Ecumene

Domenica, 01 Agosto 2004 19:19

Mahmud Muhammad. Colloquio con un martire dell'Islam

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Mi è difficile indovinare, Tâhâ, che cosa tu possa avere provato di fronte al mistero della morte, mistero che mette a dura prova il cuore di ogni persona umana. Tuttavia credo che tu non fossi nuovo a tale pensiero, e che la morte non ti sia giunta inattesa.

di Giuseppe Scattolin

Mi è difficile indovinare, Tâhâ, che cosa tu possa avere provato di fronte al mistero della morte, mistero che mette a dura prova il cuore di ogni persona umana. Tuttavia credo che tu non fossi nuovo a tale pensiero, e che la morte non ti sia giunta inattesa.

Da tempo dovevi avere meditato, alla luce della tua Fede, su tale mistero. Anche la tua fede testimonia che la morte non è la fine, ma l’inizio della vera vita E certamente nel tuo intimo ti eri preparato ad abbandonare la tua vita al volere indecifrabile di Dio che ci ha creati immettendoci in una fragile condizione, sempre in tensione tra vita e morte. Ma tu sapevi bene che anche questo misterioso volere di Dio non è capriccio. Lui non è un re che fa nel suo regno quel che gli aggrada senta doverne rendere conto a chicchessia, come alcuni dei più quotati teologi della tua religione avevano affermato. Essi, a conclusione dei loro più cavillosi ragionamenti, non erano riusciti ad andare oltre tale immagine puerile di Dio. Nè ti avranno spaventato le affermazioni di altri teologi che invece rappresentavano Dio nelle vesti di un giudice rigoroso, intento solo ad applicare la lettera della legge con un rigido metro di giustizia. Un Dio, questo, quasi schiavo della sua stessa legge, un Dio al quale, in fondo, poco importa di riempire l'inferno di dannati: tanto Lui se ne sta ben al di sopra di questo nostro caos umano. Opinioni teologiche queste, che provano come la ragione umana, quando medita sulle verità di Dio senza averne esperienza, finisca sempre in affermazioni assurde e ridicole.

Tu invece avevi ben assimilato gli insegnamenti basilari della tua fede dal migliore dei maestri che potessi avere: tua madre. Ti aveva educato fin da piccolo ad elevare a Dio la tua preghiera cominciando con le parole che da allora mai avresti disatteso: "In nome di Dio, il clemente e il misericordioso". Ed è la misericordia che ti è sempre apparsa prerogativa fondamentale del vero Dio. È con questa qualità prima di tutto che Egli tratta le sue creature, visto che "ha prescritto a sé stesso - come dice il tuo libro sacro - la misericordia (rahma)" (Corano 6,12). Ed è questo che Egli richiede prima e sopra di tutto a noi esseri umani, poiché, stando a un accreditato detto del profeta della tua religione "Dio ha creato Adamo a sua immagine". Ogni essere umano porta quindi nel suo intimo la figura di Dio, dunque essenzialmente l'impronta della sua misericordia... misericordia che tu avevi appreso da tua madre. Del resto la parola araba rahma non deriva proprio da rahim, termine che indica l'utero materno? E chi meglio di lei, quindi, poteva imprimere nel tuo cuore la vera immagine di Dio?

Questa ti avrebbe poi reso facile entrare in relazione con tutti, anche con coloro più differenti e ostili. Persino nei momenti più duri, mai è uscita da te una parola di offesa odi rabbia, ma solo immensa compassione: anche per quelle persone che, sotto pretesto di difendere la religione, tanto male causavano a sé prima di tutto, e agli altri.

Il crocifisso dl Baghdad

Tu ti sarai sicuramente rammentandoti un grande maestro spirituale della tua religione, un sufi che sperimentò per mano dei suoi correligionari la tua stessa fine: Husain ibn Mansur Hallâj, martire a Baghdad nel 922. Le vostre due figure mi sono sempre apparse molto simili e unite. Anche al-Hallâj aveva proclamato che l'essenza dell'essenza di Dio è l'amore, e su tale base aveva vissuto una straordinaria esperienza di unione con Lui, esperienza che fu dichiarata eretica dalle autorità ufficiali dell'islam. Queste, mosse in realtà da un'interessata miscela di fini politici e pretese religiose, decretarono che uno come al-Hallâj doveva essere eliminato. E di fatto fu condannato a morte, crocifisso, bruciato, e le sue ceneri sparse nell'Eufrate.

Il mistero della tua morte, come quella di al-Hallâj, era poi reso ancor più oscuro dal cumulo di ingiustizie e di violenze da cui venne avvolta. Accuse, tradimenti, percosse, torture, tutto ciò è ormai la prassi nei processi in cui si condannano.gli eretici. Anche la mia comunità cristiana si è macchiata nella storia di simili nefandezze!

Ma anche davanti a un tale buio soffocante di male, di violenze e di ingiustizie, la tua fede credo non abbia vacillato. Essa ti aveva infatti da tempo insegnato a credere che il Dio misericordioso non abbandona chi confida in Lui. Questa fede è la roccia che noi tutti abbiamo ereditato dal nostro padre, Abramo. Anche se tutti tradiscono il giusto do perseguitano, e cercano di eliminarlo con ogni mezzo, Dio non rompe la sua promessa: è il Fedele che rimane al fianco di chi confida in Lui. Le storie dei profeti della tua tradizione religiosa erano per te esempi eloquenti che ti aiutavano ad abbandonarti in Dio - proprio nei momenti più drammatici della tua esistenza - fino all'ultimo respiro.

Ma oso credere che tu, Tâhâ, sei andato anche oltre. Con la tua lunga pratica del sufismo, ben conoscevi i grandi modelli di misericordia che questo movimento mistico ha espresso. Sapevi a memoria l'ultima preghiera di al-Hallâj, uno dei sufi che amavi citare. La recitò dall'alto del suo patibolo, preghiera straordinariamente simile a quella che un altro grande martire dell'amore pronunciò dall'alto della sua croce, quel Gesù che amavi e di cui volentieri parlavi ai tuoi discepoli e con i tuoi amici cristiani: "Ecco! I tuoi servitori si sono riuniti per uccidermi, perché zelanti della tua religione e desiderosi di avvicinarsi a Te! Perdona loro! Poiché se tu avessi rivelato loro ciò che a me hai rivelato, non avrebbero agito come hanno agito. E se tu avessi nascosto a me ciò che hai nascosto a loro, non sarei stato messo a questa prova.

Lode a Te per quello che Tu fai! Lode a te per quello che Tu decreti!".

Rispondere con il perdono all'ingiustizia e al male non è così comune nella tradizione islamica. Eppure, da tanti casi come questo di al-Hallâj si vede bene come Dio parli nel cuore di quanti sanno ascoltare ciò che lo Spirito di Dio suggerisce loro. È Lui, in fondo, che guida i nostri pensieri, è ancora Lui che ispira la vera esegesi dei testi religiosi quali, se accostati solo nella lettera esteriore, spesso appaiono tanto ostici quanto contraddittori. Certo i tuoi giustizieri, accecati dal potere e schiavi delle loro ambizioni, non potevano immaginare che uccidendoti realizzavano proprio lo scopo più profondo della tua vita: incontrare il tuo Signore. E men che mai potevano pensare che in tal modo uccidevano la loro boriosa religiosità legalista e la loro miope esegesi. Ma Dio, come recita un celebre testo del tuo libro sacro, è "il più astuto degli astuti" (Corano 3,31) e fa cadere i malvagi nei loro stessi lacci, come ripete spesso la Bibbia.

Oltre la morte

Un cruccio, però, albergava forse nel tuo cuore in quelle ore di isolamento, nella prigione. "Che ne sarà dei miei discepoli?", ti sarai chiesto tra le sofferenze, nelle umiliazioni degli scherni e degli insulti. Ogni vera guida spirituale vive per una causa, per un messaggio che vuole trasmettere e che gli è più caro della sua propria vita: esso non deve morire, deve continuare ad essere una luce nella storia degli uomini. Casi famosi di simili maestri, come Buddha, Gesù e tanti altri, sono testimoniati dalla storia delle religioni. Costoro hanno mostrato un’intensa preoccupazione per il loro piccolo gruppo di discepoli, prendendosene cura - così dice il salmo - come la pupilla dei propri occhi.

Tale preoccupazione si fa più grave quando il maestro se ne deve andare in modo tragico a motivo della violenza umana: così fu per Gesù, così fu per te Il maestro ha allora la chiara percezione che la sua causa, il suo messaggio, è in pericolo; che esso non potrà sopravvivere che a prezzo di persone che erediteranno il suo coraggio di dare la vita per la stessa causa, fino allo spargimento del sangue. Ma...saranno i discepoli all'altezza del compito? Sapranno crederci sino in fondo? Oppure la paura, i compromessi, gli interessi vari, li faranno vacillare, li spingeranno ad annacquare il messaggio, fino a tradirlo?

Sono pensieri gravi, che avranno pesato sulle tue ulti me ore. E ti sarà apparso chiaro, come non mai, che la morte impone un taglio terribile, non solo dalla vita fisica, ma anche dalla propria vita spirituale - la sopravvivenza del messaggio. È forse il distacco più duro per un vero maestro spirituale. Qui l'essere umano tocca il suo limite, si rende conto che davvero il futuro non sta nelle sue mani, È il suo dramma, anzi una vera e propria agonia, al pensiero che il messaggio che voleva comunicare agli uomini possa morire. In tal modo la sua morte sarà veramente totale.

Ma anche in balia a questo interrogativo oscuro, un pensiero ti può avere consolato. La tua fede ti avrà suggerito che è Dio a dirigere il cuore di tutti. Le forze del male e della violenza, per quanto agguerrite con ogni sorta di armi per dominare le persone e manipolarle, mai potranno arrivare là dove lo spirito umano è toccato nel suo profondo solo dalla presenza dello Spirito di Dio. Anche tu avrai riflettuto su come i tuoi pensieri, le tue illuminazioni ti sono giunte dall'interno, all'improvviso, quando meno te l'aspettavi. Qualcuno aveva mosso il tuo cuore, e all'improvviso delle verità prima difficili e oscure ti sono diventate chiare, ovvie, e le ombre del dubbio, si sono dileguate.

In quei momenti di oscurità spirituale ti sarai ricordato di tali momenti di grazia, di luce. E avrai intuito che quella Voce non si sarebbe mai spenta, che la morte non poteva avere potere su di essa. E così come essa si era fatta ascoltare da te quando meno te lo aspettavi, quella Voce avrebbe avuto ancora la forza di farsi udire, nello snodarsi del tempo umano, da tutti i cuori disposti ad accoglierla.

La lettera uccide, lo spirito dà vita

Quella stessa Voce ti avrà suggerito, nell'atto finale della tua vita, di affidarle non solo la tua esistenza ma anche la tua causa. Ti sarai allora forse ricordato delle ultime parole di Gesù, raccolte nel Vangelo che spesso leggevi : "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". E ti sarà tornato alla mente il canto di al-Hallâj alla vigilia della sua passione: "Uccidetemi, miei amici fedeli; nella mia morte sta la mia vita! Ora il mio morire è vivere, e il mio vivere è morire".

Così sarai entrato anche nella tua ultima dimora, e in tal modo avrai scoperto finalmente il mistero della tua esistenza, ed avrai visto a faccia a faccia la Verità che avevi cercato per tutta la vita. Ti sarai forse meravigliato, nel momento in cui i veli della temporalità cadevano, di vedere che Colui che ti aveva parlato lungo il tuo cammino terrestre era lì, già presente nel profondo di te stesso, così che il trapasso non era stato un viaggio verso un paese lontano, ma un semplice riposare nel proprio focolare.

E il tuo ricordo, lo saprai, non si è dissolto. I tuoi discepoli, è vero, sono stati dispersi e soffocati nel tuo paese Alcuni sono emigrati all'estero, dove hanno continuato a proclamare il tuo messaggio. È vero che il mondo islamico ha continuato a vivere in questi ultimi anni nel buio di quel fanatismo e di quel fondamentalismo che ti hanno ucciso. Molti hanno perduto anche la speranza di vedere la tua religione convertirsi alla tolleranza e alla misericordia che avevi predicato. La maggior parte degli intellettuali musulmani sono stati corrotti da interessi pratici, e si sono venduti alle varie politiche nazionaliste dominanti nel mondo arabo e islamico. Hanno dimenticato il tuo esempio, e quello degli altri che come te hanno dato la vita per difendere la dignità di ogni essere umano e la libertà di stare di fronte al proprio Dio con coscienza libera e sincera, di fronte a Colui che è l'origine e il fondamento stesso della libertà umana.

E tuttavia la tua memoria non è morta. Il tuo martirio, insieme a quello di quanti nella storia umana hanno avuto il coraggio di difendere la libertà di coscienza contro le forze dell'oppressione, rimarrà testimonianza perenne cui ogni persona di buona volontà potrà ispirarsi. Tu hai dimostrato che uno può essere fedele alla propria religione e con coscienza pura può comprenderne il messaggio più profondo al di là delle miopi esegesi dei legalisti. Hai compreso che agli occhi di Dio non conta la religione della lettera che uccide, ma la religione della misericordia e dell'amore che salva e dà la vita. Il Dio infatti in cui tutti noi, figli di Abramo, crediamo, è il Dio dell’amore e della misericordia – non quello della lettera giustiziera. Davanti a Lui un granello di amore e di misericordia vale ben più delle mille pratiche esteriori di cui i "devoti" si vantano.

Tutto ciò ti era chiaro e lo hai vissuto fino in fondo. Non troverei strano, perciò, che nel tuo momento intimo tu abbia sentito la stessa Voce, che ti aveva parlato lungo tutta la tua vita, dirti: "Vieni, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore!". E così sia!

(tratto da Nigrizia, luglio/agosto 2003. In italiano è stato pubblicato: Mahmoud Mohamed Taha, Il secondo messaggio dell'Islam, Emi, Bologna, 2002, pp. 221)
Letto 2101 volte Ultima modifica il Domenica, 26 Giugno 2011 12:29
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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