Ecumene

Venerdì, 18 Aprile 2008 22:45

L'Intercomunione agognata e proibita (Gaëlle Courtens)

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L'Intercomunione agognata e proibita

di Gaëlle Courtens

Nei Cantoni elvetici, la popolazione è divisa quasi a metà tra protestanti e cattolici. E il tasso di coppie miste è assai elevato. Da qui la sofferenza delle famiglie interconfessionali, unite nella vita e divise al momento dell'Eucaristia.

«Sono molti i cattolici svizzeri che sono stati profondamente scioccati dalle recenti misure romane in materia di Eucaristia e in particolare di ospitalità eucaristica nei confronti dei non cattolici». Non usa mezzi termini padre Pierre Emonet, teologo e caporedattore della rivista Choisir, da sempre fortemente impegnato nel dialogo ecumenico in Svizzera. «In molte regioni, e in particolare in quelle connotate ecumenicamente, l'ospitalità eucaristica era ormai prassi più che consolidata. Il fatto è che la maggior parte dei fedeli si aspettava un'apertura da parte della gerarchia». Invece è arrivata l'enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia.

Una battuta d'arresto per il dialogo ecumenico? Padre Emonet non ne è convinto. «Non credo che alla base sia cambiato granché. Anzi, ho l'impressione che numerosi preti continuino a praticare l'ospitalità eucaristica in silenzio, senza alzare polveroni. Anche sul piano teologico non ci troviamo di fronte a un'impasse ecumenica», afferma. Padre Emonet cita le eccezioni previste dalla stessa enciclica, nonché le conclusioni a cui giunse il Sinodo 72 della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo, dove si dice che un cattolico può accostarsi alla Santa Cena protestante - vietata - solo nel caso che l'attaccamento del suddetto cattolico alla sua Chiesa e la sua fedeltà all'insegnamento cattolico siano manifesti e riconosciuti, e solo nel caso che il suo gesto non possa apparire come una rimessa in causa della sua fede nell'Eucaristia, né come l'espressione di un relativismo che banalizzerebbe il sacramento. In tale caso le ragioni di un’interdizione scompaiono, e ognuno viene rimandato alla propria coscienza (Décisions et recommandations, n. 117,6).

Per la natura stessa della posta in gioco, la «questione» è diventata «problema», non solo per i cattolici, ai quali di fatto è indirizzata l'enciclica, ma anche per i protestanti. Nel novembre del 2004 il Consiglio della Federazione delle Chiese evangeliche di Svizzera (Fces) ha pubblicato un documento intitolato La Cena nella visione protestante. Scopo dell'opuscolo è quello di dare un contributo al dibattito e alla collaborazione ecumenici. «Dopo l'enciclica sull'Eucaristia molte piccole vittorie acquisite negli anni attraverso un intenso dialogo ecumenico sono state rimesse in questione», afferma il pastore Thomas Wipf, presidente della Fces, cui fanno capo le Chiese riformate e metodiste. «Rispetto a questi temi desideriamo muoverci con la massima attenzione nei confronti della sensibilità cattolica. Non chiediamo ai preti cattolici di celebrare insieme ai nostri pastori e alle nostre pastore la Santa Cena. Ma non dimentichiamoci che esiste un autorevole documento, la Charta Oecumenica, che ha assegnato alle Chiese la missione di muoversi in direzione dell'obiettivo della condivisione eucaristica».

Non a caso anche l'opuscolo della Fces ricorda gli impegni presi nella Charta Oecumenica varata nell'aprile del 2001 a Strasburgo dal Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee), e dalla Conferenza delle Chiese europee (Kek).

Di fatto sono le concezioni di «Chiesa» e «ministero» tra le diverse confessioni a rappresentare il maggiore ostacolo all'ospitalità eucaristica. Spiega Emonet: «La principale difficoltà teologica sottolineata dai vescovi cattolici, è che la comunione eucaristica presuppone la comunione ecclesiale. Essa non è ancora acquisita con i riformati, poiché per i cattolici uno degli elementi essenziali ditale comunione ecclesiale è l'accettazione della successione apostolica, ossia dell'ordinazione dei vescovi, e il riconoscimento del primato papale».

vescovi svizzeri hanno incaricato la Commissione nazionale di dialogo cattolico/protestante, di cui padre Emonet è membro, di studiare più a fondo le varie implicazioni teologiche della relazione tra comunione ecclesiale e comunione eucaristica. «La questione è in cantiere», fa sapere Emonet. Nella visione protestante è Gesù Cristo stesso che invita alla sua Cena; essa viene affidata ai credenti riuniti in suo nome. «Alla nostra cena sono invitati tutti», spiega il pastore Wipf. «Ai protestanti non serve un prete consacrato, poiché unico mediatore tra Dio e gli esseri umani è Gesù Cristo».

Per quanto riguarda la diffusione dell'ospitalità eucaristica nelle Chiese svizzere, Wipf conferma l'impressione di padre Emonet: «Nella stragrande maggioranza dei casi il tutto si svolge in sordina, lontano dai riflettori. Nel nostro Paese vi è una tale commistione tra fede cattolica ed evangelica, a livello individuale, familiare, sociale e culturale, che la situazione elvetica di per sé dovrebbe essere considerata già come "straordinaria". Nella vita quotidiana elvetica, sotto un profilo ecumenico, tutto è indistricabilmente connesso, il numero delle coppie interconfessionali aumenta incessantemente: rispetto a tanti altri Paesi la Svizzera rappresenta un caso a sé».

È con questa idea di «eccezionalità» del caso elvetico che il pastore Wipf tenta di interpellare la sensibilità dei vescovi svizzeri, ricordando appunto che la stessa dottrina cattolica prevede già ora la possibilità di ospitalità eucaristica, ma solo in via eccezionale.

Più scettico il pastore Paolo Tognina, responsabile della comunicazione della Chiesa evangelica di lingua italiana in Svizzera. Profondo conoscitore della situazione socio-religiosa della Confederazione elvetica, si dice «poco fiducioso» in materia di dialogo ecumenico, e ancor meno per quanto riguarda la questione dell'ospitalità eucaristica: «Non è tra le priorità dei vertici della Chiesa cattolica svizzera. Oggi essa non è più, come una volta, minoranza nel nostro Paese».

Dati alla mano Tognina fa notare che tra tutti i cantoni una volta considerati "riformati", l'unico che è rimasto di fatto a maggioranza protestante è il Canton Berna. «La Svizzera non può più dirsi un Paese di cultura protestante. Negli ultimi 40 anni la percentuale degli abitanti di cultura cattolica è andata crescendo a causa dell'immigrazione dai Paesi dell'Europa latina. L'arrivo di italiani, spagnoli, portoghesi ha comportato una "cattolicizzazione" della società svizzera. Questo dato sociologico non ha certo contribuito a una maggiore "attenzione ecumenica" da parte della Chiesa cattolica in Svizzera, al contrario. È forte la sensazione di una involuzione rispetto alle conquiste ecumeniche. Le Chiese cristiane tutte poi, sono impegnate in primo luogo sulla propria sopravvivenza».

La Svizzera infatti, come tutti i Paesi europei, non si salva dall'avanzata della secolarizzazione. Cattolici e protestanti continuano a perdere terreno. Secondo i dati dell'Ufficio federale di statistica riferiti al censimento della popolazione del 2000, si professa cattolico il 42% della popolazione residente in Svizzera, mentre i protestanti sono ormai al 33%. La percentuale delle persone che si riconosce in questi due gruppi è passata tra il 1970 e il 2000 dal 95% al 75%. La non appartenenza religiosa, fenomeno ancora del tutto marginale negli anni '70, è salita a una media dell' 11%, e arriva a picchi del 30% nelle zone maggiormente urbanizzate.

Con i nuovi flussi migratori, poi, si sta verificando una «pluralizzazione» relitiosa. L'Ufficio federale di statistica mette in rilievo come solo negli ultimi 10 anni si sia esteso il fenomeno delle coppie miste, non solo biconfessionali, ma anche bireligiose, o di cui un solo partner dichiara la sua appartenenza religiosa. Nel 1970 l'84% delle coppie era monoconfessionale. Oggi lo sono il 60% delle coppie residenti in Svizzera. La maggiore progressione tuttavia si osserva per le coppie miste cattolico-protestanti, che sono passate dal 3,3 % del 1970 al 17% della popolazione del 2000. «La mia esperienza personale mi dice che sono di più i cattolici ad accostarsi alla Santa Cena protestante, che non gli evangelici a partecipare alla Messa cattolica», nota Tognina, che vive e lavora nel Canton Ticino, tradizionalmente cattolico. «E non è detto che le persone profondamente credenti non soffrano per questa situazione di separazione di fronte alla Cena del Signore».

(Jesus, ottobre 2005, pp. 60-62)
Letto 3608 volte Ultima modifica il Mercoledì, 21 Maggio 2008 01:35
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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