci si può però chiedere quali siano i limiti di un legittimo pluralismo nell’ambito della fede comune; e se il pluralismo in ambito cristiano sia un valore fondato in se stesso, o se debba comunque esprimere l’obbedienza al Vangelo. Un’assoluta affermazione del pluralismo non può infatti che consolidare le divisioni confessionali. Si ripropone allora la grande sfida per tutte le Chiese, che è al centro dell’impegno ecumenico: solo una vera e profonda conversione a Cristo e al Vangelo, al cui giudizio sottoporre anche i soggettivismi individualistici e le logiche consolidate, può generare una comunione ecumenica profonda, chiamata a esprimersi sul piano della fede creduta e vissuta in una sinfonica obbedienza al Vangelo

(da Vita Pastorale, dicembre 2007)

Letto 1953 volte Ultima modifica il Mercoledì, 21 Maggio 2008 01:51
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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